Barbara Lagomarsino
Il modo delle mancine
Il modo delle mancine: connubio tra raffinatezza e semplicità.
Il modo delle mancine è un disco che affascina sin dalla copertina, un bellissimo bianco e nero, opera di Hugh Findletar che ritrae Barbara Lagomarsino sdraiata a testa in giù abbracciata all’amata chitarra, il volto è splendidamente illuminato con morbidezza ed evidenzia raffinati tratti somatici che sintetizzano femminilità e compiutezza. Gli angolini che sembrano trattenere questo ritratto quasi fosse una foto inserita in un vecchio album, donano poi al tutto un che di familiare ed amichevole, quasi che Barbara la conoscessimo da sempre, come una di famiglia, come una cugina che magari non vediamo troppo spesso ma con la quale però, poi ogni volta che ci si incontra, sembra esserci appena visti, già sintonizzati sulla stessa lunghezza d’onda.
Non vorrei però dilungarmi più di tanto sul libretto del disco, perché le gemme preziose sono le canzoni presenti e non tanto il pregevole involucro, del quale aggiungo solo due curiosità, la presenza dello spartito dell’intro sola chitarra di “L’uomo e la stella” e di “Il modo delle mancine” che è un gran pezzo puramente acustico, curiosamente title-track e bonus track di questo disco e del quale è ancora riportato integralmente lo spartito in retro libretto. Se proprio devo fare una critica a questo package direi solamente che avrei visto meglio una confezione cartonata tipo “Luna persa” di Max Manfredi (mi è venuto in mente quel disco perché accomunato da una copertina volutamente in bianco e nero), anziché la tradizionale custodia in materiale plastico per altro più robusta e sicura.
Il disco è integralmente opera di Barbara Lagomarsino, coadiuvata da Massimo Spinosa che ne è oltre che co-arrangiatore, anche il produttore artistico ma bando alle ciance e introduciamo finalmente il disco nel lettore e lasciamo che la voce, le parole e la musica di Barbara ci rapiscano, perché di rapimento si può giusto parlare, quasi che il disco ci strappasse dal nostro quotidiano vivere ed affannarci per portarci verso un altro modo di vivere, “Il modo delle mancine”.
Esemplare in tal senso è il brano d’apertura “Il principe del suono”, un affascinante pezzo giocato su sonorità elettroniche in cui si narra che “C’era un Principe del suono / che voleva fare un dono / alla bella Principessa / che era stata ormai promessa” e che “Tormentato dal rimpianto / mise a prova il suo talento / scelse sette note nuove / fatte per portare altrove” e riesce nell’impresa.
Dalle sonorità elettroniche si passa ad un acustico brano dal titolo “Flying away”, unico pezzo in inglese, in cui Barbara Lagomarsino mi ricorda un po’ Suzanne Vega, due chitarre acustiche suonate da Barbara e da Lucio Bardi, basso e keyboards nelle mani di Massimo Spinosa ed il gioco è fatto.
Introdotto da piano e violoncello, il successivo “Amicizia impazzita” è un intenso canto d’amore, quello sincero che unisce due amici, brano splendido per armonia e limpidezza sia dei suoni sia della voce di Barbara è da ascoltare con ammirazione per quel suo liberare il canto su questi versi “Tu per me sei come un angelo / tu di me sai vedere / ciò che è vero oltre il mio invisibile velo / ma ancora non lo sai / tu per me sei acqua limpida / tu con me sai come parlare / anche se le parole / a volte fanno male”. Chi non la vorrebbe come amica?
Con “Spazi nuovi” si torna a sonorità più elettro-pop, la voce di Barbara gioca con il canto, alzandosi ed abbassandosi di tonalità, con scarti continui come in cerca di spazi nuovi e di una nuova libertà, con il rischio dell’indifferenza, come testimonia il canto “E apro gli occhi della mente con sonorità / Cerco verso spazi nuovi ma resto da sola / Avrei voglia di scappare perché sento paura / del giudizio della gente che parla e non sente”.
Intimo, intenso, cantato e suonato con sentimento e trasporto da Barbara “Senti, ti ricordi?” è un brano solo chitarra e voce, è un canto d’amore, o meglio di un amore mancato o meglio mai nato “Mi ricordo i fiumi di domande che affollavano la mente/ di notte / io non mi spiegavo del perché se ti piacevo tu restavi lì in silenzio / senza me”, quale la causa di questo mancato amore? Probabilmente l’essere troppo simili “Non ti ho detto che volevo essere per te / Non ti ho detto che sapevo che sei con me / Come me”. Uno dei brani più belli.
