Marco Ongaro
Canzoni per adulti
Un disco eccellente, già un nuovo classico
Voglio fare una premessa necessaria, ascoltare questa nuova fatica di Marco Ongaro fa un male da morire, voglio, però precisare subito per non essere frainteso, non è tanto l’ascolto del disco a procurare dolore ma il pensiero che un esploratore dell’animo umano come lui, sia ancora oggi pressoché sconosciuto se non a una parte degli addetti ai lavori, mentre meriterebbe di essere studiato anche nelle scuole come accade con i poeti classici.
Ma non voglio distogliere l’attenzione da “Canzoni per adulti”, un lavoro che è un po’ la continuazione ideale di “Archivio Postumia” quel disco che per una serie di circostanze è stato pubblicato non cinque anni dopo la sua registrazione avvenuta nel 1990, come era stato deciso con una certa bizzarria dal produttore, bensì dopo quindici anni e poi unitosi ad un altro disco registrato l’anno successivo e che per altre vicissitudini fu accantonato fino al 2005, anno della pubblicazione di questo duplice capolavoro rimasto, però senza una distribuzione reale causa la morte prematura del produttore stesso, un caso nel caso…
Non vorrei che a qualcuno venisse il dubbio che voglia parlare d’altro per non affrontare questo nuovo disco, è che non vorrei sembrare esagerato in questa lode sperticata di questo nuovo disco che, se vogliamo, è forse ancor più capolavoro e maturo di Archivio Postumia.
Che “Canzone per adulti” sia l’ideale altra faccia di un’unica medaglia si intuisce sin dalla copertina pressoché identica nello stile a quella di “Archivio postumia” con quelle statue di giovani fanciulle con gli occhi bendati da un ideale nastro nero a sottolineare come queste nuove canzoni trattino temi da adulti.
Ecco in proposito come Ongaro riassume i propri propositi nel comunicato stampa che accompagna la presentazione del disco.
“Le canzoni sono per adulti perché il tema è inadatto ai bambini, non perché sia loro vietato. La sfera infantile è dedita ad altri giochi. Qui si parla dei giochi degli adulti, quelli che hanno a che vedere con la conquista e la sconfitta, con l’unione e la separazione, con la massima vitalità e il suo contrario, soprattutto in amore. È naturale che ne escano canzoni pervase da aforismi, da frasi come “Il tempo passa scandito dalle rate” o “Salvare e poi uccidere non è una cosa buona”. Canzoni che rincalzano il massimalismo dei microcosmi ruotando attorno al minimalismo di un macrocosmo come quello di Giovanni Falcone, protagonista del brano centrale del disco, sul quale ogni vezzosità irrisa e confessata con disarmante lucidità si avvoltola come ogni piacere della vita intorno al più tragico dei momenti”.
Allora è il caso di addentrarci in questo microcosmo ongariano, per vedere come se ne uscirà a fine ascolto.
Il disco si apre con “Il Salvatore delle donne tristi” un brano che continua il tema affrontato con “Landru”, è un brano già ascoltato tante volte in occasioni live e persino già recensito nel libro “Nudi di canzone” di Paolo Talanca, è un brano di superba costruzione in cui parole e musica si incastrano come in un puzzle, in cui ogni tassello è sempre al suo posto, è un brano che ha la capacità di commuovere ad ogni nuovo ascolto e creare il desiderio di riascoltarlo all’infinito, andrebbe analizzato verso per verso, io per ragioni di spazio riporto solo questi “La sua è una vocazione / Una missione un dovere / Un impegno un tormento / All’occasione pure / Un passatempo” che racchiude in sé tutto il dramma, l’ambiguità, l’ineluttabilità della sua esistenza vissuta da questo moderno Landru. Sublime.
Con “Il sostegno delle massaie” Ongaro ci permette di uscire da questo loop e ci trascina con uno swing dal ritmo accelerato e vorticoso, così come frenetica è la vita di oggi, in una diversa visione della stessa figura del dongiovanni, quasi fosse il rovescio della stessa carta, il clima qui è ovviamente diverso, ironico, scherzoso, tanto da ipotizzare una sorta di riconoscimento ufficiale del ruolo sociale svolto dalla figura del moderno dongiovanni “Il sostegno alle massaie è una cosa seria / Mentre tutte ste famiglie saltano per aria”.
Eccoci poi, con “La donna col pugnale” immersi in un’atmosfera notturna, un blues jazz dalle tinte scure, per un dramma passionale consumato tra le mura di casa, tra una cucina ed una veranda, in un continuo alternarsi di sentimenti tra dolore e delirio, tra sottile piacere e lacerante sofferenza “Cedo al cuore di questa carezza / Al calore al profumo all’ebbrezza / Mentre affondo con delicatezza / La mia lama che taglia e che spezza”. Un grande pezzo.
