Alberto Fortis
Alberto Fortis
L'omonimo Alberto Fortis è il primo album della lunga carriera di questo cantautore. Fortis nasce a Domodossola nel 1955, vive a Genova, a Roma e successivamente si trasferisce a Milano. E' proprio a Milano che nel 1979 esce questo disco dal travaglio non facile. Infatti tutto il materiale del primo album, comprese canzoni del calibro di "Milano e Vincenzo", "La sedia di lillà","Duomo di notte", erano già pronte ben due anni e mezzo prima della pubblicazione, ma rimasero forzatamente bloccate. Motivo? Malgrado gli avessero fatto firmare un contratto discografico, i suoi brani erano stati giudicati come "materiale non idoneo alla pubblicazione" dai principali responsabili di case discografiche dell'epoca. Solo un fortuito incontro con Alain Trossat sbloccò questa situazione e diede il via alla carriera del nostro.
Per fortuna la realizzazione non risente di questi problemi, grazie anche alla buona direzione d'orchestra di Claudio Fabi e alla partecipazione della Premiata Forneria Marconi. La produzione del disco è affidata ad Alberto Salerno, marito di Mara Maionchi diventata successivamente celebre anche al pubblico televisivo, grazie alle sue partecipazioni a famosi talent show come X Factor.
Il lavoro inizia con un brano scottante intitolato "A voi romani", che gli procurò successivamente più noie di quanto avesse pensato. Una lettura del testo può far subito capire, a chi non lo conosce già, il motivo.
E vi odio voi romani, io vi odio tutti quanti, brutta banda di ruffiani e di intriganti, cammuffati bene o male, da intellettuali e santi, io vi odio a voi romani tutti quanti.
Siete falsi come Giuda, e dirvi Giuda è un complimento, e vivete ancora adesso avanti Cristo, e trattate gli altri come i vostri nonni coi cristiani, io vi odio a tutti quanti voi romani.
"Mamma lupa - poveretta - si è svenata con i denti" il giornale ha riportato con stupore: "non poteva sopportare che il suo popolo invasore diventasse una colonia di invadenti".
E vi odio a voi romani, io vi odio tutti quanti, distruttori di finanze e nati stanchi, siete un peso alla nazione, siete proprio brutta gente, io ti odio grande Roma decadente.
Sui tombini delle fogne, come tanti scudi antichi, ci scrivete ancora SPQR, ma guardatevi, a dottori, siete molli come fichi e poi andiamo, non è piu' tempo di guerre.
E vi odio a voi romani, io vi odio tutti quanti, brutta banda di ruffiani e di intriganti, cammuffati bene o male, siete sempre farabutti, io vi odio a voi romani, vi odio tutti.
Dicevamo che Alberto Fortis aveva vissuto a Roma... Bisogna aggiungere che proprio qua aveva provato ad entrare nel mondo musicale, ma senza successo. Quindi è possibile che abbia astratto questa e altre esperienze, ponendo la Roma capitale, in cui sono concentrate la gestione economica e politica dello stivale, come causa primaria dei problemi dell'italia.
Un bel brano, diretto ed efficace e purtroppo ancora attuale al giorno d'oggi, visto che gli scandali politici ripropongono ciclicamente, il binomio corruzione e potere.
Ma in questo e altri brani scopriamo anche l'ironia e il sarcasmo del cantautore: possiamo dire che chi si è sentito offeso, forse non ha capito il senso della vena polemica che contraddistingue il nostro.
Anche "Milano e Vincenzo" esprime la rabbia di Fortis all'epoca della sua scrittura. In questa canzone (ascoltatissima in radio) il bersaglio è Vincenzo Micocci, direttore della casa discografica IT e colpevole dei ritardi dell'uscita del disco. Nel brano si alternano ironicamente i pregi del vivere a Milano, con le colpe del discografico.
Nel testo troviamo una irruenza tipica dell'età (all'epoca aveva ventiquattro anni), la voglia di esprimersi in modo forte, per liberare l'urgenza espressiva dandole libero sfogo.
