La nostra celebrazione del Britpop a distanza di oltre vent'anni.

Pubblicato il 19/06/2015 - Ultimo aggiornamento: 06/07/2015


Da circa un anno a questa parte, prendendo a pretesto la celebrazione dei vent’anni dalla nascita del Britpop, non si fa che sentir parlare e leggere di questo fenomeno musicale che ha abbracciato all’incirca il periodo che va dal 1993 al 1997. Proprio perché io l’ho vissuto quel periodo, e nel frattempo ho letto montagne di parole e riflessioni, vorrei provare a dire la mia facendo un  po’ di ordine tra date, concetti e soprattutto sensazioni provate sulla pelle. Quando dico vissute, intendo respirate, ascoltate e subodorate nell’aria tra Italia e Inghilterra; tra Genova, Milano e Londra; tra amici, concerti e prima giovinezza (quella dopo la maggiore età).

Da un punto di vista prettamente musicale è ovvio, direte voi, che fosse giunto il momento del revival inglese anni novanta, dopo che la musica aveva ripercorso in lungo e in largo la new wave e il dark-wave di matrice ottantottina. Stessa cosa si è provata a fare con il grunge americano la cui genesi ha anticipato di qualche anno quella del movimento inglese arrivando ad accavallarsi a questa nel fatidico anno 1994.

Eh sì è proprio questo l’anno in cui molti fanno coincidere il passaggio del testimone tra la sponda a stelle e strisce e quella dell’Union Jack per il primato culturale e artistico degli anni novanta. In aprile moriva suicida Kurt Cobain leader storico dei Nirvana e rappresentante di punta del movimento di Seattle, e pochi giorni dopo usciva in Inghilterra Supersonic il primo singolo di successo della sconosciuta band mancuniana dei fratelli Gallagher: gli Oasis. Era l’11 aprile il giorno della pubblicazione e il 5 era morta la rockstar americana. Aggiungiamo che il 25 aprile fu dato alle stampe Parklife album capolavoro degli ormai rodati Blur e il cerchio si chiudeva. In realtà per il sottoscritto l’album di svolta, che diede inizio a quel processo a catena e fece da volano all’intero movimento, fu l’album omonimo dei Suede uscito nel marzo del 1993. Lì si capì (e lo capì soprattutto la stampa britannica) che stava nascendo qualcosa d’importante nel panorama del vecchio continente da poter contrapporre allo strapotere mediatico e culturale americano. Quello che si andava a creare era una tendenza che aveva nelle sue peculiarità il riscatto e la rivendicazione della propria esistenza. Non sapremo mai quale fu il mix esplosivo che infiammò La Gran Bretagna di quegli anni, ma sicuramente fu evidente che in quel momento un popolo intero ritrovò motivazioni e unità per cercare di uscire dall’oblio. Ovviamente quando si parla di movimenti bisogna sempre sottolineare più volte che la cronologia postuma inglobò sotto un’unica etichetta espressioni e generi musicali talvolta anche molto di versi tra di loro, ma che avevano da condividere il fatto di essere usciti nei fatidici cinque anni di massimo splendore del Britpop. Inoltre l’altro denominatore comune era quella voglia di riappropriarsi delle proprie radici magari talvolta con contaminazioni che le rendessero irriconoscibili.

E’ il caso dei Radiohead la band inglese che più di ogni altra è stata da sempre ponte tra i due generi più in voga in quegli anni: il 22 febbraio 1993 esce Pablo Honey un lavoro che porta alla ribalta un suono british guitar smorzato da quella venatura malinconica e nichilista tipica del grunge. Con il singolo Creep prima e Street Spirit (Fade Out) poi, incluso nel successivo album The Bends del giugno 1995, i cinque ragazzi di Oxford mostrano al mondo intero tutto il loro talento nel sintetizzare in modo personale le due anime stilistiche e culturali dominanti in quei primi anni novanta. Altro fulgido esempio i Placebo, nati a Londra nel 1994 ma il cui primo album omonimo vide la luce solo nel 1996. Anche qui chiare influenze post-grunge s’innestavano su un’impostazione nel tempo sempre più spiccatamente glam e dark.

Ma andiamo con ordine: Cosa è stato il Britpop e cosa è oggi il Britpop a distanza di oltre vent’anni?

