Sulutumana

Arimo

Recensione
Pubblicato il 24/07/2008 - Ultimo aggiornamento: 04/08/2008
Voto: 8.5/10

Non fatevi trarre in inganno la melensa coppia formata da Albano e Romina non c’entra nulla con il nuovo stupendo lavoro dei Sulutumana, un disco fatto da 11 canzoni, di cui nessuna superflua, uno sguardo al passato, primo fra tutti, al proprio passato, alla propria fanciullezza a partire dal titolo “Arimo” che è quella parola “magica” che da bambini usavamo per invocare una momentanea tregua durante i giochi della nostra infanzia, da nascondino fino a ce l’hai. C’è nostalgia in queste canzoni, ci sono i ricordi, ma ci sono anche passioni e dolori.

Il disco si apre con “Appeso per la luna” brano che è stato messo per mesi in libero download su MySpace dagli allora Semisuite, prima del ritorno al loro nome originale Sulutumana (derivazione onomatopeica del dialetto “sul divano”), è un brano molto bello poetico e perfetto come antipasto a tutto ciò che seguirà “C’è una nota tra le dita c’è una frase per la testa / C’è una rotta verso l’alba c’è bonaccia c’è tempesta / C’è la chiave c’è la porta c’è la fine del viaggio / C’è un lenzuolo c’è una donna, l’illusione di un miraggio”.

“Liberi tutti” è la canzone che più di tutte ci tuffa nella nostra infanzia, nei giochi di bambini costellati a volte anche di incidenti spesso però senza gravi conseguenze "C'era che si andava giù a manetta e una volta mio fratello è finito con la faccia sopra un sasso, c'era il fiume appena sotto che era diventato rosso per il sangue e alla fine non è morto". Chi di voi non prova nostalgia nel ripensarsi quando “C’era il sottoscala con il vino dove ho preso i primi baci batti toppa / se ci riesci c’era un barboncino nero comunista / e una zia con dieci gatti / arimo liberi tutti”, una vera delizia.

Segue “Canzone del calzolaio ubriaco” tango scritto per “Pianoforte vendesi” spettacolo teatrale tratto da un racconto di Andrea Vitali, duettano fra loro il violino di Andrea Aloisi e la fisa di Giambattista Galli.

“Lègura”, a dispetto del titolo, è tutta in lingua italiana, se non nel ritornello che recita “Ta scapa ‘na lègura lègura lègura… Ta scapa ‘na lègura ta scapa gna ‘na lègura / La sa ciapa a tut i ur la lègura senza cur” (Ti scappa una lepre / si prende a tutte le ore la lepre senza correre), divertente.
Un rumore di pioggia battente introduce "Il Temporale", canzone fortemente impressionista, forse un po' sotto tono rispetto alle altre, ma comunque con una buona atmosfera "Vado, nessuno mi segue nessuno mi vede / e sento il rumore della pioggia che cade".

“Un po’ come” è scherzoso e lieve motivo in stile operetta, vagamente Felliniano, piacevolissimo da ascoltare grazie anche alla bella melodia dettata dagli archi.

“Viaggio” è la mia canzone preferita dopo un introduzione al piano ed un incipit di percussioni, si dipana il suono splendido del pianoforte di Francesco Andreotti e la voce sempre più bella del Giamba, il testo si commenta da solo “A casa lascio le nuvole e le noie / E questa musica di rotaie / Mi fa ballare, mi fa dormire, mi fa cantare / Tu dimmi, dimmi quando tu verrai / L’anno, il giorno, l’ora in cui, forse, tu mi bacerai / Tu dimmi quando” (contenete anche una citazione da “Quando Quando Quando” di Tony Renis del 1964).

Ancora il pianoforte solo la fa da padrone nell’inizio del brano successivo per essere poi sorretto, nel suo divagare, dagli altri strumenti in “Canzone dell’amante che se ne va” che sembra essere uscita da una radio di altri tempi, la canta in maniera sublime Giamba, ma sarebbe potuto essere cantata da Aznavour, è arricchita da una citazione di un testo del poeta e cantautore venezuelano Simon Diaz. E’ poesia, è amore, eccovi solo l’intro ”Si aprono e si chiudono / Cigolando le porte del cuore / Io ti sento bussare solitudine”, vale da sola il brano.