Milano sono tutto tuo, Vincenzo no non mi rinchiude più, oh Milano sii buona almeno, almeno tu.
Lui mi picchiava tutto l'anno e mi faceva dire si, Mi-Milano tu non trattarmi mai cosi.
Vincenzo io ti ammazzerò, sei troppo stupido per vivere, oh Vincenzo io ti ammazzerò perchè, perchè non sai decidere.
Mi piacciono i tuoi quadri grigi, le luci gialle, i tuoi cortei, oh Milano, sono contento che ci sei.
Vincenzo dice che sei fredda, frenetica senza pietà, ma è cretino e poi vive a Roma, che ne sa?
Vincenzo io ti sparerò, sei troppo ladro per capire che il tuo lavoro amici non troverà mai, perchè non sai soffrire.
Ti devo tanto come uomo, lavoro insieme ai figli tuoi, oh Milano, fa' di me quello che vuoi.
Ti lascio tutti i miei progetti, le mie vendette e la mia età, oh non tradirmi sono vecchio e il tempo va.
Vincenzo io ti inseguirò, sei troppo stupido per vivere, oh Vincenzo io ti ammazzerò perchè, perchè non sai decidere.
Vincenzo io ti prenderò, sei troppo stupido per vivere, Vincenzo io ti ammazzerò perchè, sei troppo ladro per amare.
Segnalo che di "Milano e Vincenzo" esiste un videoclip a disegni animati che fu realizzato da Andrea Pazienza con la regia di Franco Serra.
Altro brano ispirato a Milano è il "Il Duomo di notte", in cui vengono sviluppate alcune riflessioni sulla vita. Da elogiare gli arrangiamenti.
Piroette di sabbia e le guglie del Duomo, differenza tra pietra e le voglie di un uomo che ha per vita una gabbia liberata dal sesso, gonfia di verità partorita con gioia nel lontano ricordo, con le doglie sincere di una maternità che alla luce, di notte, nella piazza e con rabbia ha donato, confusa, il suo figlio balordo.
E la vera ragione delle notti impegnate, dei romanzi creduti, degli amori sbagliati, non la devi cercare dentro i mari delusi che ti scusano i sogni, le ignoranze, i delitti.
Il suo posto lo trovi nella ruota del giorno, nello scrigno privato di egoismi e di abusi e le mani affrettate a cercare gioielli, nella sabbia han trovato, confuse, i relitti.
Il dispetto felice sulla voglia che nasce, contrappeso all'istinto, alla cosa che piace, la condanna del tempo, della gente, del posto e il ritorno dal viaggio che ti ha fatto sperare e la stella seguita si e` stancata di darti e brillare.
"In soffitta" è un brano semplice nella struttura, dal testo volutamente sfuocato e che lascia trapelare un pizzico di mistero sul significato.
Passa pure a trovarlo stasera, un fantoccio troverai dal cuore vero, passa pure a trovarlo ma spero che arrivi in soffitta un po' prima di loro.
Loro che l'hanno già processato con l'accusa di farsi capire, ci hanno aggiunto anche ladro di un fiore rubato ad un ladro che stava a sentire.
Passa pure a trovarlo stasera, un fantoccio troverai dal cuore vero, passa pure a trovarlo ma spero che arrivi in soffitta un po' prima di loro.
Hanno detto: "In quel fiore credeva, l'impicchiamo perché ci ingannava", l'hanno fatto e lui intanto piangeva e un po' prima di andare tremando gridava:
"Vieni pure a trovarmi stasera, un fantoccio troverai dal cuore vero vieni pure a trovarlo ma spero che arrivi in soffitta un po' prima di loro"
"La sedia di lillà" è un altro pezzo forte e di grande successo, ispirato da una storia vera di suo zio. Nella realtà per fortuna il finale non è grave e tragico come nel dolce e commovente brano.
Stava immobile nel letto con le gambe inesistenti e una piaga sulla bocca che seccava il suo sorriso, mi parlava rassegnato con la lingua di chi spera
di chi sa che e' prenotato sulla Sedia di lillà.
