Mary Gauthier
The Foundling
Un concept album autobiografico.
Penso sia questa la formula che meglio definisce questo nuovo lavoro della cantautrice americana Mary Gauthier.
E’ un album che racconta in prima persona, attraverso le 13 canzoni che lo compongono, la difficile storia della vita della Gauthier, abbandonata dalla madre dopo pochi giorni dalla nascita.
Quest’opera, formata da 10 canzoni, 2 interludi ed una coda per una durata di circa 50 minuti, descrive in maniera mirabile e sofferta tutte le peripezie che la piccola Mary ha dovuto affrontare: la cantautrice americana infatti, dopo essere stata abbandonata dalla madre, ha trascorso il primo anno di vita in orfanotrofio per essere poi adottata da una coppia non proprio tranquilla ed infine scappare dalla casa dei genitori adottivi.
Indubbiamente una vita molto movimentata e per niente facile.
Il disco narra in maniera particolare, e questo lo fa soprattutto attraverso la canzone ‘March 11, 1962’ (la data di nascita della cantante), il dialogo tra Mary e la madre ritrovata dopo 40 anni e la triste volontà della madre di evitare qualsiasi possibilità di incontro con la figlia.
‘The foundling’ (la trovatella appunto) è il sesto album della cantautrice americana e segue a 3 anni di distanza ‘Between daylight and dark’ del 2007.
E’ stato un lavoro di lunga gestazione: in un’intervista la Gauthier ha raccontato che ci sono voluti 3 anni per scrivere le canzoni, 6 mesi per registrarlo ed altri 6 mesi per pubblicarlo.
Per sviluppare meglio le atmosfere scure e rarefatte delle canzoni, la Gauthier si è avvalsa della collaborazione della band canadese dei Cowboy Junkies, ed oltre ad andare a registare a casa loro, ossia a Toronto, si è anche fatta produrre il disco da Michael Timmins, leader del gruppo.
Passiamo ora ad analizzare le canzoni singolarmente.
Si parte con la voce dolente della Gauthier che apre ‘The foundling’: ad impreziosire il brano d’apertura, che assomiglia molto ad un valzer, ci pensano il violino di Tania Elizabeth, la fisarmonica di Jaro Czerwinec oltre alle spazzole della batteria di Ray Ferrugia che conferiscono un’aura intimista e triste a tale brano.
In questa canzone s’inizia ad intravvedere il filo conduttore dell’album, che già abbiamo descritto precedentemente.
‘Mama here, mama gone’ continua con le atmosfere rarefatte, con la Gauthier aiutata al canto dalle armonie vocali della bravissima Margo Timmins, sorella di Michael.
Anche qui la musica ricalca la tristezza dell’argomento, con il brano che racconta i primi mesi passati all’orfanotrofio.
Il tappeto sonoro è costituito dalle chitarre acustiche e dal piano di Josh Finlayson.
La traccia n. 3 ‘Goodbye’ alza il livello partendo da un intro accattivante di violino per poi proseguire sempre con un ritmo country; finalmente si abbandonano le atmosfere cupe delle prime due canzoni per sottolineare la gioia nel raccontare gli anni seppur difficili dell’adolescenza.
Qui, musicalmente parlando, i protagonisti sono il violino di Tania Elizabeth e le spazzolate stop and go della batteria di Ray Ferrugia.
Si continua con l’andamento gioioso anche nel brano ‘Sideshow’, musicalmente molto particolare dal sapore vagamente jazzato con il tocco inconfondibile del trombone di Danny Ellis, oltre al violino e alla batteria sempre presenti ed ai tocchi bluesati del piano di Garth Hudson.
Una canzone allegra, ritmata e sicuramente fuori dagli schemi della Gauthier.
Il primo interludio, suonato dalla fisarmonica di Garth Hudson, ricalca il tema di ‘The foundling’ e ci fa arrivare a ‘Blood is blood’.
Qui il ritmo ritorna mestamente lento e tale aspetto viene sottolineato dal suono straziante del violino, ment re alcune accelerazioni, prodotte dalle chitarre, dall’organo e dall’incedere della batteria ci stanno a ricordare che il tema della crisi di identità che affligge una persona adottata è sempre in agguato.
Si prosegue con ‘March 11, 1962’, la data di nascita della Gauthier, che è un altro brano particolare con la voce della cantautrice americana a scandire l’incontro avuto 40 anni dopo con la madre che tuttavia si rifiuta di vederla.
La struttura musicale è articolata sempre sul violino protagonista, ben sorretto dalla chitarra acustica e dalla slide del produttore Michael Timmins.
Con ‘Walk in the water’ riaffiorano le atmosfere cupe che tanto sono presenti in questo cd.
Ivi la voce della Gauthier, che urla la rabbia di sentirsi sola al mondo, è ancora una volta affiancata dalla delicata voce di Margo Timmins.
A connotare questo senso di solitudine inoltre ci pensano il violino onnipresente e la chitarra slide di Michael Timmins.
Il secondo interludio, sempre a base di fisarmonica di Garth Hudson, ci conduce alla parte finale del disco.
‘Sweet words’ ricalca le atmosfere di tutto l’album e anche qui in questa ballata malinconica si sente l’eco del violino di Tania Elizabeth, accompagnato dalla fisarmonica di Jaro Czerwinec.
Si va verso la chiusura con “The orphan king’, che narra del viaggio della Gauthier verso New Orleans e verso l’orfanotrofio di St. Vincent.
Anche qui il violino si erge protagonista insieme alla voce profonda della Gauthier sorretta a sua volta da Ed Romanoff ai background vocals.
Il cd si chiude con ‘Another day borrowed’ (a dir la verità l’ultimo brano è costituito dalla coda), una canzone dal sapore tipicamente country, con l’organo di Jessie O’Brien in evidenza, insieme al solito violino.
E’ una canzone che restituisce la gioia di vivere dopo tante sofferenze patite e ciò viene ulteriormente sottolineato dalla grande strumentazione presente.
In definitiva un album molto bello, sofferto e profondo, che ha bisogno di ripetuti ascolti per entrare in circolo e che come tutte le cose più belle del mondo va assaporato lentamente.
Mary Gauthier
The Foundling
Genere: Country , Folk
Brani:
- 1) The Foundling
- 2) Mama Here, Mama Gone
- 3) Good-bye
- 4) Sideshow
- 5) Interlude 1
- 6) Blood is Blood
- 7) March 11, 1962
- 8) Walk On the Water
- 9) Interlude 2
- 10) Sweet Words
- 11) The Orphan King
- 12) Another Day Borrowed
- 13) Coda