Commozione è il sentimento suscitato dalla successiva “Di pace e di pane” ispirata alla figura dell’amico Gabriele Moreno Locatelli morto nell’agosto del ’93 ucciso dai cecchini su un ponte a Sarajevo durante una missione umanitaria dell’associazione “Beati i costruttori di pace” di Brescia “Mio Dio… mio Dio… mio Dio… perché lo hai abbandonato?”.

Forse un po’ fuori luogo, per lo meno per lo stile “elettrico” è la splendida canzone “Farfala sucullo” composta per l’omonimo spettacolo teatrale (premio teatro e shoa 2007) scritto, diretto e interpretato da Giuseppe Adducci, che parla appunto della Shoa e del trattamento riservato durante quegli anni agli zingari.

Torna la calma placida, con il solo pianoforte per buona parte del pezzo, con “Canzone di Jole” canzone d’altri tempi, senza tempo e per questo mai fuori moda, un po’ come la precedente “Canzone dell’amante che se ne va”.

Chiude questo splendido lavoro “Ogni voce che tace” canzone ispirata ancora una volta dalla lettura di un libro, in questo caso “Le scarpe al sole” di Paolo Monelli, scritto nel lontano 1927, ma sempre attuale, dato che tratta il tema purtroppo sempre vivo della guerra “…e si sentivano sibili di proiettili che colpivano a morte i sogni”.

Così quindi, con questi tristi versi si chiude questo magnifico nuovo disco dei Sulutumana, che rappresenta un po’, musicalmente, un ritorno allo stile del loro primo lavoro “La danza” (il manoscritto della canzone omonima, forse non a caso, è stato inserito nel libretto che accompagna questo disco) e che segna la piena maturità di Gian Battista Galli come scrittore delle liriche e come interprete delle stesse.

E’ forse il più bel disco in assoluto tra quelli ascoltati in questo 2008 ricco di lavori intensi, decisamente intriso di ricordi del passato e dell’infanzia, di nostalgia che attanaglia il cuore, ma che alla fine ci porta a guardare al presente, con i momenti dolci dell’amore, quelli amari della solitudine, quelli laceranti del dolore perché anche in quei momenti, la vita non si ferma, ma va avanti come “Lungo le traiettorie dei binari / Treno di quel futuro che ho alle spalle” (“Viaggio”).

Sulutumana - Arimo

Sulutumana

Arimo

Cd, 2008, Alternative Venus
Genere: Folk

Brani:

  • 1) Appeso per la luna
  • 2) Liberi tutti
  • 3) Canzone del calzolaio ubriaco
  • 4) Lègura
  • 5) Il Temporale
  • 6) Un po’ come
  • 7) Viaggio (intro)
  • 8) Viaggio
  • 9) Canzone dell’amante che se ne va
  • 10) Di pace e di pane
  • 11) Farfala sucullo
  • 12) Canzone di Jole
  • 13) Ogni voce che tace

Informazioni tratte dal disco

Crediti:
Andrea Aloisi: violino e cori
Francesco Andreotti: pianoforte, tastiere, rhodes, organo Hammond, cori
Nadir Giori: contrabbasso, basso elettrico, chitarra classica, chitarra semiacustica, programmazione
Gian Battista Galli: voce, fisarmonica
Angelo Galli: cori, voce
Marco Castiglioni: batteria
Samuel Elazar Cereghini: percussioni, steel drum
Raffaele Cogliati: chitarra elettrica, chitarra acustica

Ospiti: Silvio Pozzoli (cori)
Maité Reyes Barò: cori, voce

Testi: Gian Battista Galli
musiche: Francesco Andreotti, Nadir Giori, Gian Battista Galli (1 e 3 anche Michele Bosisio)
Produzione artistica: Sulutumana e Dario Ravelli
Produzione esecutiva: Sulutumana e Claudio Ongaro
Progetto grafico:Stefano Farina

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