Il primo omonimo progetto discografico dei DOS (Duo Onirico Sonoro) è di difficile collocazione, perché pur avendo basi pop, ha una miriade di influenze ed utilizza delle interessanti sperimentazioni, pur rimanendo nello spazio melodico (nessun estremismo). Scoprite con noi quello che hanno da raccontarci!
Il nome "Duo Onirico Sonoro" immagino che stia ad indicare che la vostra musica ha una forte connotazione onirica?
Si esatto, il carattere apparentemente slegato di alcune scene che costituiscono l’attività onirica, le immagini che si susseguono e che a volte si accavallano, le forme che si definiscono in corso d’opera, il sapore che lascia un sogno al risveglio: tutto questo mi ricordava quello che musicalmente stavo creando e al contempo confermava la risonanza che “il sogno” aveva e tuttora ha nella mia vita quotidiana. Dunque, così giocando con il termine DOS che deriva dal fatto che siamo appunto in due, a costituire la band, ne è derivato un acronimo curioso.
Annalisa, i tuoi studi musicali sono iniziati con il pianoforte, uno strumento poliedrico, utilizzato dalla musica classica al pop...
Sì, il pianoforte è stato il mio primo amore e tuttora gioca un ruolo fondamentale nelle mie composizioni che difatti nascono per piano e voce. Lo studio, poi, della musica classica mediante questo strumento “complesso” e del tutto “autonomo” mi ha dato la possibilità di conoscere le infinite combinazioni armoniche-melodiche che possono costituire un brano.
Apparentemente non sembra esserci un filo conduttore che accomuni le tue passioni della musica da camera con il tango argentino? Ce ne parli?
Beh, diciamo che la passione per il tango argentino e soprattutto per quello Nuevo è stata l’evoluzione, del tutto personale, del mio percorso musicale cameristico. Ho frequentato l’Accademia pianistica di Imola conseguendo il Diploma in Musica da Camera ad indirizzo prettamente classico. Ho sempre adorato “suonare insieme”, cioè in ensemble musicali, e l’esperienza nel quintetto Buenos Aires Cafè ha rappresentato una fase in cui ho potuto metter in pratica la mia professionalità unendola all’amore che nutrivo e che tuttora nutro per questo genere musicale.
Annalisa, sei vissuta parecchi mesi a Berlino, com'è stata la tua esperienza musicale e di vita nella capitale europea?
Berlino ha fatto parte del mio “peregrinaggio” che mi ha portato lontano dall’Italia per circa tre anni. La capitale è stata un approdo, in quanto l’ho scelta come città in cui poter dar vita ed espressione al mio progetto che già esisteva. Una città ricca di stimoli artistico-culturali e anche dal punto di vista esperienziale. Qui mi sono aperta a nuove e interessanti collaborazioni con musicisti e artisti sia autoctoni che provenienti da tutto il mondo.
Non avete paura che il genere proposto possa spiazzare l'ascoltatore medio italiano? I talent show a cui sono abituati, non si può dire che favoriscano l'arricchimento culturale del pubblico generico...
Forse l’intento “inconscio” è proprio quello. No scherzo. Questo è un discorso molto articolato che forse richiede molto tempo, quindi mi limito a dire che i Talent non li seguo granché.
Come mai non ci sono dei veri e propri testi? In questa esperienza non vi interessa comunicare con la parola e delegate tutto alla musica?
Probabilmente il mio background musicale (prettamente strumentale) mi ha portato a non utilizzare dei veri e propri testi. Al contempo, però, sentivo la necessità di esplorare anche la sfera vocale, avvalendomi della possibilità “naturale”, innata di emettere dei suoni. Suoni più viscerali, più intimi, più “personali” rispetto a quelli che vengono prodotti mediante uno strumento musicale.
Ogni qual volta che ho provavo a mettere un testo, a incastrare delle parole, sulla base ritmico – armonica, il risultato non mi ha convinta: troppo distante da quello che avevo in mente, troppo lontano dall’ immagine finale da perseguire. Sono quindi giunta alla creazione di un gramlò, un linguaggio non-sense che fosse semplicemente suono, evocazione,” rimando” , senza passare attraverso la decodificazione della “lingua”.
Altre volte scelgo un testo “riconoscibile”, per brevi momenti, in cui le parole, però, sono semplici associazioni inconsce.
Dal vivo è più complesso riuscire a trattenere l'attenzione del pubblico con un genere come il vostro? Voglio dire, difficilmente qualcuno canterà i vostri brani! Può essere un problema nel "fidelizzare" i vostri ascoltatori?
Beh diciamo che non essendo pop song in senso stretto, abbracciamo un tipo di pubblico che ama la ricerca e la sperimentazione (che peraltro non è estrema). Difatti i nostri live sono sempre in contesti adeguati all’interno di programmazioni che favoriscono un certo tipo di musica emergente e originale (sicuramente di nicchia); la risposta è sempre entusiastica. E’ anche un genere musicale che ha una forte connotazione teatrale e che si presta molto alla collaborazione con le altre arti: infatti a Giugno saremo a Torino in collaborazione con il pittore Claudio Bellino e la compagnia di danza di Viola Scaglione all’interno del Filatoio di Caraglio.
Avete avuto molte esperienze diversificate, con numerosi cambiamenti oserei dire radicali. Si è trattato di una necessità, oppure di urgenza di esplorare strade diverse?
Si esattamente, è stata l’urgenza di esplorare nuove strade: ero arrivata ad un certo punto della mia vita musicale in cui mi sentivo sempre più stretta nella veste di pianista – esecutrice - interprete. Sentivo l’esigenza di comunicare attraverso qualcosa che fosse realmente mio, realmente espressione di un mondo assolutamente personale.
Quanto è difficile vivere di sola musica in questi anni di transizione "tecnologica" musicale?
Molto difficile, infatti ho sempre unito all’attività artistica, l’attività didattica, che mi appassiona sempre tanto e che mi fa crescere con i ragazzi.
Ci sono degli artisti da cui avete tratto ispirazione e che consigliate ai nostri lettori?
Astor Piazzolla, Diamanda Galas, Philip Glass, R. Sakamoto, Bjork, Meredith Monk e molti altri.
Seguite la musica italiana? Ci sono degli artisti che stimate?
In passato ci sono stati artisti che ho amato come Dalla, Fossati, il primo Pino Daniele. Attualmente non posso non seguirla ma faccio fatica ad appassionarmi alla scena pop italiana. Ne cito un paio che comunque mi piacciono sempre: Samuele Bersani e Daniele Silvestri.