Pippo Pollina

Caffè Caflish

Recensione
Pubblicato il 26/03/2009
Voto: 8/10

Caffè Caflisch: un disco scritto col cuore ma soprattutto con la testa

Fino all’ascolto di questo disco non so bene perché, ma non mi ero mai interessato alla musica di Pippo Pollina, ne avevo già sentito parlare, però ignoravo che avesse alle spalle ben 15 album, che fosse stato impegnato negli anni ’80 nell’allora nascente movimento antimafia, collaborando con il mensile catanese “I siciliani” fino all’uccisione, da parte di Cosa Nostra, del suo direttore storico Giuseppe Fava, che avesse poi fondato gli Agricantus e dopo circa 6 anni di intensa attività musicale nel 1985 avesse abbandonato l’Italia per approdare, dopo un lungo vagabondaggio per l’Europa, nella vicina Svizzera, dove tuttora vive a Zurigo ed in cui ha poi realizzato negli anni a seguire quanto da lui prodotto fino ad ora.

Quindi si può ben dire che ho ascoltato il disco scevro da qualsiasi influenza mediatica, tra l’altro non conoscendo minimamente neppure il coautore dell’intero lavoro, cioè lo scrittore e musicista per ragazzi grigionese Linard Bardill, primo scopritore dello stesso Pollina nel lontano 1987 quando si accorse del talento dimostrato in un’esibizione di strada di un giovane migrante italiano: si trattava di Pippo Pollina.

E proprio i migranti ha per oggetto il sottotitolo “Canzoni di amanti e migranti”di questo disco a quattro mani, che prende invece il nome da uno storico caffè palermitano che pare, secondo leggenda, fosse luogo di ritrovo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa e che proprio lì avesse preso forma buona parte del suo celebre romanzo “Il Gattopardo”.

In quello stesso bar, fondato nell’ottocento dalla famiglia grigionese Caflish, andava spesso negli anni settanta il giovane Pollina, senza sapere che un giorno, dopo tanto peregrinare, avrebbe conosciuto Linard Bardill, originario come i Caflish della stessa vallata dei Grigioni, iniziando una lunga amicizia e collaborazione artistica che culmina in questo disco che mette insieme, in un lavoro strettamente tematico, sei brani di Pollina e sei brani di Bardill, nati da un ragionare sul tema delle sofferenze, delle speranze e delle illusioni di tanti migranti che come riportato nel libretto, “hanno solcato il mondo con valige di cartone e chiuse da uno spago sottile, a bordo di una nave improbabile e riboccante, sui sogni di un avvenire più roseo e di una vita da mordere tra speranze e disperazioni”.

Il disco nel suo complesso sa molto di Mitteleuropa con il suo alternarsi di lingue italiana, tedesca e romancia e sonorità tipiche delle ballate centro-europee, con una certa nostalgia di fondo per gli anni ’70 e per il proprio passato in generale.

Il disco comincia con un brano di Bardill dal titolo “Wenn i gohn” (quando me ne andrò) che si apre con note che ricordano vagamente l’intro di Jump dei Van Halen per poi procedere però pacatamente come lo scorrere placido di un fiume di pianura, in una sorta di rassegnatezza al proprio destino di migrante “ Quando me ne andrò fischierà il vento sulle colline / quando me ne andrò sarà l’ultimo pezzo di pane / nessuno capirà e sette sigilli / avrà il libro dove è scritto il mio nome”.

Uno splendido organo che si intreccia con una chitarra acustica apre “Caffè Caflisch” bella ballata scritta e musicata da Pollina, che focalizza la migrazione di una famiglia grigionese nella difficile Sicilia di una Palermo ottocentesca, si tratta della famiglia Caflisch che porterà lì le tradizioni grigionesi con il pensiero, però sempre rivolto alla propria terra “Ma a volte una malinconia, un dolore strano, non lo so… / come una sorta di magia, chissà se un giorno tornerò? / E penso alla luce e al fragore del sole sulle alpi / i boschi antichi del Grigione e il sole batte forte i colpi”.

Segue “Uf un furt” (In piedi e via), una malinconica ballata di Bardill dal testo grondante poesia che inizia così “Il merlo canta sul vecchio frassino / una giovane primavera fischietta nel vento / L’aria è pulita come un candido lenzuolo bianco / e per le strade gridano i bambini” fino ai versi di chiusura “Meraviglie crescono dai campi di nuvole / al suolo si resta impietriti, tesoro mio / ci sono vitelli che si scelgono il loro macellaio / io mi metto in cammino e volo via”.

A songwriter in New York” è uno slow con pianoforte in evidenza, batteria spazzolata ed il sax a tracciar nell’aria intriganti evoluzioni, per un testo scritto a quattro mani da Pollina e Bardill e che tratta l’esperienza da musicista in New York in un alternarsi di lingue tra italiano, inglese e romancio, belle le immagini “e tu mi domandi / chi sono / da dove vengo / che cosa farò / non importa / si trova sempre una strada / si inventa una storia / questo è il mio mestiere / ed ogni medaglia / ha sempre due lati / un bacio la sera / l’indomani una lama / la vita è un trailer / molto troppo corto / raccogli la notte / solo lei è infinita”.

