OTEME – Osservatorio delle Terre Emerse
Il corpo nel sogno
L'alchimista Stefano Giannotti, traduce il semplice respiro in suono di una purezza cristallina.
E' un flusso di coscienza d'eleganza imperscrutabile, “Il Corpo nel Sogno”, capolavoro assoluto con cui OTEME, si presenta al suo pubblico quest'anno e andando ad ascoltare random, come a confondere ulteriormente le carte (o quartine profetiche?) di questo monumento sonico, fatto di leggerezza impalpabile, mi ci immergo, come ad aprire una porta spazio-temporale:
“Rubidor#1” si presenta subito con dei suoni elettronici atmosferici, di grande raffinatezza, per chi ha amato i Bark Psychosis di Hex, un perfetto biglietto da visita. A rimescolare piani sonici, le percussioni, libere in poliritmie. Le parti vocali si organizzano su geometrie arditissime, usate al pari di strumenti e gli strumenti propriamente detti, fanno loro da contrappunto serrato. Splendido l'ingresso della chitarra elettrica. La cifra è immediatamente chiara, chamber rock, come termine riduttivo per intendere difatti qualcosa che è più vicino alla classica contemporanea che alle musiche di confine.
Lied contemporanei, si potrebbe dire, con arrangiamenti pari ad un mosaico cristallino e senza mezza nota fuori posto. Pur non facendo ricorso alla dissonanza (se non assai di rado), Giannotti, realizza una musica su piani mobili, pari a universi paralleli che si incontrano e scompaiono, accarezzando, senza mai ferire.
Bellissima, a tal proposito, “Il Corpo del Sogno”, dal testo encomiabile e da un'arpa che diventa ancora più incantevole nel finale, dove fa da contrappunto ad un falsetto misterico e ficcante. Giannotti ha un'idea assolutamente cosmopolita della musica e lo dimostra il breve frammento di “Neglibor”, ad evocare scenari africani e dell'estremo Oriente. “Blu Marrone”, è un cesellare su scale misteriche ed esatonali, da lasciare col fiato sospeso in una dimensione atemporale. Spazio, tempo, geografie, epoche, in queste tracce non esulano da un vivere che non sia esuberantemente foriero di curiosità e creatività debordante.
“Orfeo e Moira”, non fa differenza, con le percussioni afro, che aprono ad una melodia tipicamente europea e gentilmente jazz. Il canto evoca scenari suggestivi, che presto diventano introspettivi/surreali e nell'incontro con le voci femminili, approcciano un madrigale moderno. Ripeto, questa è pura contemporaneità, affrontata con passione e rigore magistrali. Non c'è arrangiatore italiano paragonabile a Giannotti e i premi internazionali che continua a ricevere, ne sono solo il giusto riconoscimento. Il vibrafono, nella sezione finale, dal fraseggio jazz, diviene puro astrattismo, tale da portare alla mente e attualizzare i momenti più ambiziosi dei Beatles (A Day in the Life).
“Rubidor#2”, si muove su trame più spigliate, quasi lounge, a sottolineare la varietà di un disco, che suona leggero e piacevolissimo. Il musicista, ha individuato la capacità di coinvolgere senza ricorrere ad eccessi espressionisti, o a trionfalismi di sorta, pur non risultando mai asettico.
“Sono Invisibile”, è un bozzetto delizioso (il mio brano “cantautoriale” dell'anno), che trova nel testo il suo punto di forza. Un racconto in musica, orchestrato con delicatezza e pertinenza. Ciò che sorprende, è come nessuna geometria dell'arrangiamento sia anche solo un po', fuori luogo. E' tutto PERFETTO. Perfetto più di Zappa, al punto che mi verrebbe da citare Mozart e Bach, nella proprietà di linguaggio di una musica che fluisce come acqua. Giannotti respira musica e così la traduce, da un breve esposto ad un corposo bolero, fino ad uno svuotamento che ritrova presto respiro, attraverso armonizzazioni sublimi. La sezione centrale, è un sottile gioco, che fa parodia di storia, politica, economia, religioni.
