Sambene
I Sambene cantano De Andrè. Di signori distratti, blasfemi e spose bambine
Con ‘I Sambene cantano De Andrè. Di signori distratti, blasfemi e spose bambine’ il gruppo marchigiano dei Sambene giunge al suo secondo lavoro discografico dopo l’ottimo esordio del 2018 con ‘Sentieri partigiani. Tra Marche e memoria’.
Nel far ciò, oltre a replicare l’esperimento riuscito del crowdfunding per produrre il disco, il gruppo decide di dedicare un intero album ad un cantore senza età: Fabrizio De Andrè. Il titolo esplica in maniera chiara e semplice il percorso affrontato dagli artisti marchigiani, ossia quello di esplorare, con 4 canzoni ciascuno, tre macro argomenti del pensiero del cantautore genovese: l’amore, la spiritualità e le tematiche politico-sociali.
Il disco, abilmente prodotto ed arrangiato dall’Accademia dei Cantautori di Recanati, ed in particolar modo da Lucia Brandoni (che ha curato anche gli arrangiamenti vocali), Marco Sonaglia e Paolo Bragaglia, si compone quindi di 12 canzoni più una bonus track (‘Girotondo’) per un totale di quasi un’ora.
La scelta dei Sambene nei brani da eseguire è ancora una volta controcorrente: il gruppo folk marchigiano infatti sceglie di selezionare canzoni forse quasi dimenticate del cantautore genovese, privilegiando altresì la dimensione narrativa, ossia sottolineando il ruolo fondamentale dei testi, delle parole magari a discapito della musica, comunque declinata sempre in modalità acustica.
Anche da questo nuovo lavoro, come tra l’altro dal precedente, traspare la passione (il nome del gruppo significa proprio sangue, passione) e l’amore per un cantore, un poeta dei giorni nostri come De Andrè, e tutto ciò viene sperimentato anche dando un’importanza notevole alle voci femminili di Veronica Vivani e Roberta Sforza, sempre contornate dalla voce maschile e dalla chitarra acustica di Marco Sonaglia e dalla fisarmonica di Emanuele Storti. Tanti, ed anche notevoli, gli ospiti presenti.
Nella prima sezione dedicata al tema dell’amore si parte con ‘Canzone dell’amore perduto’ (contenuta in ‘Canzoni’ del 1974) e qui l’atmosfera acustica del brano risalta subito, con il violino iniziale dell’ospite Claudio Merico che apre le danze insieme alle voci femminili di Veronica Vivani e Roberta Sforza, accompagnate da Marco Sonaglia alla chitarra acustica e dalla fisarmonica di Emanuele Storti.
‘La ballata dell’amore cieco’ (anch’essa presente in ‘Canzoni’ del 1974) è opera di tutto il gruppo dove risalta il tono scanzonato ed allegro con le voci femminili sempre protagoniste.
In ‘Hotel Supramonte’ (presente in ‘Fabrizio De Andrè’ del 1981) la voce di Veronica Vivani apre questa traccia, dedicata al luogo dove il cantautore genovese venne tenuto per 4 mesi sotto sequestro dalla malavita organizzata della Sardegna, subito accompagnata dal tin whistle riconoscibilissimo di Franco D’Aniello dei Modena City Ramblers e sorretta dalla chitarra acustica di Marco Sonaglia e la fisarmonica di Emanuele Storti; il brano prosegue con l’inserimento della voce dello stesso Sonaglia, per poi finire con la commistione delle due vocalità a creare un’atmosfera molto intima.
‘Dolcenera’ (tratta da ‘Anime salve’ del 1996) chiude la prima sezione dell’album: dopo l’apertura delle voci femminili irrompe prepotentemente la voce di Marco Sonaglia, che guida tutto il brano ed ancora una volta la strumentazione acustica è supportata in maniera decisa, oltre che dalla chitarra del già citato, dalla fisarmonica di Storti e dal mandolino dell’altro ospite del disco, ossia Lucio Gaetani, ex Modena City Ramblers.
La seconda sezione, inerente la spiritualità, si apre con ‘Spiritual’ (da ‘Volume 1’ del 1967) dove fa la sua comparsa anche l’anima di tutto il progetto (oltre ad essere la Direttrice dell’Accademia dei Cantautori di Recanati), ossia Lucia Brandoni, che suona il pianoforte Hammond ed è l’unico strumento presente, a parte le tre voci frammiste di Sonaglia, Sforza e Vivani e gli handclapping che donano a questa canzone una vera atmosfera da spiritual appunto.
