Maurizio Geri
Ancora un ballo
Ricercatezza ed eleganza sono indubbiamente i segni distintivi di questo nuovo lavoro di Maurizio Geri, è come se dai solchi di questo disco (anche se in questo mondo digitale ormai non esistono più), che anche esteticamente rimanda ai vecchi dischi in vinile, trasudasse tutto il lavoro accurato di ricerca dei giusti accordi, di levigatura delle orchestrazioni, di limatura dei testi teso ad una perfezione sempre distante, mai pienamente appagante, come canta lo stesso Geri “La ricerca di dell’accordo scaramantico Su di un testo che è già poco semantico / Soddisfazione ti darà? mhhh”.
Penso che sia davvero tanto il lavoro che sta dietro ad un disco di questo genere, perché è evidente la ricerca quasi esasperata di rendere sonorità ed atmosfere del passato, persino l’aspetto grafico ne evoca ambienti e luoghi passati anche grazie alle tonalità seppiate delle foto che ritraggono i protagonisti del disco in ambienti retrò.
Ma veniamo alla musica, perché lì è racchiusa l’essenza di questo bel disco, a partire dall’introduttiva “Ancora un ballo”, con il suo ritmo frenetico che farebbe muovere i piedi a chiunque colorato dalle percussioni e con un superbo clarinetto di Nico Gori, il testo è affascinante “Scusami, se ho cavalcato un onda anomala / Capita, di rotolare in una favola / Ah… quante corriere che non fermano più / Vieni che c’è ancora tempo / di incrociare i passi in un tango blu”.
Sinuosa e suadente la successiva “Il Bianco” che vede duettare Maurizio con Gianmaria Testa, con il nostalgico suono del quartetto d’archi Archaea per narrare il ripetersi di notti circensi “Poi d’improvviso la gente d’intorno / La pista rotonda s’illumina a giorno / Ecco le facce imbiancate / e tristi dei principi delle risate”.
Magnifica ed impeccabile è “Goodies vai” che potrebbe essere benissimo suonata da un ispirato Paolo Conte accompagnato da una delle sue famose formazioni, è equilibratissima in ogni suo componente, ha un’accurata orchestrazione della sezione fiati, cori precisi e misurati ed un testo davvero ricercato “Strade che han visto scarpe di coccodrillo correre via / Occhi che han visto fossi dove si stempera l’allegria / Spalle dov’è rimasta impressala storia come una voglia / Rosso perché il tramonto dà un’emozione che non si sbroglia”.
Toni più riflessivi e malinconici sono quelli di “Il giocatore di Scansano”, le sonorità sono più notturne da bisca clandestina e con testi ancora una volta inusuali che qui alternano l’uso dell’italiano all’inglese “I go but to bed, I bought a godd plaid / Se non vinco mi ritiro / E fra sogni dissonanti e chitarre sferraglianti / Questa notte passerò / E’ di sponda l’ottavina, è di croma la terzina / Un duino non ce l’ho / I go but to bed, mi vesto da Fred / Poi con Ginger faccio un giro / E in balere scalcinate con signore sincopate / Questa notte tenterò / Fra chi suona l’ottavino chi si beve un morellino / Quattro passi di fox-trot”.
Da una radio a valvole sembrano uscire le note e i versi introduttivi di “La rossa”, prima lenta quasi tenuta a freno per poi partire con un ritmo swingato che potrebbe ricordare le musiche di Bix Beiderbecke con tanto anche di coretti qua e là, è un tuffo nel passato, così come ad un tuffo in pista alla conquista di una rossa, sembra pensare l’indeciso protagonista “Unica in mezzo alle altre (Ollalà la rouge!) le altre che aspettano là / Vittime della mancanza di qualità / Ma verrà il giorno quel giorno, che non la lascio più sola / Sarà per lei il primo bacio, e l’ultimo vanto della mia gola”.
