Dopo l’ascolto di "Verdeluna dancing hall", ci è venuta voglia di saperne di più su questo lavoro assai particolare. Siamo andati a rintracciare il leader ed autore della musica Alessandro Di Puccio per proporgli una serie di domande alle quali ha risposto in questa interessante intervista.
Ascoltando "Verdeluna dancing hall" si respira un'atmosfera decisamente retrò. Come mai la scelta di ricercare i suoni delle orchestre italiane del dopoguerra?
Più che una scelta è una tappa di un percorso musicale. Ogni artista che segue una strada maestra, la nostra è sempre stata il jazz, può imbattersi in piccole e magari non previste, stradine trasversali. A quel punto si può decidere se percorrerle e lasciarsi affascinare da ciò che si scopre e ci ispira oppure tirare dritto verso una meta prefissata (che poi in realtà è difficile sapere quale potrebbe essere). Noi abbiamo deciso di lasciarci affascinare....
Quali gli elementi "vostri" che avete cercato di introdurre nel lavoro?
Fondamentalmente noi stessi. Cioè il modo di suonare, il nostro swing, la poetica delle melodie e dei testi, gli "a solo" improvvisati. Poi la scrittura musicale (e questo mi riguarda personalmente): sembra tutto scritto in uno stile definito, lo swing, ma ci sono elementi di lessico musicale che provengono da mondi diversi. Sono ben mescolati ma un esperto potrebbe riconoscerli.
Che tipo di studio avete condotto per una realizzazione di questo tipo?
Più che tipo di studio, quanto studio: tutta la vita! tecnica strumentale, lettura musicale, tecniche d'improvvisazione jazzistica e popolare, tecniche di composizione ed arrangiamento. E poi ascoltato, trascritto, copiato, rielaborato ecc...Questo progetto, come detto in precedenza è il frutto di un lavoro che viene da lontano.
Nella vostra presentazione fate riferimento al "Quartetto Cetra", un gruppo completamente dimenticato dalle nuove generazioni. Quali sono secondo voi i motivi per cui si dovrebbe riscoprirli e in quali modi?
Non ci sono dei motivi precisi. Il quartetto Cetra, come altri importanti gruppi o orchestre del periodo, sono patrimonio della nostra storia e cultura "popolare" musicale.
Riscoprirli non è il termine giusto. Chi ama la musica deve conoscerli.
Avendo una versione promo non mi è chiaro quali siano i vostri brani e quali le cover (se ce ne sono). Potete delucidarci a riguardo? Magari raccontandoci le scelte relative alle eventuali cover.
Non ci sono cover sono tutti "falsi d'autore"
La line up del cd è composta da ben 12 componenti. E' difficile andare d'accordo in così tante persone?
Basta essere disposti a farlo
Qual'è stato il vostro approccio in sala di registrazione? Avete realizzato un completo lavoro preventivo in fase compositiva, oppure avete dato spazio all'improvvisazione?
Tutto è stato preventivato e scritto, lo spazio per l'improvvisazione è minimo. Gli a solo sono anch'essi preventivamente incastonati all'interno della struttura del brano. Del resto con formazioni numerose, dove prevale la ricerca di un sound omogeneo, l'arrangiamento scritto è fondamentale. Bisogna essere bravi a scrivere e immaginare il risultato della scrittura, prima ancora di ascoltarlo. poi se è il caso si cambia e si migliora qualcosa.
Quanto sono importanti la tecnica, la scelta dello studio, i fonici con cui si lavora, nella resa finale di un cd?
Sensa ombra di dubbio direi al 40 % . Essendo quindi una percentuale molto alta è fondamentale fidarsi dei propri fonici e tecnici e la fiducia è una cosa seria, che si da alle cose serie (diceva un tempo Jonny Dorelli in un noto spot pubblicitario). L'altro 60 % sono la musica scritta, gli esecutori, e il produttore.
Sono passati parecchi anni tra il primo lavoro del 2003 e questo. Cosa avete fatto nel frattempo?
Siamo andati a letto presto...
