Marlene kuntz

Ricovero virtuale e sexy solitudini

Recensione
Pubblicato il 10/12/2010
Voto: 6.5/10

Diciamo pure che un loro ritorno sul mercato discografico era nell’aria. Tanti protagonisti di quell’epoca esplosiva dell’indie italiano targato anni ’90, si erano già mossi in questo senso (vedi Massimo Volume), prossimamente (Subsonica) e, usando una metafora canina, era giunto il momento di segnare il territorio urinando qua e là ai quattro canti. Persino i Baustelle (per battere il ferro finché è caldo e tenere alta l’attenzione guadagnata) si sono inventati una ristampa del loro primo album. Gli scaffali, anche stavolta, non mancheranno di essere ben forniti per le feste natalizie.

Nonostante io stesso mi fossi allontanato dai loro ultimi lavori e avessi preso le distanze dalla svolta commerciale e pop del gruppo da “Che cosa vedi” in poi, ammetto di essermi parzialmente ricreduto dopo le ultime mosse a 360 gradi di Cristiano e Riccardo (vedi Reading e quant’altro). Le ultime interviste di Godano mi avevano convinto che in fondo quella scelta potesse essere veramente “artistica”.

La forza nel rivendicare la sua autonomia nell’intraprendere un percorso personale, da rispettare e giudicare senza preconcetti, mi era decisamente piaciuta e mi suggeriva una coerenza interiore del personaggio a discapito di quella estetica del suono (nonostante mi rimanesse sempre il dubbio di essere di fronte ad un altro Fonzarelli che proprio non riusciva a dire “ho sbagliato”).

 

Ed eccoci quindi di fronte a questo nuovo lavoro che sembra almeno in parte un tentativo di riprendere un certo discorso interrotto un po’ di anni fa. Certo l’inizio non è proprio incoraggiante.

Pronti, via e sembra di essere di fronte ad un’operazione revival, sbiadita dalla mancanza d’ispirazione. Sia chiaro se non fossero i Marlene Kuntz i pezzi Ricovero virtuale e Paolo anima salva avrebbero la loro dignità. In questi casi il rischio di tornare sui propri passi è quello di rimanere in mezzo al guado e non avere la forza né di andare avanti, né di tornare indietro. Come dire, un’operazione di equilibrismo che restituisce l’immagine dello sventurato caduto nelle sabbie mobili: più si muove e più affonda.

Il suono è ancora una maldestra autocitazione e i testi sembrano più carichi di rabbia che di contenuti. Se infine ci mettiamo una “sospensione vocale” ondeggiante, in stile Pearl jam, a concludere il secondo brano; beh non era questo il cambiamento di rotta auspicato.

Poi piano piano qualcosa comincia a muoversi: Orizzonti si sviluppa su un sound arricchito da una tastiera inedita per l’imprinting del gruppo e il brano comincia a decollare destando qualcosa d’inedito.

Ma è con la successiva Io e me che l’asticella si alza notevolmente, regalando una sessione di basso importante e cupa; un’atmosfera inquieta, ma adrenalinica. Anche le liriche cominciano a far presa e ad essere intriganti, regalando il vero Godano che avevamo conosciuto. Un inno al proprio ego e alla propria amara consapevolezza nell’andare incontro al giudizio degli sciacalli “Scenderò dai dirupi aggrappato all’altro me, per tornare fra i lupi delle selve delle città”. Un sussulto che viene confermato dalla partenza del brano successivo Vivo … un grido straziato, una richiesta disperata di attenzione che sembra fotografare il momento che sta vivendo la band “… sto gridando da un pezzo e no, non mi sentite!” Diciamo che la vera essenza del suono e della poetica “Marlene” si esprime in questi brani centrali dell’album, dove cattiveria soave e nichilismo divertito si aggrovigliano in uno status di dipendenza reciproca.

 

Non manca il pezzo da accendino in mano (ahimè ormai cellulare!) per la ballad che monta, lentamente sotto la pelle come una marea che infine esplode in mareggiata. Con l’ Artista il suono si fa ipnotico, etereo, una sospensione del fiato che ci fa vibrare il corpo, mentre un giro di basso portentoso, ma delicato, ci desta dall’ iniziale arresto prolungato. Uno stato di ebbrezza provocato dal cigolio di una chitarra pizzicata, dallo scivolare delle dita sulle corde. Uno scorcio di ambientazione “Gallagher” fa capolino sullo sfondo.

Cristiano dà il meglio di sé quando riesce a creare questa profonda dicotomia tra posa fisica distaccata e vicinanza umana nell’anima. La canzone ci ha già sospeso nell’aria da alcuni minuti per poi farci volare con la poesia rappresentata anche dal verso finale: “…Ed è così che l'estasi dell'arte ancora ti aiuta a dimenticare allegramente che sei senza una lira!”

 

Pornorima è la canzone più ambigua nonostante la sua chiarezza stilistica e compositiva. Musicalmente è il pezzo più groove del lavoro, ma forse dell’intera produzione della band. Sembra di entrare in un concerto della Madchester datata fine anni ’80 inizio ’90, magari in quei giri ispirati dei Stone Roses e soci. Certo il cantato in farsetto ci distrae un poco da quel richiamo, ma non si può certo dire che non si provino nuove commistioni. Anche il testo tenta, non so se provocatoriamente o ironicamente, di smarcarsi da quel sottobosco o sottocultura indie e “impegnata” che in realtà il gruppo stesso ha coltivato e di cui si è fatto icona. Il rock è divertimento e il sesso lo è per antonomasia. Quindi? Rock è istinto anche quello primordiale per eccellenza.

 

Il brano conclusivo è una sorta di esperienza sensoriale vista, tatto, gusto “…e ancora correre spostando l’aria … e ancora ridere leccando l’aria ..” che concede all’ascoltatore la meritata quiete dopo tanto naufragare. Una serenità che in realtà nasconde tra le righe disincanto e nobile affetto. “Io non ti ho mai più pensata, ma so che i tuoi bambini crescono. E ancora correre …”

Scatti è la conclusione sussurrata di un disco gridato, di un atto di accusa verso molti attori del nostro universo. Uno studio sociale fatto di suggerimenti, appunti, allarmi e immagini. Il lavoro acquista forza e veemenza con il passare delle canzoni come in una sorta di confessione fiume dettata dal peso e dal disagio. Mezzo punto in più sul giudizio finale, perché abbiamo ritrovato la voglia di lottare di Godano. Noise sì, ma diretto come un pugno in faccia. Che sia di buon auspicio.

 

Marlene kuntz - Ricovero virtuale e sexy solitudini

Marlene kuntz

Ricovero virtuale e sexy solitudini

Cd, 2010
Genere: Rock

Brani:

  • 1) Ricovero virtuale
  • 2) Paolo anima salva
  • 3) Orizzonti
  • 4) Io e me
  • 5) Vivo
  • 6) Oasi
  • 7) Un piacere speciale
  • 8) L’artista
  • 9) Pornorima
  • 10) L’idiota
  • 11) Scatti

Informazioni tratte dal disco

Ricoveri Virtuali E Sexy Solitudini
Data di pubblicazione: 23 Novembre 2010/ Gennaio 2011
Produttori: Howie B
Registrato @ Sala Verdi, Scuola di Alto Perfezionamento Musicale Salluzzo
Casa discografica: SONY
Numero brani. 11

Cristiano Godano: voci/ chitarre
Riccardo Tesio: chitarre
Luca Bergia: batteria/voci
Lagash: basso
Davide Arneodo: mandolino, piano, tastiere, violino

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