Sergio Cammariere
Carovane
Carovane: in cammino verso nuovi mondi musicali.
Questo nuovo episodio del crotonese Sergio Cammariere mi appare subito diverso dai precedenti lavori sin dalla canzone che apre il disco e ne dà il titolo “Carovane”, caratterizzata da un testo pieno di poesia che si chiude con questi mirabili versi "La tesi di cui qui trasformo in canto / il segno che rimane e non consola / la mela da cui Eva staccò il morso / più mi perdo e più mi riconosco" prima del lucente assolo di sax baritono di Javier Girotto.
Certo con lui c’è sempre il consueto contributo del paroliere Roberto Kunstler, ma questa volta l’amico e socio sembra aver partorito versi molto più attenti e raffinati, più adatti a questo nuovo corso di Cammariere che ha finalmente rivolto lo sguardo oltre confine e ha donato al nuovo progetto un respiro più ampio.
Non tutto magari suona come nuovissimo, forse sarebbe pretendere troppo veder rinnegato quanto scritto e cantato fino ad oggi, diciamo che il nuovo lavoro si divide tra brani che oscillano tra il vecchio Cammariere ed il nuovo con episodi che stanno ovviamente a metà strada tra i due mondi.
Fa parte di questa ultima categoria ad esempio il secondo brano “Insensata ora” che dopo un’apertura sublime con il pulsare delle percussioni, l’incedere deciso del piano e il suggestivo filicorno con sordina di Fabrizio Bosso, si perde poi un po’ per strada con quel canto che si fa un po’ piatto e simile a tante altre canzoni di Sergio, si riprende quota giusto verso la fine del brano, quando rientrano in gioco gli elementi iniziali a donarci una crescente e solenne chiosa.
Affascinante è anche l’introduzione di “Senti” tra percussioni e suggestioni orientali, ma il canto qui è più sofferto ed intenso e tutto appare più ricercato e curato con quella elegante commistione tra l’eleganza degli archi ed il suono suadente della chitarra elettrica. Intensa come un invocante canto d’amore.
Si torna ad atmosfere decisamente più jazzate e fumose, più vecchia maniera con “Senza fermarsi mai”, però le spruzzate di percussioni un po’ sudamericane, la sempre splendida tromba di Bosso che si avvolge dentro mirabili spirali sonore e gli incisi dello stesso Sergio al piano rendono il tutto molto godibile, con una cadenza a tratti impetuosa.
E’ decisamente nostalgica “Nei quadri della nostra giovinezza c’è un colore dominante / nel cielo che descrivere non so / le fughe verso mondi immaginari / dove fingere non puoi indifferenza” l’atmosfera dominante della successiva “I quadri di ieri”, giocata tutta tra piano, sax e gli archi che chiuderanno poi il brano, forse meno caratterizzata della precedente canzone resta comunque un buon pezzo.
E’ il pianoforte solo di Sergio ad introdurre uno dei brani più originali dell’intero lavoro “La mia promessa” in cui la poesia dei versi di Kunstler "Quanti cieli limpidi vedrò / e costellazioni su di noi / questo cielo infinito che brilla per noi / e anche lì dove vivi risplende per te" si intreccia perfettamente alle sonorità decisamente orientali, direi di natura buddista, di sitar e tampura, confezionando un brano davvero pieno di fascino. Forse il migliore in assoluto.
Con “Non c’è più limite” si rimane comunque su buoni livelli, il pezzo è caratterizzato da un ritmo molto incalzante tra tromba, chitarra elettrica e un testo “Non c’è più limite all’oltraggio che elimina la tua verità / non è possibile che sia più credibile di questa realtà / cosa significa questo rumore non so / sono parole ormai prive di un senso compiuto però / non c’è più limite non vedo più regole e rispetto tra noi” che parla del destino umano sempre più in bilico in un mondo ormai senza più regole, bella l’incandescente ripresa finale sostenuta da un incalzante pianoforte ed un’infuocata tromba.
“Varanasi” è un brano solo strumentale, ma è forse più evocativo di molte parole, il pianoforte nelle mani sicure di Cammariere è reso vibrante e ottime sono le percussioni che lo accompagnano. Da ascoltare perché cattura in bilico tra classicismo e jazz.