Battute a parte, la vita di un musicista è fatta di tante cose e tante difficoltà. Ci siamo in prevalenza occupate di quest'ultime. Ognuno di noi svolge varie attività, dall'insegnamento (io personalmente dirigo da oltre 25 anni una scuola di musica jazz a Firenze, molti dei les Italiens insegnano in quella scuola altri in conservatorio), altri progetti con altri gruppi ecc. Poi bisogna considerare che la prima session di registrazione dei Verdeluna, in cui abbiamo registrato 8 dei 10 brani del cd, l'abbiamo effettuata nel dicembre 2004. Produrre come si deve un cd oggi è difficile, pubblicarlo ancora di più. Venderlo...
Come valutate il primo lavoro alla luce del nuovo?
Bello. Sul precedente la musica verte più su un sound legato alla worldmusic e, dal punto di vista del linguaggio, il cd si sviluppa attraverso una maggiore varietà.
Il jazz è considerato un genere "colto", per pochi, mentre il ballo è di solito relegato a musica frivola. Come avete cercato di fare convivere queste due anime all'interno del disco?
Quando la musica è ben scritta e ben eseguita secondo me non è mai frivola semmai leggera. Intendendo con il termine leggero quella sensazione di benessere che proviamo per un'emozione positiva. La storia del jazz è piena di esempi di leggerezza in questo senso, e molto spesso a fornirceli sono proprio i grandi maestri come Ellington, Parker, Mingus, Monk, Davis (per non parlare dei grandi classici da Mozart a Debussy). Basta ascoltare la loro musica. Parte delle loro composizioni "cedono" al leggero, al divertito, alla gioia, perché (per fortuna) sono questi tutti elementi che fanno parte del nostro essere. Se fossi un poeta potrei dire: "intervalli del dolore e della malinconia" ma non lo sono e non lo dirò.
Per quanto riguarda il "colto" e il "per pochi" mi viene da pensare: peccato, bisognerebbe essere di più ad ascoltare buona musica. La cultura dovrebbe essere un bene per ogni individuo, ma ognuno deve provvedere da se ad arricchirsi e questo è motivo di sforzo ed esercizio costante.
Per quanto riguarda invece la convivenza nel nostro disco delle due "anime" penso che si possa riscontrare semplicemente ascoltando il cd. Da una parte il senso gioioso che traspare dalle composizioni e gli arrangiamenti e dall'altra il fatto che questa gioia vuole essere trasmessa attraverso un "quasi rigore" stilistico appartenente al passato. Quindi il tutto passa attraverso una ricerca e uno studio del linguaggio musicale di un preciso momento storico, quindi a mio parere questa si può considerare un operazione culturale. Se poi consideriamo anche la professionalità con cui sono stati eseguiti i brani non ci dovrebbero essere più dubbi, tutto dovrebbe tornare.
Com'è il vostro approccio alla composizione di sigle e colonne sonore? C'è una minore libertà di "movimento"? Le vostre esperienze a riguardo sono state positive?
Non abbiamo mai lavorato intenzionalmente con les Italiens a sigle e colonne sonore ma in alcuni casi sono stati produttori di trasmissioni televisive o cinematografici a scegliere la nostra musica. Individualmente alcuni musicisti del gruppo (fra cui io) abbiamo lavorato a piccole produzioni del genere, quello che posso dire è che da una parte c'è minore libertà di movimento ma dall'altra, nel' abbinare la musica alle immagini, si riceve una importante quantità di stimoli per cui questa è un esperienza che può senz'altro diventare un occasione di crescita per un compositore.
Firenze è stata città di grande fermento musicale, soprattutto negli anni '80, basta ricordare il rock new-wave di Litfiba, Diaframma, ecc.
Com'è dal vostro punto di vista nel finire di questi anni 2000?
Non capisco credevo che il "2000" fosse appena iniziato! Santo cielo come passa il tempo.
Scherzo, credo di aver capito. Se ci si riferisce alla fine del primo decennio 2000 a Firenze, escludendo l'arrivo della famiglia Della Valle che ha riportato la Fiorentina ai vertici della classifica di serie A, i fermenti sono fermentati, i Litfiba sono invecchiati e i Diaframma...(non mi vene la rima)... Firenze è una piccola città, molto provinciale, nella sua splendida e moderna sede Rai vengono trasmessi solo i tg regionali e poco altro. I locali notturni sono pochi, quelli in cui si fa musica dal vivo pochissimi e le risorse economiche per festivals e cose del genere non bastanti per tutto ciò che sarebbe giusto evidenziare. Parlo soprattutto di talenti (e in questa città ce ne sono per fortuna) che non trovano spazi dove potersi mettere in luce e soprattutto dove poter crescere.