Ogni volta che rideva si stracciavano le labbra e il sapore che ne usciva era di stagione amara, le sue rughe di cemento lo solcavano di rosso, prontamente diluito da una goccia molto chiara.
"Penso troppo al mio futuro" mi diceva delirando.
"Penso troppo al mio futuro, penso troppo e vivo male.Penso che fra più di un anno cambieranno i miei progetti, penso che fra più di un anno avrò nuove verità.
Tu non farmi questo errore, vivi sempre nel momento, cogli il giorno e tanto amore, cogli i fiori di lillà".
"Quanti amici hanno tradito" continuava innervosito, "quanti amici hanno tradito per la causa dell'amore".
Sono andato a casa sua, sono andato con i fiori, mi hanno detto che era uscito che era andato a passeggiare, ma vedevo un'ombra appesa, la vedevo dondolare,
l'ombra non voleva stare sulla sedia di lillà.
"Nuda e senza seno" ha un testo molto particolare, tra l'ironico e il "non sense", almeno così potrebbe apparire, ma personalmente un senso ce l'ho dato.
E tu che una mattina mi hai svegliato, il nome pero' non lo dico, ti dico solamente che non ero nel mio letto e neanche nella mia città.
Mi son svegliato e avevo tanta fame, ma dentro il frigo tuo non c'era niente, mi son voltato e dopo averti vista un'insalata ho preparato. Ne gradisca un po' anche lei!
E insieme al seno tuo ci voglio fare un'insalata con un po' di fieno
E mi è stato risposto non farla perché una mucca potrebbe morire per te
e mi è stato risposto non farla perché una mucca potrebbe morire per te
E immaginarti nuda e senza seno mi fa morir dal ridere amor mio e voglio fare un'insalata con quello che ti ho tagliato, mista a un po' del cuore mio
E immaginarti nuda e senza seno, sapessi che delizia amore mio e non ti impressionare per il sale, brucerà solo un pochino ma non fa poi tanto male.
E insieme al seno tuo ci voglio fare un'insalata con un po' di fieno
E mi è stato risposto non farla perché una mucca potrebbe morire per te
e mi è stato risposto non farla perché una mucca potrebbe morire per te
E ridi ridi amor di quel che dico non ti puoi immaginare quant'e' vero, perché mi vedi buono e remissivo, ma il pensiero mio più vivo guarda, non lo saprai mai.
E all'insalata fatta col tuo seno ci voglio aggiungere un po' di cervello, ma il tuo, scusa e arrabbiati con dio, non mi sembra del piu' bello e ce ne aggiungo un po' del mio.
E insieme al seno tuo ci voglio fare un'insalata con un po' di fieno
E mi è stato risposto non farla perché una mucca potrebbe morire per te
e mi è stato risposto non farla perché una mucca potrebbe morire per te
Si parla di una ragazza, lei lo deride, lui fa riferimenti al cervello "piccolo", lei ha un grosso seno... Una vicenda che potrebbe essere personale, ma in ogni caso precisa, viene proiettata, nell'immaginazione (o nella sfera onirica), viene distorta in questa immagine che la vede nuda e senza seno. Ma in questa visione immaginifica, se lui le tagliasse il seno, lei (la mucca dal grosso seno) morirebbe.
"La pazienza" è un altro brano strutturalmente semplice, quasi una fiaba, che ci narra della pazienza vista non come una virtù, ma come il rimandare azioni decisive ed importanti, per una debolezza che limita la vita, fino magari a ritrovarsi vecchi senza avere veramente vissuto, ponendoci in un eterno "aspettando Godot".
E così cade il sole migliore e il tramonto sbiadito che resta ha negli occhi la luce modesta del centro fallito che non tornerà
L'hai fallito perché la pazienza sorridendo ti invita a servirla, tu la servi e dovresti tradirla, non so se capisci, fai schifo e pietà.