“Ribot” è dedicata all’omonimo cavallo da corsa purosangue inglese, grande protagonista delle piste negli anni ’50, è lenta, ispirata e vede la partecipazione anche della cantante Alice Sobrero, sempre poetici e fini i testi “il piombo un sughero, un sughero nel mare / il fango affonda, affonda lo stivale / otto lunghezze e posso rallentare”.
Dedicata all’amico Michele Langella, morto di un grave male, è “Segni di noi” riflessiva canzone sorretta solo dalla chitarra classica suonata dallo stesso Geri, il pianoforte di Stefano Melone ed il contrabbasso di Nicola Vernuccio che recita sommessa “Corre veloce il tempo / Non è tempo, non più ora / Batte più lento il cuore / E il coraggio non basta ancora / Per salire con gli angeli / Con gli angeli senza piume / E stringere le parole / Che scivolano sul fiume”.
Brevissimo l’intermezzo musicale “Aperitivo”, dura giusto il tempo di uno stuzzicante aperitivo e riporta una brezza di levità.
Con “Grand Hotel” si torna allo swing, lieve ballabile a tratti scoppiettante una delizia per le orecchie ed i testi sempre all’altezza “Balenano gli sguardi aristocratici / Di manequin allevate a pan carrè / Si incrociano meticci i companatici / Miscugli prevedibili e baci commestibili / Sospira Babilonia al Grand Hotel”.
La musica cambia improvvisamente registro, si fa distesa, ci troviamo ad ascoltare una tipica canzone da stornellatori dal titolo “A passo lento”, che presenta un testo di Mario Andreini che andrebbe riportato tutto, ma mi limito alla chiosa “Peggior dolor non c’è che del piacere / Desiderarlo e non poterlo avere” che vale l’intero brano.
Il disco si chiude ufficialmente con “Porto Pamo”, un altro swing che per stile e tema potrebbe essere benissimo suonato da un’orchestra su una nave da crociera “Adieu campanile non ci mancherà la mezzanotte / Non ci abborderanno le sirene son distratte / Scarpe alla civile su cambuse galeotte / In questo oltremare elettrico d’oriente / Mezzi marinai o mezzi nodi alle cravatte”, con il ritornello cantato anche in francese.
Dopo un lungo silenzio ecco però una ghost-track, “La partenza”, una canzone tratta dal repertorio tradizionale del trallalero genovese.
Ora è davvero tutto, per questo disco di ottima fattura che ci riporta prevalentemente ad un genere, lo swing, sicuramente poco affrontato (di recente mi sovviene solo il bel disco “Anni Ruggenti” di Marco Ongaro) e quindi per questo ancora più apprezzabile.
Maurizio Geri
Ancora un ballo
Genere: Swing
Brani:
- 1) Ancora un ballo
- 2) Il Bianco
- 3) Goodies vai
- 4) Il giocatore di Scansano
- 5) La rossa
- 6) Ribot
- 7) Segni di noi
- 8) Aperitivo
- 9) Grand Hotel
- 10) A passo lento
- 11) Porto Alamo
-
12)
La partenza ghost track
Informazioni tratte dal disco
Maurizio Geri (voce,chitarra)
Nico Gori (clarinetto)
Ruben Chaviano Fabian (violino)
Michele Marini (clarinetto, alto, tenore)
Roberto Rossi (trombone)
Stefano Melone (tastiere, marimba)
Paolo Ghetti (contrabbasso)
Ellade Bandini (batteria)
Claudia Tellini (voce)
Alice Sobrero (voce).
Ospiti
GianMaria Testa (voce ne "Il bianco"); Roberto Melone (basso acustico); Cristiano Pacini (sax soprano); Valerio Perla (batà); Nicola Vernuccio (contrabbasso): Quartetto d'archi Archeae; Dario Cecchini (sax alto), Claudio Carboni (sax tenore); Stefano Scalzi (trombone); Luca Marianini (tromba, flicorno)
Tutti i brani sono scritti da Maurizio Geri (“Ribot” con il contributo di Giuseppe Bruni e Alice Sobrero, “A passo lento” testo di Mario Andreini; “La partenza” è tratta dal repertorio tradizionale del trallallero genovese).