Ma il probelma magari fosse solo Firenze, a me sembra che il vecchio occidente (USA compresi) faccia ben poco per far emergere i fermenti. Ci stiamo adipanando (scusate la parolaccia) su un mercato irricevente e di coseguenza incapace di proporre, non dico novità, ma almeno qualità. Ma ci stiamo accorgendo cosa propone la televisione come esempi culturali musicali? Non sto parlando della musica commerciale (altrimenti bisognerebbe inziare un dibattito sull'inquinamento) ma delle proposte musicali considerate "alte". Basterebbe fare due o tre nomi per capire cosa intendo dire. E qui è meglio fermarsi se no finiamo a parlare di Berlusconi.
Ma prima o poi le cose miglioreranno...dovranno migliorare.
Parlando del genere jazz, qual'è secondo voi il suo stato di salute? Cosa è cambiato negli ultimi 10 anni?
Il jazz è un linguaggio musicale che si è guadagnato, in Italia dal dopo guerra in poi, un posto di grande rilievo nel panorama musicale e culturale. Molte generazioni di musicisti sono cresciute con esso ed altre, le più nuove, hanno beneficiato della sua diffusione per lo sviluppo di nuove idee e nuovi generi musicali. Al tempo stesso il Jazz, la cui principale caratteristica risiede proprio nella pratica dell'improvvisazione, vive di contemporaneità, di rinnovamento e contaminazione con altri generi e linguaggi. Essendoci oggi una maggiore diffusione e soprattutto, grazie alla rete, una maggiore possibilità di ascolto e conoscenza del lavoro di artisti che si muovono in ambiti musicali variegati, il jazz appare più che mai come una musica estremamente aperta e contaminata. Pero ritengo che alla base della bontà di questo linguaggio è affidato, da sempre, alla genialità e alle capacità di singoli musicisti, siano essi strumentisti, arrangiatori o compositori Per cui lo stato di salute attuale del jazz è ottimo quando ad esprimersi sono ottimi musicisti (e ce ne sono tantissimi), meno buono quando ad esprimersi non sono buoni musicisti (e anche in questo caso sono numerosissimi). In questi ultimi 10 anni non è cambiato niente di particolarmente sostanziale, forse è cresciuto il numero di ottimi musicisti, ma è cresciuto anche quello dei non ottimi musicisti.
E' facile proporre il vostro genere dal vivo?
Devo dire che la nostra proposta ha sempre suscitato interesse e intenzioni positive da parte degli organizzatori. Fino a qualche tempo fa effettuavamo molti concerti per essere una band numerosa, anche in ambiti non propriamente jazz.
Oggi, la crisi, le scarse risorse...
Che esperienze avete tratto riguardo agli spazi ed alle opportunità, confrontando l'Italia con l'estero?
Nemo profeta in patria. Per l'Italia di oggi vedere sopra. Per quella del futuro spero di essere più preciso fra un po' di tempo.
Quali sono le date live che vi hanno dato maggiori soddisfazioni?
Sicuramente fra le più esaltanti sono stati i concerti tenuti in Turchia, ma comunque devo dire che il pubblico italiano reagisce sempre molto bene. Ci applaude e chiede anche il bis.
Il nome del vostro gruppo "Les Italiens" afferma la vostra italianità, ma in un'altra lingua: come mai?
Assolutamente no, anzi il contrario. Les Italiens erano gli attori girovaghi (veri e propri artisti "zingari") della commedia dell'arte, le maschere tipo arlecchino, pulcinella ecc. che in Francia (anche loro hanno le loro maschere) venivano chiamati così anche se si trattava di compagnie teatrali non italiane. Ma dato che la commedia dell'arte è nata in Italia Les Italiens è divenuto il termine per definire chi esercitava, allora, quella professione. Tutto li. Girovaghi, zingari, senza fissa dimora, altro che italianità e senso di appartenenza alla patria. A noi è piaciuto e poi forse ci sentiamo un po' così, solo un po'