A parer mio questo vero e proprio movimento musicale, e non solo, è stato l’ultimo scossone degno di nota fino ai giorni nostri. Ha segnato profondamente i pensieri, le aspirazioni e le passioni di tanti coetanei ovviamente insieme al grunge americano che aveva ripreso certi ideali dei fratelli maggiori e dei padri. La ragione è semplice: il Britpop ha saputo far convergere in sé non solo uno stile musicale, ma anche un fenomeno di costume, di posa, di comunicazione insomma ha generato una concatenazione di causa, effetto che ha rivoluzionato in senso culturale la società dell’epoca. Tutto poteva essere visto come causa o come effetto. Sta di fatto che tutto funzionava a meraviglia e soprattutto era ancora presente una cultura del disco, dell’acquisto e del “suo consumo” ereditato dal passato. Credo che nessuno meglio di Noel Gallagher potesse chiarire in modo efficace lo spirito dell’epoca. In un’intervista il fratello maggiore degli Oasis dichiarò come l’entusiasmo positivo a una crisi profonda fosse la vera novità del momento.  Storica la sua foto sorridente e trionfante nel gesto di dare la mano al neo eletto Tony Blair nuovo leader del governo Labour inglese e guru preso ad esempio dai progressisti di tutto il mondo. Tutto pareva essersi risvegliato, una nuova primavera, una nuova speranza che andava oltre la musica. Il Britpop rispose nel proprio ambito con la stessa voglia di fare e di reagire della gente alla paralisi socio-politica incarnata dalle Istituzioni. Il grunge era più anarchico e velleitario, nichilismo e disperazione senza via d’uscita alla crisi di una generazione. La stessa carica esplosiva che portava all’autodistruzione dall’altra parte dell’oceano in Gran Bretagna regalava invece il sogno di potercela fare. L’inno di un’intera generazione era così diventato “In my mind, my dreams are real / Tonight, I'm a rock'n'roll star / Look at you now, you're all … parole scritte da Noel in Rock ‘n roll star. La band di Manchester era forse la band working class per eccellenza del Britpop contrapposta mediaticamente, musicalmente e culturalmente ai Blur dai più vista come il pensiero colto della middle class. Per la classe operaia inglese, uscita con le ossa rotta dal decennio thatcheriano, era stata prima l’ubriacatura baggy con il movimento madchester a catalizzare l’apatia giovanile e poi la deflagrazione di chi non aveva più niente da perdere. Ora si presentava perciò con il petto in fuori con l’orgoglio per una nuova scena musicale homemade e in grado di catalizzare le attenzioni di tutti.  Servivano dei nuovi stimoli e una rinnovata energia per uscire dalle paludi della mente, a costo di farlo con la rabbia di chi deve farcela a tutti i costi. Si cercava qualcuno o qualcosa in cui credere per ritrovare la propria autostima. La società inglese riscoprì tutto di un tratto di essere ancora leader culturale (se non più mercantile e coloniale) del vecchio continente. I Gallagher affermarono a proposito: noi non avevamo nulla e l’unico sogno era quello di uscire dall’oblio … L’avercela fatta aveva creato un’isteria collettiva, altro che snobbare il successo. La contrapposizione formativa e antropologica con il nuovo continente qui si fa netta: loro ( riferito agli americani) avevano tutto ed erano scontenti di tutto. Noi non avevamo niente e anche il poco bastava per renderci invincibili e sicuri di sé (Stay young … I’m invicible Oasis, e ancora prima I wanna be adored e I’m the resurrection Stone Roses quali ispiratori dei giovani inglesi agli albori dei novanta). Insomma un messaggio di speranza ma anche di forza, di ottimismo ma anche di consapevolezza spavalda, miscelata con una tecnica compositiva che a distanza di tempo si è mostrata più originale di quanto non sembrasse subito dopo l’aver voltato pagina. Se quello era citazionismo ruffiano, oggi nella musica siamo spesso di fronte al saccheggio più becero al limite del plagio.

Qualcuno parla di band di primo piano e secondo piano della scena musicale in questione. In base alle vendite, all’influenza storico-artistica, al ritorno d’immagine? Tutto è opinabile ovviamente. Sta di fatto che provando a fare un elenco di massima tutti ricordano come leader del movimento I Blur, gli Oasis, i Radiohead, i Suede, i Pulp, gli Elastica, gli Sleeper, i Verve. Appena prima ma profondi ispiratori metterei sia i Ride, ma soprattutto i Charlatans, gli Echo & the Bunnymen e soprattutto gli Stone Roses. Seconda fascia lunga e interminabile. Voglio ricordare i Mansun, i Marion, gli Shed Seven, i Cast, i Supergrass, i Bluetones, gli Ocean colour scene, i Manic Street Preachers, i Kula Shaker, gli Ash, i Seahorses, I Menswe@r, Embrace, Sterophonics,The Divine Comedy, Travis, i Super Furry Animals e per certi aspetti gli Spiritualized.

