Brunori S.A.S
Vol 2: Poveri cristi
Ripercorriamo insieme il nuovo lavoro di uno dei nomi emergenti del nuovo cantautorato italiano. Brunori SAS, dopo aver dato alla luce l’album d’esordio Vol. Uno con una schiettezza degna di ogni sano umile presuntuoso, ora mette in fila un’ altra gemma di stile e arguzia. Un segnale forte e chiaro per chi avesse ancora dubbi sulla portata del suo progetto.
Come sempre in questi casi si sprecano i paragoni e le assonanze con questo e quell’altro maestro italiano e non … A dire il vero il punto è proprio questo: se fossimo di fronte ad un disco di anglosassone concezione ci spelleremo prima le mani per applaudire (per primi e più forte degli altri) al nuovo miracolo musicale, e poi passeremo ad affossarlo alla prima occasione utile! Il confine tra plagio (connotazione negativa) e citazionismo (connotazione positiva se appropriata e misurata) è molto labile nel mondo della critica musicale.
In Vol.2: Poveri cristi la citazione non solo è ragionata, ma direi fortemente voluta! Anzi direi che ogni sfumatura sia stata studiata nel minimo particolare con la consapevolezza di ottenere proprio quell’effetto invecchiato in mostra già dalla copertina. L’immagine che ci restituisce è proprio quella di sfogliare un vecchio album di calcio della Panini…
Ed è questa la forza del disco! Lo studio e la ricerca minuziosa e puntuale di ogni aspetto volto a ricreare una determinata sensazione. E’ come dire che nell’arte un neoclassico è troppo classico o un manierista troppo tecnico. La tensione tra regola e licenza è la base stessa del loro linguaggio. Trovo perciò superfluo e pretestuoso stupirsi di fronte ad un disco che ripercorre le trame del nostro passato più nobile. Un album che vuole ricreare quadretti di vita, visti oggi come involontariamente surreali, ma che suona vintage per sua legittima aspirazione … O forse il tessuto connettivo sociale reale in cui si è immerso per anni Brunori è più demodé di qualsiasi tentativo evocativo?
Pronti via e subito d’infilata abbiamo un bello spaccato delle nostre radici musicali. Con Il giovane Mario si batte la strada della sottile denuncia sociale fatta di rime salate e ritornelli infarciti di sapida ironia. L’aria che si respira è quella di uno psycho melodramma di verghiana memoria. Chiare le influenze di maestri conterranei. Si passa a Lei, lui Firenze un pezzo controcorrente per i temi trattati, proprio perché posata su una storia d’amore finita e non sbocciata con un andamento soave e non urlato come si conviene ad una ballata dai tratti accorati. Rosa ha un tiro fortemente battistiano, finemente sagace, ma con un’anima più cruda … sconosciuta al genio romano. Il brano si distingue per un incedere brillante e appassionante che si conclude in amara beffa assordante come nella miglior tradizione dell’ormai riscoperto Rino Gaetano.
Da qui in poi l’album accelera il suo effetto celebrativo sulla falsa riga di un Silvestri d’annata, tinto qua e là da arrangiamenti ricercati, ma strutturalmente essenziali. Arpeggi dai richiami british e ricami dall’aria incantevole, alternati a riff graffianti e immagini cinematografiche da “La classe operaia va in paradiso” . Il suo sorriso è l’ennesima canzonatura in salsa Mogol-Battisti, questa volta anche a parole. Il tema del tradimento tra lui, lei e l’altro diventa in questo caso farsa se quello là è il tuo migliore amico. E cosa dire di Bruno mio dove sei che tratta il tema della morte con un fare e un piglio ritmico alla Vasco degli esordi. La ricerca del particolare permette, con lo stesso sarcasmo e innato orgoglio, di dire senza pronunciare mai la “parola”. Un concetto di felicità semplice, ma esauriente. Una confessione tardiva tra nostalgia e rimorso.
Non si poteva dare alle stampe questo lavoro se prima non si fosse ceduto al tema che poi in fondo sta a cuore un po’ a tutti. Una dichiarazione d’amore sofferta, ma sentita; uno schiaffo che diventa carezza per la persona motore della propria esistenza.
Con Tre capelli sul Como’ e Fra milioni di stelle si raggiunge la serenità celestiale tra esili composizioni di chitarra e piano dai contorni indie pop. E se non fosse per la voce grattugiata e “sporca” che riappare di tanto in tanto, per un attimo si potrebbe intendere di ascoltare Cremonini invece di Gaetano. I temi si dissolvono tra disillusione e passione, tra l’amore della vita e la vita in passione!
Chiudiamo dicendo che l’ironia sottile, ma amara e spietata ricorda da vicino la stessa vocazione del nostro Albertone nel cinema … Si reagisce con un sorriso (o un ghigno) alla vita e alle sue degenerazioni, tanto alle sventure quanto alle gioie. Spesso nei testi delle canzoni si guarda con taglio neorealista agli ultimi o forse ai primi che incontriamo nella vita reale di tutti i giorni. Storie di un passato tornato presente … strimpellate con la chitarra, ma partorite con la pancia.
Si capisce che Dario deve aver assimilato nella sua vita molta cultura popolare e masticato tanto vinile. Trovare qualcuno che ascolta, prima di parlare e gridare, non è cosa da poco al giorno d’oggi; dove tutti hanno voglia di dire, ma nessuno ha la forza di mettersi in attesa. Insomma si canta, si suona, si scherza e si riflette … Persino si balla! E a volte ci si appassiona … ma alla fine sono fortunatamente ( e giustamente) … solo canzonette!!!
Brunori S.A.S
Vol 2: Poveri cristi
Genere: Cantautorale , Pop , Pop
Brani:
- 1) Il giovane Mario
- 2) Lei, lui, Firenze
- 3) Rosa
- 4) Una domenica notte
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5)
Il suo sorriso con Dente
- 6) La mosca
- 7) Bruno mio dove sei
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8)
Animal colletti con Dimartino
- 9) Tre capelli sul comò
- 10) Fra milioni di stelle
Informazioni tratte dal disco
Label: Picicca
Line-up: Dario Brunori, Simona Marrazzo, Mirko Onofrio, Dario Della Rossa, Massimo Palermo, Stefano Amato