Marco Ongaro
Voce
Attenzione, Signori: cantautori così non se ne fanno più purtroppo. L'istrionico Marco Ongaro, fu Tazio, classe '56, è un vero artigiano del verso e da qualche decennio oramai, per sfortuna troppo pochi lo sanno. Certo è anche molto altro, ma di questo non ci occuperemo. Indubbiamente sono convinto che nei suoi dischi, la confezione musicale fornita dagli occasionali accompagnatori non sempre è riuscita a rappresentare appieno l'arte della sua parola, con qualche eccezione, “Archivio Postumia/Eptalogia”, “Canzoni per Adulti” o anche "Lasciatemi Vivere" e "Shakespeariana" (rispettivamente a nome delle interpreti concittadine Grazia de Marchi e Giuliana Bergamaschi). Sarà che gli anni '80 erano oramai per la canzone d'autore, tempi in caduta libera e bisognava afferrare al volo le (poche) occasioni che capitavano. Ongaro è stato sempre un autore molto prolifico, già all'epoca del suo esordio discografico nel 1987 (Targa Tenco per l'opera prima). aveva in saccoccia centinaia di canzoni, (una più intensa dell'altra e che non vedranno mai la luce...ahimè!) e pure una solida reputazione in ambito veronese, grazie ad una decina di edizioni di un prezioso "Concerto di Primavera", appuntamento fisso annuale che rendeva conto ogni volta delle nuove, composte nel frattempo. Ma tutto questo è acqua passata come è acqua passata il rito di ascoltare in silenzio una dozzina di canzoni suonate a trentatré giri da una puntina in un solco di vinile nero, con in mano una copertina grande, dipinta e una busta interna con sopra scritti tutti i testi. Scusate la botta di nostalgia, ma è in sintonia con la poetica del personaggio ("Ciò che è perduto non torna/ciò che ritorna è peggiore/serve a salvare la forma/un po' di stupore").
"Voce" è il suo nono disco e per la prima volta è un album in totale solitudine. Per una parte delle canzoni, Ongaro torna alla chitarra acustica e all'armonica a bocca come agli inizi della sua carriera, forse un omaggio al suo amore giovanile per Bob Dylan. Della bellezza e del tempo si parla in queste canzoni. E delle solite bugie. Ancora una volta si tratta di pezzi composti in momenti diversi, anche molto lontani tra loro. Più in chiusura, la ripresa in italiano dell'Hallelujah del compianto Leonard Cohen, che mi è particolarmente caro, così intriso di richiami biblici e evocazioni erotiche, uniti ai sentimenti contrapposti di ribellione e sottomissione che caratterizzano l'infinita e immutabile lotta che agita l'interiore di ogni essere umano. "Orient Express" rappresenta il viaggio illusorio, il viaggio fine a stesso, si parte, si arriva, poi il treno si volta e si torna, nel frattempo crederemo di confrontarci, ma si resterà solo nei dintorni, nelle periferie della vita degli altri, ci si avvicinerà a qualcuno, ma sempre protetti dal finestrino nel nostro vagone. Ancora "cose che passano, vestiti stretti" come cantava Lolli in un altro Viaggio oramai lontano nel tempo. Curiosamente, l'improvviso verso "Dicembre resterà un mese dell'inverno" mi richiama alla memoria l'altrettanto inaspettato "Les douze mois s'appelaient décembre" che Jacques Brel canta in apertura di Jaurès! Il brano che offre il titolo alla raccolta "Voce" trae origine da una poesia senile di Yiannis Ritsos ("Le poesie che ho vissuto tacendo sul tuo corpo mi chiederanno la loro voce un giorno, quando andrai. Ma io non avrò più voce per ridirle allora") e anch'esso non dice la verità perché il poeta retoricamente lo sta già narrando. "Essi Vivono" è un testo di metà anni novanta, il titolo è preso dal film fanta-horror omonimo del 1988 ad opera di John Howard Carpenter ed è uno dei momenti più intensi dell'intero disco: una canzone sulla bellezza travolgente dell'amore, come sempre oscurata dal velo sottile e impalpabile dell'inquietudine "Si allontanano, si avvicinano, c'è un elastico che li lega, però camminano...nessun filo li può tenere ma si allacciano, quando cercano di fuggire, si riannodano, se si uniscono poche ore, si distaccano...". "Cambierò" infine è la promessa (di "ciampiana" memoria) che, in amore, nessuno potrà mai mantenere ma che bisogna assolutamente fare perché non si può dire la verità, che è l'esatto opposto. Un po' come in "Bird on a Wire". Già, si parla ancora di verità, ma quando è la voce di Ongaro ad intonare le parole, le stelle si mettono sempre d'accordo e ballano anche senza di noi, illanguidite e sdegnose in un cielo illuminato di bugie. Comunque a cantare qualcosa sono rimasti in pochi oramai, forse solo i "classici quattro amici al bar": Marco Ongaro, Max Manfredi, Lorenzo Riccardi, Alessio Lega. Se potete, fermatevi ad ascoltare. Vi conviene!
Marco Ongaro
Voce
Brani:
- 1) Elena
- 2) Essi vivono
- 3) Bionda
- 4) Costi quel che costi
- 5) Orient express
- 6) Tutto relativo
- 7) C'era un ragazzo ora non c'è
- 8) Il verbo "era"
- 9) Cambierò
- 10) Voce
- 11) Alleluia
Informazioni tratte dal disco
Pianoforte, chitarra armonica e voce: Marco Ongaro
Testi e musiche di Marco Ongaro