Vuoi punirti e fai l'ultima festa, vuoi che vengano amici e parenti e un sicario che stringa nei denti pugnali di gemme e di serenità.
Li saluti cercando curioso - oh! - finalmente l'atteso invitato - Dio! - lo guardi anche lui ti ha guardato, è la vecchia pazienza che ti ammazzerà
Sei scioccato ma dici ai tuoi occhi, no da lei non mi lascio fregare, io che ho scelto di farmi ammazzare per farle capire che non vincerà.
Ma lei furba ti invita a ballare, tu la stringi e ti senti morire, lei sorride ti infilza e ti dice: volevi tradire, fai schifo e pietà
E così la pazienza ha finito e tu invece sei un vecchio che resta e hai negli occhi la luce modesta del centro fallito che non tornerà
"Sono contento di voi", confronta i problemi veri o presunti dell'attualità, con la visione che se ne avrà da anziani.
Sono contento di voi che mi aprite la porta, sono contento di voi che allungate la mano, sono contento di voi che mi offrite la cena, sono contento di voi che richiudete piano.
lo sono anche di voi che mi scavate il sangue, lo sono anche di voi che volete asciugare, lo sono anche di voi che mi rifate nuovo, lo sono anche di voi che tornate a bagnare.
E pensare che quando vecchi parleremo, le battaglie, i premi e le viltà saranno dei ricordi e l'età che va e non domanda mai l'ora di libertà da te, da giochi e guai.
Forse la volontà di lavorare insieme, forse la volontà di avere una famiglia, forse la novità che potete baciare, forse la novità che sapete aiutare.
Ma son contento di voi che mi state vicino, sono contento di voi che siete nuovi amici, sono contento di voi che mi fate lottare, sono contento di voi perché siete felici.
E pensare che quando vecchi ci vedremo le condanne, i patti e le bontà saranno dei ricordi e l'età che va e non regala mai l'ora di libertà da te, da giochi e guai.
L'ultimo brano è "L'amicizia", che ci lascia con una malinconia per la vita, per le esperienze che segnano, le delusioni e la ricerca di un amore.
Come farai a parlare di bontà del tuo lavoro, come farai a parlare di te che tremi e sudi, come farai a credere negli altri, che desideri ammazzare se non ti dicono "bravo".
Come farai a rubare il sole che era tuo e come farai a non essere doppio nella tua persona di uomo che vive e di amante.
Come farai a regalare tutto, se con l'età ti uccideranno l'amicizia, che dell'anno che va è la stagione piu' bella, ha la luce di una stella che non muore e vorresti fosse lei l'amore, ma il tempo che passa porta guerra e falsità e l'amicizia non potrà camminare sotto braccio coi discorsi fastidiosi che due sposi devono dire per partire lontano
stringendosi la mano nella mano e dentro una bugia.
Come farai a unire questi amori che non troverai mai insieme, come farai.
L'esordio di Alberto Fortis è stato un album importante per l'evoluzione della musica cantautorale in Italia: ha presentato una nuova ed importante interpretazione della musica d'autore, liberata dalla staticità di alcune formule precedenti e da alcune retoriche formali. Tra le chiavi utilizzate sottolineerei l'ironia, la forza dirempente di alcuni testi e la sterzata nello stile musicale, rispetto a molte proposte dell'epoca.
Tecnicamente ben registrato, la voce di Fortis risalta in tutta la sua grinta e la PFM suona al meglio.
Segnalazione finale per la copertina, attuale e colorata, in cui troviamo Alberto che versa il caffè a se stesso e alla band della Premiata Forneria Marconi.
Alberto Fortis
Alberto Fortis
Genere: Cantautorale
Brani:
- 1) A voi romani (03:20)
- 2) Milano e Vincenzo (03:20)
- 3) Il Duomo di notte (04:00)
- 4) In soffitta (02:25)
- 5) La sedia di lillà (05:12)
- 6) Nuda e senza seno (03:45)
- 7) La pazienza (03:00)
- 8) Sono contento di voi (04:00)
- 9) L'amicizia (03:50)