Delia Gualtiero

Io

Recensione
Pubblicato il 17/04/2012
Voto: 7.5/10

Due anni, tanti ne trascorrono perché Delia Gualtiero ponga il sigillo a quella che rappresenta una fase cruciale della sua carriera musicale. La difficile rotta nell’insidioso alto mare degli anni’80 con la loro impietosa omologazione sonora sembra trovare un appiglio profetico nel titolo che apre il nuovo parto discografico dell’artista veneta. “Tempi come noi”. Sarà davvero possibile plasmare questo periodo storico a partire da una personalità autentica e spalancata alle più irriducibili aspirazioni dell’umano oppure quel “noi” dovrà rassegnarsi ad essere un surrogato di tempi (come quelli allora in corso) via via sempre più spersonalizzanti?

La risposta è in questo bellissimo disco che – pur differente dal puro condensato di calore sonoro e modernità dell’esordio di tre anni prima – rappresenta il parto doloroso ma felice di una lotta dura ed estenuante con le esasperazioni del sound che gira intorno a quello scorcio di decennio (1985).

Il risultato è un lavoro che prendendo le mosse e sfruttando stratagemmi tecnologici e malizie effettistiche della produzione musicale allora in voga, se ne affranca spostando con eleganza l’attenzione dalla devozione per la forma in uso ad un confronto drammatico tra modernismo e tradizione viva sul terreno della narrazione lirico-musicale.

La scissione del team compositivo dei primi due dischi, con l’eccellente Michelon che esce temporaneamente dalla parabola artistica della nostra, vede un Marco Tansini in veste di polistrumentista prendere il comando delle operazioni sul versante musicale in coabitazione con la stessa Gualtiero in tre brani, mentre Valerio Negrini (storico paroliere dei Pooh) è emissario quasi esclusivo della parte lirica. Alla produzione come sempre Red Canzian mentre alla regia del suono è confermato a pieni voti il bassista Renato Cantele.

L’apertura di “Tempi come noi” rappresenta forse il frutto più maturo e gustoso di questa coabitazione. Su un ritmo cadenzato e svettante - costruito su accordi tesi e vigorosi - si erge il cantato radioso di Delia che pennella un bravo positivo, brillante e intervallato dai vivaci inserti fiatistici di Demo Morselli.

Il brano viene presentato al consueto appuntamento della Mostra di Venezia da una Delia che – in sintonia con la vena felice e autorevole del brano – sfoggia un look sfavillante che ne esalta la naturale eleganza di portamento.

Gente normale” è la classica ballad a lievitazione lenta che ruota attorno ad uno dei protagonisti sonori degli anni ’80 - il DX7 Yamaha in veste di rigido replicante del piano elettrico Fender Rhodes - per un brano che si sviluppa con maestria nell’irresistibile abbraccio melodico del chorus e in una sorta di gospel autoctono quale bellissima variazione finale.

Da par suo il passo regolare del singolo “Di quale amore di quanto amore”, all’interno di quella che è la maggiore concessione alle tipiche ritmiche sovra-polarizzate del periodo, non lesina tuttavia il consueto tiro alto dell’imprinting melodico.

Proprio per questo impressiona, stupisce e conquista che all’episodio più standardizzato faccia seguito il punto del lavoro dove la nostra rifila un autentico calcio alle regole e alle policies del music business. “La città degli angeli” è l’autentico brano di rottura che si pone in controtendenza rispetto ai dettami di un’epoca che viene qui rimessa in discussione dalla natura potente e indomabile di questa composizione, strano ma fascinoso incrocio tra Genesis e puro canto nostrano che incontra il tratto romantico della fusion di un Vannelli.

Il capolavoro della carriera di Tansini e uno dei punti più alti nell’opera della vocalist maladense si snoda su una liquida narrazione musicale aperta da un flusso sonoro catartico di arpeggi a 12 corde e trame sospirate di elettrica solista in un incastro di inconsueta espressività con il modernismo digitale del rhodes sound del DX7. In un mosaico che stupisce per varietà di soluzioni e di intensità si inseriscono via via il sax crudele e lacerante di Claudio Pascoli e - a dare coerenza, dimora e consistenza alla varietà degli spunti - la voce di Delia. Soffusa e misteriosa nella strofa, appassionata e foriera di brividi nella variazione che precede il rilascio del chorus.

Sorprende non meno la seconda parte del disco che pur rivelando una maggiore discontinuità rispetto allo svolgimento teso e potente della prima, non registra i cali di tensione del precedente lavoro.

Tra le belle reiterazioni AOR di “Dov’è il resto di me” che riportano alle prime due uscite discografiche e le staffilate tra funky e melodia corposa di “Segreti” che rimandano al brano di apertura del disco tra le quali si inserisce il bozzetto riflessivo di “Hotel”, la Gualtiero ci regala un altro grande e memorabile momento nella title track “Io” che sfruttando una volta di più le dinamiche della crescita melodica a fuoco lento, si appoggia su una variazione che apre efficacemente il campo ad una duplice esplosione corale che ridisegna l’abc del pathos applicato al pop di alta scuola.

E’ il degno suggello a un lavoro di alto livello, un’ideale incontro di quanto di meglio viene sviscerato in quest’album, un autentico melange di romanticismo giocato su un filo tra quotidianità e sogno, dove sentimento e ragione si intercettano e si compenetrano a vicenda.

Di Quale Amore, Di Quanto Amore (1985)
Finale Festivalbar 1985
Delia Gualtiero - Io

Delia Gualtiero

Io

Lp, 1985, Virgin

Brani:

  • 1) Tempi come noi
  • 2) Gente normale
  • 3) Di quale amore, di quanto amore
  • 4) La città degli angeli
  • 5) Dov'è il resto di me
  • 6) Hotel
  • 7) Segreti
  • 8) Io
  • 9) Uomini e nuvole

Informazioni tratte dal disco

Prodotto da Red Canzian
Arrangiamenti e Realizzazione: Marco Tansini
Ingegnere del suono e Programmatore FAIRLIGHT: Renato Cantele
Assistente ingegnere: Clark Germain
Assistente di studio: Alfio Galimberti
Editing e Transfert da Master DIGITALE eseguito agli “IDEA STUDIOS” di MIlano

Foto: Angelo Deligio

Delia Gualtiero: Voce e tastiere
Marco Tansini: Chitarre, tastiere, piano acustico, batteria, back vocals
Renato Cantele: Basso elettrico
Claudio Pascoli: Sax alto e tenore
Demo Morselli: tromba e flicorno

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