Dark Lunacy
Weaver Of Forgotten
Sono passati ben quattro anni dalla loro ultima pubblicazione dal titolo The Diarist, ma ecco che i Dark Lunacy da Parma si rifanno vivi con un nuovo lavoro. Di tempo ne è passato ed alcuni sconvolgimenti di formazione hanno fatto sì che Mike Lunacy si ritrovasse da solo a ricostruire completamente la band, avvalendosi di nuovi membri. Certo che il nostro vocalist non si è affatto risparmiato giacché alla batteria ed alla chitarra troviamo Alessandro Vagnoni e Daniele Galassi rispettivamente, entrambi provenienti dagli Infernal Poetry ed al basso Andy Marchini, proveniente dai Sadist. Una scelta azzeccatissima per una band che neanche troppo lentamente sta guadagnando visibilità nel panorama internazionale, e con merito!
Weaver Of Forgotten è il nome della nuova pubblicazione ed essa si snoda su una sorta di concept legato alla vita oltre alla morte ed al ricordo dei defunti. Un lavoro molto intimo, in ricordo dei nostri cari scomparsi. La musica che i nostri compositori ci propongono è anch’essa molto più cadenzata e cupa, tuttavia senza andare a gettarsi a capofitto nel gothic più scontato. Una delle caratteristiche che resero questo gruppo celebre fu senz’altro la spiccata originalità, unita al buon gusto nel miscelare atmosfere oscure a partiture death metal ed anche in questo nuovo capitolo non si esula da tali stili. Ne è un esempio Epitaph, introduzione strumentale a base di flauto e violoncelli che caratterizzano immediatamente un’atmosfera elegante ma cupa, anche grazie a vocalizzi sussurrati per la gran parte della durata della seguente Archangel'sk, canzone dalla struttura doom e dal groove carico di feeling sul quale la band lavora per incastrare sapientemente le giuste melodie. Esse non risultano mai esageratamente barocche, conservando sempre quell’intimità degna di una preghiera rivolta ai nostri cari defunti.
Si prosegue con alcune tra le atmosfere più cupe e penetranti che potrete trovare su disco grazie alla fantastica Curtains, rocciosa nella struttura, struggente in occasione delle melodie. Assolutamente da citare l’ottima fusione di chitarra classica in un contesto più orientato al doom, la quale aggiunge pathos ad un piccolo capolavoro di pura decadenza. Leggermente più grintosa e marziale nel riffing la successiva Epiclesis anche se i caratteristici intermezzi doom non vengono mai abbandonati siccome rappresentano le occasioni migliori per dare il giusto risalto alle tastiere o al solismo malinconico delle chitarre, riuscendo ancora una volta a trasmetterci grandi sensazioni. Un gusto tipicamente classico accompagna Masquerade per tutta la su durata ed il susseguirsi di riffs dal retrogusto progressive non fa altro che sposarsi alla perfezione, prima di un finale in crescendo in termini di melodie drammatiche e cariche di emozioni. Afraid è un lugubre intermezzo a base di pianti di una ragazza ad introdurci nel growl possente di Mike e le partiture martellanti di doppia cassa in Mood, pezzo molto più diretto dei suoi predecessori anche se sporadicamente le melodie degli archi si fanno notare per aggiungere il tocco caratteristico dei Dark Lunacy.
Ci avviciniamo velocemente alla fine di questo concept con le atmosfere di Sybir, intente nel ricreare musicalmente lo scenario gelato delle sconfinate e solitarie lande Russe. Lente partiture a base di arpeggi con sottofondo tastieristico si alternano a ripartenze massicce a voler ricreare l’asprezza di quel territorio, unita alla sensazione del trapasso fisico di un essere umano. Snow rievoca una nevicata notturna e la musica ne segue le sensazioni, grazie a tempi molto lenti e riffs distesi, con grande risalto donato alle note strazianti delle linee soliste di chitarra per proseguire con il riffing nuovamente più marziale di Forgotten, ad accompagnare atmosfere che si destreggiano molto bene tra veloci ripartenze a base di battiti marziali e cadute nel doom più classico con le solite influenze tratte dal death melodico ma rivedute completamente nell’ottica originalissima del combo Parmigiano. Presto si arriva al termine di questo viaggio di ricordi con Weaver, outro composta solamente da una frase di saluto in inglese in un’atmosfera cupa che si mantiene sino alla fine di questo Weaver of Forgotten.
Ottimo ritorno ad opera dei “dramatic death metallers” per eccellenza, a conferma ulteriore della loro capacità di creare qualcosa di veramente coinvolgente in un panorama ormai stanco e stantio. Certo è che una nostrana all stars line-up di questo calibro non avrebbe potuto deludere.
Dark Lunacy
Weaver Of Forgotten
Brani:
- 1) Epitaph (00:38)
- 2) Archangel'sk (05:26)
- 3) Curtains (05:55)
- 4) Epiclesis (05:54)
- 5) Masquerade (05:46)
- 6) Afraid (00:54)
- 7) Mood (04:46)
- 8) Sybir (04:54)
- 9) Snow (05:33)
- 10) Forgotten (05:52)
- 11) Weaver (00:17)