Cesare Basile
Storia di Caino
Cesare Basile: difficile, ostico ma alla lunga irresistibile.
Mi piacerebbe poter dire che questo è un album sull’assenza e vorrei non dovere spiegare questa affermazione. E’ solo un suggerimento, un filo possibile che si srotola attraverso dodici canzoni, Uno scenario della mancanza sul quale scorrono le immagini di queste storie. A una donna duemila anni fa viene fatta una promessa e da quel giorno si ritrova abbandonata alla sua fede e da quel giorno la sua fede sarà recidiva.
Credere è sempre l’atto più grande della promessa d’amore. (Cesare Basile)
Da questa affermazione di Cesare Basile vorrei partire ad affrontare questo suo nuovo disco, difficile, senza compromesso alcuno, a tratti duro a tratti infinitamente dolce, in parte lento e acustico, in parte elettrico e pieno di distorsioni, perché contiene in sé non le chiavi di lettura, ma una possibile via d’accesso ad un disco che resta ostico seppur affascinante.
Almeno due sono gli aspetti che trapelano da questa affermazione, l’affondare nel mondo biblico delle tematiche trattate con grande personalità da Cesare ed il carattere esistenzialista dell’intero lavoro che, ricordo ai lettori, si pone come seguito ideale di “Gran calavera elettrica” e di “Hellequin Song”, a suggello di una trilogia sull’essenza dell’uomo.
Molto folk-americana è l’iniziale “Gli agnelli” triste sguardo sui bambini vittime innocenti dell’ingiustificabile fanatismo religioso, qualunque esso sia “Li hanno portati / all’offertorio / in grembo agli usurai / strappati ai ragni dell’estate / e alle lucertole / tradotti al centro della piazza / come sacchi di semi morti / Non hanno fatto in tempo / a pascolare l’odio / che i rigattieri della strage / danno a credito / non hanno avuto neanche / il tempo di sbagliare / non sbaglieranno più”.
Pecussioni insistite e chitarra introducono la misteriosa “A tutte ho chiesto meraviglia” dal testo bello, ma decisamente criptico “alle sconfitte di mio padre / a ognuno dei suoi libri / ho chiesto a tutte meraviglia / con le mie mani vuote / dita di rabbia e avvento / e a tutto ho chiesto meraviglia / fradicio all’osso e in lacrime / al Reverendo e al suo bull terrier / ai tuoi occhi marrone / pozzo di rabbia e avvento”.
Un tema presente in questo disco è senza dubbio quello della solitudine, come si evince nella lenta, evocativa, caraterizzata dalla presenza di un organo in crescendo “All’uncino di un sogno”, in cui Cesare canta così “alle promesse tatuate sul collo / in un giorno d’infanzia / come se nulla potesse cambiarci / e chi lo sa / forse nulla è cambiato / siamo giusto rimasti da soli”.
Altra canzone emblematica è “Canto dell’osso” dura elettrica con cori strazianti che affronta il tema della morte violenta “suonami suonami caro fratello / più mi suoni e più t’intono / mi hanno ucciso all’acqua di vento / per tre piume di pavone / il mezzano non ha colpa / tu il più grande / vai alla forca”.
Lenta, quasi sospesa, un po’ sinistra è “Per nome” che narra un evidente desiderio di amore anche solo una donna da chiamare per nome “Ma il tuo scialle stanotte / è una persiana crudele / fa filtrare soltanto / il ricordo / le tue dita che si poggiano / sulle mie labbra / a trovare il silenzio / Alle volte per strada / qualcuna ha i tuoi occhi / o la donna che serve / al bancone / io la guardo / e vorrei solamente / chiamarla per nome”.
A volte l’amore è invece presente, ma trattasi pur sempre di un amore sofferto, incostante come in “Sul mondo e sulle luci”, canzone splendida, dolcissima, con uno splendido pianoforte a dialogare con gli archi ed un testo così “quello che danna un uomo / camminamenti fatti di silenzi / e di alterna fortuna / tengono il mio segreto / che questi occhi adagiano / sul segno dei tuoi fianchi / prima che venga il sonno / i semi delle carte…”.
Sincopata, affascinante, “Donna al pozzo” è forse la più significativa, perché tratta il tema della ricerca infinita, senza sosta di Dio, passando dall’assenza di Dio all’attesa dell’incontro, transitando dai versi iniziali “ogni giorno questa donna / scende al pozzo dell’assenza e aspetta che / per quell’acqua di cisterna / un signore o un assassino le dia un po’/ del frutto del suo seno” a quelli finali “questa donna all’ora sesta / scende al pozzo di Giacobbe e chiede un po’ / dell’acqua della vita / un po’ della promessa”.