“Nascita dei Fiori-Prato Fiorito”, torna a misteriose scale, che richiamano l'Oriente Estremo in una ninna nanna (la linea melodica ricorda il folk tradizionale Dormi Dormi Biel Bambin), che trova corpo in fiati e percussioni (per quanto indiscussa sia l'abilità dei musicisti coinvolti, non è da dimenticare, quanto Giannotti sia polistrumentista assoluto). Sublime l'assolo di chitarra. Qui, per la prima volta, si raggiungono dissonanze e atonalità, come logica conseguenza di una dissoluzione spazio-temporale in musica, che termina in suoni di concrete musique. “Strippale”, è un giocoso motivetto ad alleggerire tensioni, laddove, dovessero essercene. La proprietà nell'uso dell'elettronica, da parte del compositore del progetto, è ormai al suo apice. Con voci grottesco/onomatopeiche e trattate, si apre, ad anticipare l'ingresso di un'arpa e di una armonica a bocca, “Nascita dei Fiori-Di Passaggio”, che si snoda in maniera serpentinea, tra suoni di musica concreta e contrappunti ritmici. L'elettronica, è il collante del tutto. “Nascita dei Fiori-Il Cimitero delle Fate”, allo stesso modo, si presenta con suoni sospesi e cigolii associati ad elettronica (chi ricorda A Pierre di Luigi Nono?), per avvicinare la melodia di una danza orientale, su cui suoni metallici si integrano cupi. La cupezza non è però mai terrifica, ha qualcosa di vicino all'estetica del sublime, in questo caso legato all'idea di un culto pagano, (quello della nascita delle fate, per l'appunto).
“Un Paradiso con il Mal di Testa”, su pulsazioni elettroniche sobbalzanti, innesta organo e clarinetto basso all'unisono. Arriva presto la voce. Fa curioso come un brano dalle armonizzazioni così ardite, possa essere considerato, anche radiofonico, fluido. L'equilibrio timbrico tra il baritono di Stefano e le voci sopranili ad accompagnarlo, è perfetto. Il sibilo conclusivo, è chiusa geniale.
Che dire? OTEME, ha creato un capolavoro assoluto, uno dei migliori dischi dell'anno e uno dei migliori di un decennio, che, musicalmente, in punta dei piedi, ci sta lasciando. Un disco che merita un riscontro assolutamente internazionale e che deve essere citato come pietra miliare, nelle più titolate enciclopedie della musica del nostro tempo, perché se contemporaneità in musica esiste (per quanto, sensibilità altre, si stanno muovendo nel mondo, con linguaggi diversi), è questa.
DA AVERE, ASSOLUTAMENTE.
P.S.: L'artwork, al pari del disco, è un gioiello di immagini capaci di legare passato-presente e una sorta di corto circuito dimensionale, quello che, alchemicamente, traduce il suono in pura ARTE.
OTEME – Osservatorio delle Terre Emerse
Il corpo nel sogno
Brani:
- 1) Rubidor #1
- 2) Il corpo nel sogno (The Body in the Dream)
- 3) Neglibor
- 4) Blu marrone (Blue Brown)
- 5) Sono invisibile (Invisible)
- 6) Strippale
- 7) Un paradiso con il mal di testa– (A Paradise with a Headache)
- 8) Il cimitero delle fate (The Fairy Cemetery)
- 9) Di passaggio (Passing)
- 10) Prato Fiorito (Fowery Neadow)
- 11) Orfeo e Moira (Orpheus and Moira)
- 12) Rubidor #2
Informazioni tratte dal disco
Line-up:
Valeria Marzocchi: flauto, voce
Lorenzo Del Pecchia: clarinetto,clarinetto basso
Maicol Pucci: tromba, tromba piccola, flicorno
Marco Fagioli: basso tuba, trombone, sifone
Stefano Giannotti: voce, chitarra elettrica, organo farfisa, percussioni, elettronica, armonica
Emanuela Lari: piano, tastiere, voce
Valentina Cinquini: arpa, voce
Riccardo Ienna: percussioni
Voci addizionali: Gabriele Stefani, Edgar Gomez
Special Guest Antonio Caggiano: vibrafono su ORFEO E MOIRA e BLU MARRONE