Inutile girarci intorno: non si può parlare di britpop se non si fa riferimento al duello Blur versus Oasis. Curioso sapere che, mentre Parklife come detto usciva il 25 aprile del 1994, Definitely maybe usciva  in contemporanea con il disco di punta dei Manic street Preachers Holy Bible  il 29 agosto dello stesso anno. Tutti titoli significativi ed emblematici di quanto si è detto finora. In particolare Definitely maybe simbolicamente rappresenta quell’ossimoro calzante per definire lo status mentale dei giovani dell’epoca. Insicurezza, ma voglia di riscatto e rivincita. Un album che a parere personale rappresenta da solo  tutta l’iconografia più schietta e randagia della working class periferica inglese. Brani come Supersonic, Slide away, Columbia o Live Forever moltissime band del periodo, e anche oltre, non riusciranno mai a scrivere nella loro intera carriera. Famosa la battuta di Noel Gallagher in cui disse che molte band avrebbero costruito una carriera intera con le loro b-sides. Frase che trovo talmente veritiera da poter affermare che  The Masterplan,  quarto album degli Oasis in cui venivano raccolte le più belle di queste,  componga il trittico di pietre miliari della band (insieme ovviamente al citato Definitely maybe e What’s the story morning glory) e parte rilevante degli album più significativi del britpop intero insieme a Suede  dei Suede, The Bends e Ok Computer dei Radiohead, Different Class dei Pulp.

Aggiungerei  per importanza strategica e tecnica il già menzionato Parklife dei Blur e Six dei Mansun. Insomma l’elenco potrebbe, davvero allungarsi e di molto, ma l’essenza musicale del fenomeno si giocava essenzialmente sui colpi a distanza tra Blur e Oasis a colpi di singoli e album. Alla fine ognuno rimarrà della propria idea e molti, come il sottoscritto, ascoltarono indifferentemente tutti gli album di una e dell’altra band. Rimangono i numeri, dove gli Oasis prevalsero in tutti i sensi per album di debutto più venduto, per album più venduto con What’s the story morning glory e per concerto più grande mai visto sul suolo del Regno Unito (10 e 11 agosto ben 250.000 persone, distribuite su 10 km² di terreno, assistettero sul prato del parco di Knebworth all’esibizione live della band mancuniana). Detto questo rimangono le profonde differenze stilistiche che caratterizzarono il suono delle due band. Più variegato, e con il tempo forse più innovativo, quello dei Blur che partirono da richiami baggy e madchester, per passare attraverso il funky, soul stile Madness fino all’electro-rock e all’indie-noise degli ultimi album. Più grezzo, istintivo e sfacciato il punk-rock degli esordi della band di Manchester, dove con il tempo emerse in tutta la sua efficacia la vena melodica e compositiva di Noel Gallagher, contrapposta alla presenza scenica e al timbro vocale inconfondibile del fratello Liam. Insomma più old guitar e tradizione senza fronzoli. Gli Oasis a un certo punto diventarono come Re Mida: ogni cosa che toccavano diventava oro rivitalizzando addirittura band quali i Verve o quello che rimaneva degli Stone Roses. In questo contesto c’ era una band i Primal Scream che avevano tra i membri l’ex bassista “Mani” della band mancuniana di Ian Brown ormai sciolta. La band di Bobby Gillespie, ancora attiva, toccò solo marginalmente il Britpop, partendo in realtà dalla psichedelia e l’hardrock (come i Verve per esempio) virando poi addirittura sull’acid house, la disco dance e l’elettronica. Un progetto interessante sempre in continuo moto, senza mai abbracciare le mode, ma cercando sempre di anticiparle.