“En Leopard im Kaffi” (Il Gattopardo al Caffè) è un palese omaggio di Bardill al protagonista del celebre romanzo di Tomasi di Lampedusa, una ballata molto ispirata, basta ascoltare i versi finali “Vorrei di nuovo coltivare le ore / e di nuovo falciare le preoccupazioni / e pronunciare ancora la parola libertà / Libertà / e avere un posto dove i miei desideri danzano fino allo sfinimento / un posto dove i miei sogni si allungano all’infinito / un posto dove le mille cose che ho in testa / fanno una pausa da sé stesse”.

Decisamente rock e di quel rock anni settanta è appunto “Anni settanta”, un nostalgico elenco di elementi degli anni ’70 ora mancanti e che fanno desiderare a Pollina di rivivere quegli anni, tra le tante assenze mi piace citare il passo “Ridatemi Fellini e il calcio totale / rivoglio Pasolini ed uno straccio d’ideale”.

Lampedusa” di Bardill è invece un brano cupo, duro a partire dai suoni gutturali del suo cantare in tedesco fino a quelli delle chitarre elettriche e le relative distorsioni, perfetta per il tema eterno della stupidità umana mai stanca di creare assurde ingiustizie “Mentre gli uni giocavano a fare i diplomatici / e sotto il tavolo si facevano “piedino” / mentre gli uni dall’ingordigia / dimenticavano cosa vuol dire mangiare / mentre gli uni dei loro stupidi problemi di lusso / ne facevano un problema di tutti / e piegavano l’intero mondo / alla loro logica di potere / gli altri affogavano come ratti nel mare”.

Un pianoforte angosciante apre “Grida no”, un forte e martellante appello a gridare no alle ingiustizie dettate dalla società in cui viviamo perché, canta Pollina, “Se politici e corrotti sia di destra che sinistra / delinquenti e poi mafiosi, ladri e malavitosi / han buttato sto paese nella polvere e nel fango: / Io non scappo, lotto e rimango, grido no!”.

“Los bueb” (Ascolta ragazzo) è caratterizzato da un ritmo sincopato tracciato dall’organo, ha un’atmosfera un po’ magica ed un po’ misteriosa, è una canzone che racconta del dialogo tra un padre ed un figlio, invitato a superare regni di gnomi e di giganti fino a quando ormai grande si troverà da solo a percorrere la propria esistenza “Sei solo figlio mio, tu solo / in quel momento non ti chiedi più se ne valeva la pena / vai avanti e basta / ciao ragazzo mio / ci si trova sempre un passo più avanti di quanto si creda”.

Dolce e tenera canzone d’amore, di quelle nate probabilmente alla chitarra in una triste sera in cui manca l'amore, “Ciao bella ciao” ci parla di chi sta per abbandonare la donna amata per partire per un viaggio della speranza cha sa cosa lascerà, ma non cosa troverà “Ciao bella ciao / Ti penserò / In questo viaggio che mi aspetta e che non so / In questo tempo che confonde e che non dice / Quello che nutre nel suo grembo meretrice / Nella girandola di un sogno che seduce”.

Con “Rosegarte” Bardill ci parla con dolcezza, con una melodia sorretta dal pianoforte, di come la vita di ogni giorno ci assorba a tal punto da farci dimenticare i nostri progetti e i nostri sogni “Ora che abbiamo questo giardino abbiamo un sacco di cose da fare / togliamo le erbacce, sudiamo, corriamo come i matti, siamo in stress totale / cambiamo i pannolini dei nostri piccoli e proviamo a guadagnarci la vita / e nel realizzare questo sogno abbiamo finito per dimenticarlo”.

Chiude l’intero lavoro “Ci sarà”, canzone piena di speranza, quella un giorno di poter tornare dal lungo viaggio intrapreso e ritrovare il proprio amore, canzone che si chiude con queste belle parole “E tu amore mio / tu non dimenticare / perché per sempre io sarò / nel tuo giardino un albero / nella tua pioggia il sole / Ci sarà il coraggio, sì ci sarà / Sarà dura ma si vedrà / E’ forte la speranza / e non è mai abbastanza” su un assolo di chitarra elettrica.

E’ quindi un bel disco questo lavoro a quattro mani, che sa coniugare stili diversi, che tiene conto di come una delle realtà più forti e presenti di questa nostra società sia proprio la precarietà dell’esistere, la difficoltà di restare a vivere dove si è nati con il conseguente strappo dalle proprie abitudini e dai propri affetti.

Un disco scritto con il cuore ma soprattutto con la testa.

Pippo Pollina - Caffè Caflish

Pippo Pollina

Caffè Caflish

Cd, 2008, Storie di note Egea
Genere: Cantautorale

Brani:

  • 1) Wenn i gohn
  • 2) Caffè Caflisch
  • 3) Uf und furt
  • 4) A songwriter in New York
  • 5) En Leopard im Kaffi
  • 6) Anni settanta
  • 7) Lampedusa
  • 8) Grida no
  • 9) Los Bueb
  • 10) Ciao bella ciao
  • 11) Rosegarte
  • 12) Ci sarà

Informazioni tratte dal disco

Pippo Pollina: voce, chitarra e produzione
Linard Bardill: voce e produzione
Michael Chylewsky: basso
Simon Kistler: batteria
Johannes Barnikel: piano e tromba
Laura Endres: organo
Jean Pierra Von Dach: chitarra
Thomas Fessier: chitarra, basso, registrazione e produzione
Dimitrowitsch: programmatore organo

Musiche e testi di Pippo Pollina e Linard Bardill
Mixaggio e masterizzazione: Olli Bosch

Note

Disco realizzato con Linard Bardill

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