Ancora dura, tesa, con chitarre elettriche e distorsioni, la title-track “Storia di Caino” dove in fondo protagonista è ancora il senso di solitudine e di abbandono dell’uomo, come si evince dai versi finali, cantati da Caino dopo aver commesso il delitto “Così signore crescevo i tuoi semi / offrivo i frutti migliori al tuo nome / ma solo quando anch’io ho servito col sangue / ti sei accorto di me”.
Segnata dalla voce profonda penetrante unica di Robert Fischer è l’unica canzone in inglese di questo disco “What else have I to spur me in to love”, che si apre con la sola chitarra cui si aggiungono a poco gli altri strumenti per assumere le sembianze di una preghiera.
Cadenzata, con percussioni e chitarre elettriche ancora una volta distorte è la breve “19 marzo”, incentrata sull’incomunicabilità, sul silenzio di Dio “scelgo le tue mani / ossa della vigna / perché il mosto / mi sveli il dolore / mi son cinto i fianchi / consumato i denti / non sapevo pregare / ma esigo la fede”.
Quasi ballabile, più solare delle precedenti è “Il fiato corto di Milano”, ma oggetto della canzone è uno sguardo deluso, privo di ogni incanto verso la propria città d’adozione, come se proprio non ci fosse nulla degno di esser difeso “cosa volete che / me ne freghi / se ci faranno saltare in aria / sarà l’orgoglio di un miscredente / o il pasto caldo di un monsignore / venga chiunque a fare banco / vengano pure a grufolare / qui non c’è gloria e non c’è onore / da serbare”.
A chiudere è un canto della tradizione “Maria degli ammalati” il cui testo è in fondo di speranza anche per che si trova in uno stato di malattia, fosse anche solo l’assenza della fede “Or via / ricorriam sempre / a questa gran signora / che tiene pronto ogn’ora / il nostro bene al cuor / indi conforta / conforta il ciglio / fra i santi in paradiso”.
Non tutto appare immediato e limpido in questo ultimo disco di Cesare Basile, anche perché affonda le proprie radici nei testi biblici, coi quali almeno il sottoscritto non ha grandissima dimestichezza, ma resta il fascino di un disco molto ricercato, accurato e riflessivo.
D’altronde un disco decisamente esistenzialista, poteva forse presentarsi con facili risposte e banali ricette adatte ad ognuno? Una cosa è certa più lo si ascolta è più si resta segnati nell’anima.
Cesare Basile
Storia di Caino
Brani:
- 1) Gli Agnelli
- 2) A Tutte Ho Chiesto Meraviglia
- 3) All’Uncino di Un Sogno
- 4) Canto Dell’Osso
- 5) Per Nome
- 6) Sul Mondo E Sulle Luci
- 7) Donna Al Pozzo
- 8) Storia Di Caino
- 9) What Else Have I To Spur Me Into Love?
- 10) Marzo
- 11) Il Fiato Corto Di Milano
- 12) Maria Degli Ammalati
Informazioni tratte dal disco
Prodotto da John Parish.
Registrato da Gabriele Ponticiello a URS Studio, Villa Minozzo (RE). Missato da John Parish
”Maria degli Ammalati” registrata a Zen Arcade, Catania, da Cesare Basile.
“Donna al pozzo”, “What else have I tospur me in to love” registrate al Carezza studio, Milano, da Cesare Basile e Luca Recchia.
Masterizzato da Shawn Joseph all’Optimum Mastering studio di Bristol (UK).
Cesare Basile:Voce, chitarre, dobro, banjo, armonica, kalimba, percussioni.
Luca Recchia: basso, contrabasso,didjeridoo, cori.
Marcello Sorge: batteria, percussioni, cori.
Michela Manfroi: pianoforte, organo, cori.
Rodrigo Derasmo: Violini, cori.
Marcello Caudullo: chitarra elettrica, diamonica, marranzano, cori.
Lorenzo Corti: chitarra elettrica, lap steel guitar.
John Parish: pianoforte, chitarra elettrica.
Robert Fisher (Willard Grant Conspiracy) voce “What else have I to spur me in to love”.
Giorgia Poli: chitarra baritono “storia di Caino”, voce “Sul mondo e sulle luci”, cori “Maria degli Ammalati”.
Daniela Ardito, Manuela Malfitano: cori “Il fiato corto di Milano”.
Micol Martinez: voce “Il fiato corto di Milano”.
Tazio Iacobacci: mandolino, harmonium, percussioni “Maria degli Ammalati”
Massimo Ferrarotto: percussioni “Maria degli Ammalati”.
Fabio Rondanini: percussioni”19 Marzo”.