Senza farci del male per continuare a ricostruire
Il titolo che ho voluto dare a questa intervista a Giacomo Lariccia, giovane cantautore che ha letteralmente trovato la sua America in Europa, basti pensare che ha già all’attivo due suoi dischi tra i finalisti per le Targhe Tenco, unisce scherzosamente il titolo del video SENZA FARCI DEL MALE, appena pubblicato per l’etichetta indipendente belga Cello Label e il titolo del suo ultimo album RICOSTRUIRE, pubblicato nel 2017 da Avventura in Musica. Il video è stato diretto, filmato, montato da Marco Locurcio, che ne è anche il produttore e vede protagonisti gli attori Federica Rizzo, Federico Lazzari, Bruno Gonzales. Ho colto l’occasione per fare un po’ il punto della situazione sulla sua attività musicale.
E’ appena uscito il video SENZA FARCI DEL MALE per l'etichetta indipendente Cello Label, il video è nuovissimo, mentre la canzone, invece, è una delle più belle del tuo ultimo album RICOSTRUIRE uscito nel 2017. Come mai questa scelta? Per segnare in modo tangibile il passaggio alla nuova etichetta?
Da quando è uscito il disco RICOSTRUIRE avevo ben chiaro in testa che sarebbe stato un lavoro al quale bisognava dare l'opportunità di giocare tutte le carte. Diverse canzoni di Ricostruire meritano, secondo me, più attenzione di quella che sono state in grado di ottenere fino ad ora. Un modo per accendere i riflettori su una canzone oggi è il videoclip. Un accompagnamento in immagini che può riuscire anche a dare un senso ulteriore alla canzone. Ho sentito dire che il ciclo di vita di un disco sia di due anni: trovo che questo ritmo rischi di essere esagerato e addirittura sfiorare il consumismo, una sorta di bulimia culturale. Soprattutto per delle produzioni artigianali come quella di cui faccio parte, questo ritmo non è sempre sostenibile. Tutto ciò mi era ben chiaro dal primo momento di vita di Ricostruire: dalla scelta dei primi videoclip (un brano suonato live – Ricostruire – e una ballad – Quanta strada - impreziosita dalla poesia delle immagini di Benedetta Mucchi) sapevo che Ricostruire sarebbe durato a lungo. Come bene affermi tu, nella scelta di riproporre un brano del disco Ricostruire, c'è stato anche una riflessione fatta con la Cello Label, una giovane ma dinamica label con i piedi a Bruxelles e le radici in Italia. È stato un felice incontro di questi ultimi mesi. Con loro stiamo facendo progetti via via più importanti e credo di aver trovato un valido alleato per varcare le Alpi e incontrare il pubblico italiano. Sono sempre stato sorpreso dal fatto di ricevere più concerti e riconoscimenti in Francia e Belgio piuttosto che in Italia. Sono molto soddisfatto di questo videoclip che è stato prodotto da Marco Locurcio con il quale collabora ormai da quasi due lustri. Oltre alla storia di due persone che si amano, litigano, si riappacificano - insomma, vivono - c'è anche un simbolo forte che è quello dell'orologio. L'orologio rappresenta, ovviamente, il tempo che passa, che logora le nostre vite e le nostre relazioni e anche un oggetto che, come succede alle nostre vite stanche, rischia di fermarsi, di rompersi. La seconda storia raccontata dal videoclip, magari quella più difficile da percepire, è quella di qualcuno che in solitudine, al buio, cerca di riparare quello che si era rotto, e alla fine ci riesce. Il tempo riprende a battere, le lancette si muovono, la vita riprende.
Una cosa che mi ha colpito, di questo singolo, è la copertina che gli hai voluto dare, è molto vintage, ricorda molto i dischi della RCA Lineatre, quasi che il tempo si fosse fermato ... In fondo quella serie di dischi era stata concepita dalla RCA per poter fornire ai fruitori raccolte di brani più economiche, la tua scelta ha un legame con la crisi infinita di questi tempi?
A dir la verità l’elemento della crisi non è entrato nella mia scelta della copertina. Ero talmente affascinato da quei colori, da quella grafica che d’istinto ho chiesto al grafico di farne una simile. Mi divertiva molto fare una citazione delle copertine che giravano in casa mia quando ero piccolo. Forse, inconsciamente, c’è anche il desiderio di collegarsi ad una storia, quella della canzone d’autore, di entrare in quella scia. Un senso di appartenenza. Forse è quello che, senza volerlo, mi ha inconsciamente guidato nella scelta.
So che tu Giacomo vivi ormai stabilmente da qualche anno a Bruxelles, come percepisci da lì la situazione della canzone d'autore italiana e più in generale dell'Italia, c'è un futuro per entrambe?
La verità è che non ascolto molta canzone italiana per diverse ragioni. La più importante di queste è che non voglio in nessun modo essere influenzato da ciò che già esiste. So che ci sono tanti, tantissimi bravi cantautori conosciuti e meno conosciuti che costituiscono quindi il presente e il futuro della canzone d'autore italiana. Il futuro dell'Italia sarebbe un discorso troppo lungo da affrontare. Anche quello dell'Europa che è un continente che non mi sembra avere più tanta spinta innovativa e culturale.
Il futuro di Giacomo Lariccia? C'è già qualcosa che bolle in pentola?
Nel prossimo futuro, nei prossimi mesi, voglio continuare a proporre Ricostruire in Francia, Belgio e in Italia e far sì che la collaborazione con la Cello Label porti tanti frutti. Per il futuro più remoto ancora non so. Ma so che continuerà ad esserci tanta musica.