Con “Paese di finti” musicalmente si torna al primo album, lo swing è molto accattivante, ma ricorda molto “Cantautore piccolino”, il testo è invece un’accesa critica al nostro paese, anche se il tono di denuncia del testo è decisamente in contrasto con il tono canzonatorio del brano o forse l’effetto è voluto quasi a voler dire che non vale la pena prendersi troppo sul serio come da non prendere troppo sul serio è questa Italia, paese di “finti di calcio o di politica in tv / democristiani e leghisti / ma il sesso rimane tabù, / finché la notizia di quel presidente in mutande / fa il giro del mondo e diventa una cosa che fa / di un’hostess qualunque una diva una celebrità”. Il rischio come sempre è quello di sfiorare il qualunquismo ma resta però canzone piacevolissima.
“Storia di un tale” è invece molto particolare, sospesa tra ricordi malinconici, rivoluzioni solo sognate ed utopie ambientaliste, piena di amara nostalgia, con qualche sonorità tzigana, ripercorre il rapporto di amicizia che lega ormai da anni Sergio a Roberto Kunstler, sembra una storia decisamente fantastica tanto che ad un certo punto Sergio canta “Se la vita è tutta un sogno sai dirmi quando ci sveglierà?”. Tra i momenti migliori del disco.
Molto intrigante sin dal primo ascolto è “Tre angeli” che con i suoi archi e i suoi versi legati ai numeri “Tre angeli sulla strada tra nuvole e paradiso / camminano sul tempo ancora non diviso e piangono quando è sera / le vittime della guerra e si alza la bandiera per tutti sulla terra / e il secondo dice è strano / ma nessuno ha la risposta / tutto è falso tutto è vero tutto gira senza sosta / il terzo resta zitto si limita a guardare / la strada che finisce dove comincia il mare” sa molto di canto giullaresco, decisamente fuori dai soliti schemi.
Altro brano strumentale “La forcella del rabdomante” asseconda in pieno quel carattere di ricerca e di mistero che ha insito nel titolo. Componimento bello e misterioso.
Il disco chiude con “La rosa filosofale” un altro dei punti alti dell’intero progetto, introdotto in maniera magistrale da sonorità dilatate ed arabeggianti, ci conduce per mano in un’introspettiva ricerca mistica "L'altro è un concetto infinito / se tu sai che Io è un altro” e poi “Dentro sento il soffio del vento / altre volte mi osservo / altre volte invece mi interrogo / sulle cose che di me poi non so". Mistica e magnificente.
Eccoci dunque ad un nuovo corso, certo in alcuni momenti Cammariere sembra volere tornare sui suoi passi, ma sostanzialmente sembra aver finalmente intrapreso un nuovo viaggio musicale, accompagnato sempre dal fido paroliere Klunster e da una squadra di musicisti di indubbio spessore tra cui citerei almeno Fabrizio Bosso a tromba e filicorno, Javier Girotto ai sax, Jimmy Villotti alla chitarra e Gianni Ricchizzi alla vina, sitar e tampura ha ora aperto lo sguardo verso altre esperienze musicali. Non c’è più solo jazz casalingo e fumoso, ci sono influenze mediorientali, buddiste, tzigane ed il disco appare nel complesso elegante e ben suonato, anche alla lunga rimane sempre piacevole.
Sergio Cammariere
Carovane
Brani:
- 1) Carovane
- 2) Insensata ora
- 3) Senti
- 4) Senza fermarsi mai
- 5) I quadri di ieri
- 6) La mia promessa
- 7) Non c'è più limite
- 8) Varanasi
- 9) Paese di finti
- 10) Storia di un tale
- 11) Tre angeli
- 12) La forcella del rabdomante
- 13) La rosa filosofale
Informazioni tratte dal disco
Sergio Cammariere – pianoforte, hammond B4, keyboard, WS station/emu, melodica soprano/alto
Amedeo Ariano – batteria
Luca Bulgarelli – contrabbasso
Fabrizio Bosso – tromba e filicorno
Bruno Marcozzi – percussioni
Simone Haggiag – percussioni
Olen Cesari – violino
Michele Ascolese – chitarra
Javier Girotto – sax baritono e soprano, moxeño
Gianni Ricchizzi – vina, sitar e tampura
Sanjay Kansa Banik – tabla
Jimmy Villotti – chitarra
Eugenio Vatta – udu, campionamenti
Orchestra D’Archi DIMI diretta da Marcello Sirignano
Testi: Roberto Kunstler
Musiche: Sergio Cammariere
Produzione artistica: Sergio Cammariere