‘L’infanzia di Maria’ (tratto da ‘La buona novella’ del 1970) vede la voce principale di Marco Sonaglia dipanarsi in tutta la canzone con gli accompagnamenti vocali puntuali delle voci femminili e la comparsa delle percussioni suonate da Federico Governatori.
Nella traccia seguente ‘Un blasfemo’ (contenuta in ‘Non al denaro non all’amore né al cielo’ del 1971) invece la voce protagonista è quella della brava Roberta Sforza, accompagnata ancora una volta dalla chitarra di Sonaglia , la fisarmonica di Storti e la seconda ospitata di Franco D’Aniello al tin whistle; qualcuno potrebbe obiettare il rischio di affidare un brano di De Andrè, come tutto il lavoro del resto, a voci femminili ed invece proprio questa canzone ed anche le altre ci confermano come il rischio sia stato calcolato ed anzi la scelta sia risultata vincente.
Con il ‘Il testamento di Tito’ (da ‘La buona novella’ del 1970) si chiude la seconda parte del lavoro: il brano riporta al centro la voce di Marco Sonaglia e riunisce alcuni ospiti come Lucio Gaetani al bouzouki, Federico Governatori alle percussioni e Claudio Merico al violino. Come detto da molti, con ‘Il testamento di Tito’ De Andrè molto probabilmente raggiunge vette inarrivabili nello smascherare una per una le leggi divine.
L’ultima sezione, dedicata alle tematiche politico-sociali, principia con ‘Canto del servo pastore’ (da ‘Fabrizio De Andrè’ del 1981): ivi ritorna alla ribalta ed alla guida del brano la voce di Roberta Sforza, accompagnata dalla seconda voce di Marco Sonaglia (presente anche con la chitarra acustica) e dal tin whistle di Franco D’Aniello; come detto in altre occasioni, a volte servono pochi strumenti ben suonati e belle voci per fare di una canzone un qualcosa da ricordare.
‘Un giudice’ (contenuta in ‘Non al denaro non all’amore né al cielo’ del 1971) porta alla ribalta l’altra voce femminile del gruppo, ossia quella di Veronica Vivani, anch’essa accompagnata solamente dalla chitarra acustica di Sonaglia e dalla fisarmonica di Storti; anche in questo brano da evidenziare la vocalità espressa dalla Vivani e da sottolineare il tono allegro della canzone.
‘Nella mia ora di libertà’ (presente in ‘Storia di un impiegato’ del 1973) riprende la coralità del gruppo, con l’aggiunta del bouzouki di Lucio Gaetani ed il violino di Claudio Merico (suo il bellissimo assolo finale); sul tema della canzone ci sarebbero tante cose da dire ma i versi “C'hanno insegnato la meraviglia verso la gente che ruba il pane ora sappiamo che è un delitto il non rubare quando si ha fame” e il famoso “Per quanto voi vi crediate assolti siete per sempre coinvolti” credo siano più che esplicativi del testo.
‘Khorakhanè’ (da ‘Anime salve’ del 1996) è la canzone che chiude la terza sezione ed anche l’intero lavoro: qui abbiamo la presenza di un altro ospite, Alessandro D’Alessandro all’organetto, e soprattutto ancora una volta si erge con forza la voce solista ed avvolgente di Roberta Sforza, soprattutto nella parte finale del brano.
La bonus track ‘Girotondo’ (in ‘Tutti morimmo a stento’ del 1968) vede la partecipazione, oltre che di tutte e tre le voci del gruppo, anche del Coro ArsLive di Recanati formato da 11 bambini e diretto dal deus ex machina Lucia Brandoni a chiudere in maniera mirabile e quasi come fosse un cerchio appunto questo lavoro incentrato, come sottolinea nella puntuale introduzione il cantautore Alessio Lega, soprattutto sulla antropologia della libertà e dell’irripetibilità dell’esperienza umana.
Sambene
I Sambene cantano De Andrè. Di signori distratti, blasfemi e spose bambine
Genre: Cantautorale
Tracks:
- 1) Canzone dell’amore perduto
- 2) La ballata dell’amore cieco
- 3) Hotel Supramonte
- 4) Dolcenera
- 5) Spiritual
- 6) L’infanzia di Maria
- 7) Un blasfemo
- 8) Il testamento di Tito
- 9) Canto del servo pastore
- 10) Un giudice
- 11) Nella mia ora di libertà
- 12) Khorakhanè
- 13) Girotondo