Nero Moderno
Diapositiva
Il disco
Un synth pop senza una nota, un suono fuori posto, con l'iniziale “Distanze”, tutto segue la linea tracciata dalla tradizione post punk italiana degli esordi. Brano dalla struttura estremamente regolare, senza aperture o variazioni alcune, come camminare su un'autostrada in piena notte, sguardo fermo e nervoso, clinicamente puntato all'arrivo. Quasi una spedizione punitiva, una dichiarazione di rabbia implosa.
“Fermo Immagine”, si muove più o meno nella stessa direzione, ma con chitarre e voce in primo piano. Il suono chitarristico appare un po' troppo “saturo”, a tratti sgradevole, con dissonanze non ricercate e talvolta fuori posto. La voce è calda, portata su frequenze da basso, per quanto di natura baritonale, accarezza anche quando viene doppiata su un'ottava più acuta. La batteria elettronica pulsa, ma su tutto, sono i synth a farla da padrone. Ottimo il lavoro di produzione, qui, perlomeno.
“Amen” è brano dalle caratteristiche assai diverse e rappresenta un “unicum” nel contesto. La scrittura, è più mossa, tanto armonicamente che ritmicamente. I synth trovano suoni meravigliosamente onirici. La voce si affida allo spoken word, ma non declama, né alla maniera di Ferretti, tantomeno, a quella di Clementi (il che è solo un bene), ricorda piuttosto la fragile modalità del presto rimosso Alessio Bonomo di “La Croce”. Nel finale, che pur mantiene le stesse armonie, si assiste a un crescendo. La voce vibra, pulsante, la chitarra, tra consonanze e dissonanze, fende e lo fa con assoluta cognizione di causa. Certo, la presenza di una batteria acustica avrebbe dato più corpo a un pezzo che DEVE urlare e ci riesce solo in parte e che comunque, fin qui, si presenta come l'episodio migliore ascoltato.
Brusco cambiamento con “Cellophane”, la chitarra elettrica si indurisce, ma solo nella sezione ritmica, mantenendo lo stesso suono anche su frasi melodiche, dove suona esigua. Perfetti i synth, benissimo le voci e accattivante la linea vocale. Nonostante la batteria elettronica (sarebbe importante ricordare, che quando le strutture non sono linearissime, l'elettronica applicata alle percussioni può essere un danno). Bella la coda evocativa.
Clock DVA e Depeche Mode, alle armi, su “Lontano da Giorni”. Qui, il canto, abbraccia quello “declamato” di Clementi e il testo, come in “Amen”, è davvero bello. L'equilibrio è (quasi) perfetto. “Prison”, trova la linea di un basso , oltre a bordoni epici, a muovere il canto, di per sé, assai vicino al recente revival “shoegaze”, la lingua del testo, è l'inglese. A convincere nella voce, è maggiormente la linea baritonale. In diversi segmenti il pezzo trova sfumature dance, che ne fanno qualcosa dal sapore autenticamente internazionale.
Idem dicasi con la seguente “Blind”, che chiude il CD e che si fa forte di soluzioni ritmiche davvero accattivanti. Non solo, i suoni del synth non propongono mezza sbavatura, la voce, è in registro, tanto sulle frequenze gravi, che su quelle acute, belli i suoni di chitarra e le geometrie disegnate. A mio avviso, migliore brano del lotto, nonostante il voto a quello con maggiore personalità, vada ad “Amen”.
Conclusioni
Arriva dopo due EP di ottima fattura (e piuttosto “tossici”),
“Diapositiva”, dei Nero Moderno, due EP, che avevano sciorinato invenzioni melodiche, rabbia giovanile, freschezza a profusione, nonostante, qualche difficoltà di produzione, li avevano rilegati, ingiustamente al ruolo di “demo”. Ecco, questo, non è un demo, in nessun modo, ma non mi sento di definirlo, avendo ascoltato la band, almeno una decina di volte dal vivo (ed essendo stato ospite alle tastiere/screaming sul secondo EP), il loro “pieno compimento”. E' finalmente un documento coerente, senza troppe sbavature, che con una produzione di lusso, avrebbe avuto tutt'altra faccia. Ma con questo disco, la band di Luca Milano (voce/tastiere/composizione) e Alessandro Gioia (chitarre), ha girato l'Italia e il Centro Europa, mostrando come DAL VIVO, grazie soprattutto al carisma dei due musicisti coinvolti (quello defilato ed elegantissimo di Gioia e quello teatrale, da vero istrione, ma senza connotazioni che non siano da rockstar autenticamente sensuale, di Luca), i Nero Moderno sappiano conquistare tanto gli estimatori del primo synth pop (inclusi i Litfiba pre -”Desaparecido”), che quelli del nuovo, orientato, come spesso detto, verso lo showgaze (magari non i Pale, certo non i Mol di “Jord”. Quello che si mantiene vicino alla storia del fenomeno, avvicinandosi ai suoni di cui oggi è possibile usufruire) e certo cupo romanticismo, che hanno fatto storia e che qui, risultano credibili.
Perché?
Provate a vivere nel centro dell'entroterra tarantino con minore densità di popolazione e parliamone. Qui, certo buon cibo, ma lavoro poco, solitudine, alcool e droghe, REALTA', da almeno quarant'anni. La musica sa essere un'ottima cura e per questi ragazzi, lo è.
Un canale Youtube, con tutte le tracce della band, potrà illustrarvene il percorso, tutto.
Blind
L'addio
Nome e terrore
Nero Moderno
Diapositiva
Brani:
- 1) Distanze
- 2) Fermo Immagine
- 3) Amen
- 4) Cellophane
- 5) Lontano Dai Giorni
- 6) Prison
- 7) Blind