OLTRE IL PONTE …

Il Britpop cominciò a tramontare quando cominciò a cambiare lo scenario socio-politico inglese e globale e, per contro, quando gli Oasis e i Blur cominciarono a perdere qualche colpo. Si sa nel bene e nel  male tutto e tutti cambiano e quello che prima era un orgoglio da sventolare, alla fine degli anni novanta era diventato uno scheletro ingombrante da rinnegare per porsi all’attenzione del nuovo millennio come un qualcosa di nuovo. A livello planetario erano lontani i giorni in cui Blair vinceva in Gran Bretagna, Clinton in U.S.A. e Schroder in Germania. Ricordiamo ancora Noel Gallagher con il pugno alzato dire: “Power to the people” dopo la vittoria laburista. La grande illusione era finita e con questo anche la nuova speranza. Da lì a poco ci sarebbe stato come spartiacque i fatti di Genova del duemilauno culminati con le violenze di ogni genere e tipo; ma soprattutto con la negazione definitiva di qualsiasi pensiero alternativo. Finiva la protesta e iniziava l’era imperante del turbo capitalismo ultraliberista e del pensiero unico. Da lì a poco la grande bolla speculativa prima e subito dopo l’eredità pesante di una lunga e durissima crisi mai vista dai tempi di quella del ’29, che accompagnò l’America prima e il vecchio continente dopo, dal duemilaotto fino ai giorni nostri. Fine dell’ottimismo, fine della fiducia. L’inizio del nuovo millennio è stato un continuo ritorcersi su se stessi.

Perché ne parliamo a oltre vent’anni di distanza? Ascoltate l’ultimo dei Cribs che strizza l’occhio ai Marion e ai Mansun, oppure tenete d’occhio il ritorno di band quali Ash, Shed Seven, Ride e Blur. Qualcuno lo definì pop da vetrina. Sono sempre più convinto oggi che si stava meglio quando si stava peggio. Ma… Chi vivrà, vedrà … o ascolterà!

Discografia essenziale del Britpop in ordine alfabetico per band.*

Ash

  • 1977 (1996)

Blur

  • Parklife(1994)
  • The Great escape(1995)
  • Blur (1997)

Cast

  • All Change (1995)
  • Mother nature calls(1997)

Elastica

  • Elastica(1995)

Kula Shaker

  • K (1996)

Manic Street Preachers

  • The Holy Bible(1994)
  • Everything must go(1996)

Mansun

  • Attack of the Grey Lantern
  • Six

Marion

  • The world and Body (1996)

Menswe@r

  • Nuisance (1995)

Ocean Colour Scene

  • Moseley Shoals (1996)
  • Marchin' Already (1997)

Oasis

  • Definitely Maybe (1994)
  • (What’s the story) Morning Glory? (1995)
  • Be Here Now (1997)
  • The Masterplan (1998)

Placebo

  • Placebo (1996)
  • Without you I’m Nothing (1998)

Primal Scream

  • Screamadelica (1991)
  • Vanishing Point (1997)
  • Xtrmntr (2000)

Pulp

  • His 'n' Hers (1994)
  • Different Class (1995)
  • This is Hardcore(1998)

Radiohead

  • The Bends (1995)
  • Ok Computer(1997)

Ride

  • Nowhere (1990)
  • Going Blank Again (1992)
  • Carnival of Light (1994)

Shed Seven

  • Change Giver (1994)
  • A Maximum High (1996)
  • Let it Ride (1998)

Sleeper

  • Smart (1995)
  • The it Girl (1996

Spiritualized

  • Ladies and Gentleman We Are Floating in Space (1997)

 

Stereophonics

  • Word Gets Around (1997)
  • Performance and Cocktails(1999)
  • Just Enough Education to Perform(2001)

Suede

  • Suede (1993)
  • Dog man star (1994)
  • Coming up (1996)
  • Sci-Fi Lullabies (1997)

Super Furry Animals

  • Fuzzy Logic (1996)
  • Radiator (1997)
  • Guerrilla (1999)

Supergrass

  • I should Coco (1995)
  • In it for the Money (1997)
  • Supergrass (1999)

The Divine Comedy

  • Casanova (1996)
  • A Short Album About Love (1997)

 

The Stone Roses **

  • The Stone Roses (1989)
  • Second coming (1994)

The Verve

  • Urban Hymns (1997)

Travis

  • The Man Who (1999)
  • The invisible Band (2001)

 

*Ho voluto comprendere, per affinità culturale e stilistica, alcuni album che vanno al di fuori del periodo 1993-1997 da me indicato come limite cronologico indicativo del movimento.

 

** The Stone Roses sono stati compresi in questo elenco per  il loro contributo fondamentale alle   sonorità del genere Britpop, ma appartengono alla scena Madchester.

 

Fotografia di Autori vari