Più solare e positiva nell’approccio, “Se mi vuoi” tratta ancora l’amore, ma qui la protagonista è consapevole delle proprie possibilità e sceglie con decisione come muoversi “Non ho voglia di pregare nessun Dio / per sentire questo vuoto scivolare via / sto cercando di capire il mondo prima di andare via / per poterlo conquistare a modo mio”.
Affascinante con la sua sonorità misteriosa e sinuosa e la voce di Barbara a rendere il pezzo decisamente ipnotico, “La storia di bianca e nera” è un brano particolare per la situazione che presenta che sa decisamente di favola dal significato universale “Prigioniere in una torre dalla nascita / una bianca l’altra nera litigavano / Bianca voleva uscire / Nera restare lì” alla fine entrambe riusciranno ad uscire, Bianca ha compreso Nera e se la fa amica dicendole “Sulle tue spalle salirò / per andare lontano / e scoprire che solo in due / si può uscire da qui”.
“L’uomo e la stella”, brano liberamente ispirato al racconto del giovane Demian innamorato di una stella tratto da Demian di Herman Hesse, ha una lunga introduzione di chitarra acustica per opera di Barbara è un pezzo decisamente poetico “Mi fa paura volare / mi fa paura cadere / ma la tua luce mi guiderà / e anche se sono nel buio / io volerò sopra il mare / oltre le nuvole scure / che non mi fanno vedere la strada fino a te” e se questa stella fosse Dio?
Si torna a sonorità più elettriche con “Non deve essere vero”, ma il clima resta sereno e disteso, perché si tratta di un canto di speranza, una visione positiva nonostante le apparenze di quanto ci accade intorno, anche se il finale lascia spazio all’incertezza “Non deve essere vero / che tutto è sempre chiaro / il fiume sfiora ancora / le rive del mistero”.
Introdotto da un frammento con il padre di Barbara che canta una canzone popolare milanese, c’è poi il brano conclusivo “Il modo delle mancine”, che dà il titolo all’intero lavoro, che è solo strumentale, chitarra classica suonata da Barbara e violoncello suonato da Anais Vitali e che pur senza parole sa trasmettere emozioni che puntano dritte al cuore e lasciano l’ascoltatore subito desideroso di altri ascolti.
Il disco è però proprio finito e non resta che riascoltarsi il tutto da capo, sicuri di non esserne mai annoiati, anzi posso dire che ad ogni ascolto si è certi di cogliere nuove sfumature.
Si è dovuto attendere a lungo prima di veder pubblicato questo primo disco di Barbara, ma ne valeva la pena, perché sa coniugare raffinatezza e semplicità senza far mai pendere troppo la bilancia né da una parte né dall’altra, sa conciliare sonorità acustiche e sperimentazioni elettroniche proponendosi in maniera molto originale, così è il modo di essere delle mancine e l’augurio è che non resti un episodio isolato.
Barbara Lagomarsino
Il modo delle mancine
Brani:
- 1) Il principe del suono
- 2) Flying away
- 3) Amicizia impazzita
- 4) Spazi nuovi
- 5) Senti, ti ricordi?
- 6) Se mi vuoi
- 7) La storia di bianca e nera
- 8) Guitar intro (l’uomo e la stella)
- 9) L’uomo e la stella
- 10) Non deve essere vero
- 11) Il modo delle mancine
Informazioni tratte dal disco
Barbara Lagomarsino: voce, chitarra acustica, chitarra classica, programmazione ritmica e samples (7)Massimo Spinosa: programmazioni ritmiche e samples, basso, chitarra elettrica, chitarra acustica, chitarra 12 corde, piano, keyboards, coriLucio Bardi: chitarra acustica (2)
Anais Vitali: violoncello (3, bonus track)
Testi e musiche di Barbara Lagomarsino ad eccezione di “Il principe del suono” (testo di Barbara Lagomarsino, musica di Barbara Lagomarsino e Massimo Spinosa) e “Non deve essere vero” (testo di Barbara Lagomarsino e Gianluca Martinelli, musica di Barbara Lagomarsino)
Arrangiamenti di Massimo Spinosa e Barbara Lagomarsino
Produzione Artistica di Massimo SpinosaRegistrato e missato da Massimo Spinosa presso Studio Spinosa, MilanoArtwork: Patrizio Squeglia
Ritratti di Hugh Findletar