Con “Le risorse della tecnica” si riparte a ritmo sostenuto, l’oggetto della canzone può sembrare la tecnologia, ma trattasi in realtà di una serie di pensieri intorno alle crudeltà tipiche dei rapporti amorosi, quando “E’ molto comodo il telefono / Se lo si lascia senza immagini / Che poco o tanto te l’immagini / Cosa succede quando esageri / Quando pretendi che ti ascoltino / Senza ascoltare cosa vogliono / Chissà se nelle videocamere / Le rivedresti che sorridono / Non vuoi doverti confrontare con le lacrime / Perché davvero lei magari sta piangendo e lo nasconde sei tremendo fai del male a chi ti ama”. Siamo sempre, come vedete, su livelli alti.
“D.J.” o meglio “ora semplicemente D.J.” ci racconta con fascinazione le gesta odierne di un mito di altri tempi, anzi di ogni tempo, quello del Don Giovanni perché, come ci canta Ongaro “Lo farebbe qualcun altro / non facesse quel che fa” e perché in fondo “E’ una terapia sociale / Una specie di dovere / Non fa mica così male / Raddoppiare la metà”, la canzone è dolcissima e piena di poesia.
“Poco o niente” è una canzone di puro amore, strepitosa, dedicata alla propria compagna Sandra, è amore all’ennesima potenza, è la propria purezza d’animo quella che il protagonista cerca di portare agli occhi dell’amata “Apri la mano / E sboccia / La foresta pluviale / Piante prive di nome / Piogge di manna e miele” ma lei una donna, non un boccalone e non ci casca “Apri la bocca / E ridi / E ridi consapevole / Che sono mezzo matto / Che sono il sesso debole” e allora? Non resta che sperare nel fatto che lei è anche madre e forse per questo lo potrà perdonare. Sublime.
“La scorta” rappresenta uno stacco, perché è una canzone dedicata a Giovanni Falcone, ma in fondo la sua morte può essere ben letta come un estremo sacrificio d’amore di chi è convinto fino in fondo dei propri ideali, il testo scritto da Ongaro guarda con pieno disincanto alla sua figura, lo coglie nella quotidianità e musicalmente ne rende epica la sua fine anzi, ascoltando il magnifico assolo di sax soprano di Marco Pasetto che sembra sollevarsi piano piano come il fumo lento sopra “le lamiere a brandelli / incontrando l’estate” a stento si trattengono le lacrime. Altro brano strepitoso.
Ecco invece un brano forse di minor intensità, ma certamente godibile, “Homo erectus” un accelerato kletzmer in cui è la megalomania nell’amore ad essere rappresentata, quella che porta il protagonista a rivendicare questo assolutistico assunto “Nessuno amerà nessuno se non amo te”.
“Cinque lettere” ci pone a ritmo di swing una riflessione: le parole amore e paura hanno entrambe cinque lettere ma che enorme differenza e in una realtà in cui “Un orologio è inutile e volgare / Il tempo passa scandito dalle rate”, ecco dunque che l’amore per vincere la paura ha bisogno di essere folle. Geniale.
“La ballata della cavalla assente” è invece una cover in italiano di una canzone di Leonard Cohen ed è una splendida metafora dell’amore di coppia, con tutte le gioie e le insidie del percorso a due “Lui si lega al galoppo e la cavalla lo regge / Anche lei gli si lega e lui la protegge / Solo destra e sinistra / non c’è passo né scarto / Solo il giorno e la notte non c’è tempo o traguardo”.
“Piccola amica” tocca il tasto delicatissimo dell’amore oltre la vita, quel legame che può sopravvivere anche alla morte, che tiene unite due persone ormai irreparabilmente divise da quel varco incolmabile che è la morte, è molto breve ma incredibilmente piena di trepidante poesia “E io crederò ancora / Con un lieve sussulto / Di vederti l’aurora / Nel volto / Sentirò sospirare / O un sottile fruscio / Non si può calcolare / Quanto dura un addio”.
Con incredibile ironia, che si riflette anche nella gioiosa musicalità “Feydeau” offre una specie di guida, una serie di consigli pratici per quelle donne che vogliono trattenere l’amante anche quando sentono che stanno per perderlo, ma non si può fermare il destino incombente “Era pazzo di te / Eri pazza di lui / Tu strapazzalo pazza più pazza che mai / Ti rimpiazzerà / Ti rimpiazzerà / Ti rimpiazzazzunparazzà”.
Chiude ufficialmente il disco un’altra cover “Ricordi” sempre da Leonard Cohen, una canzone molto nostalgica che sa di anni ’50, di “Happy days”, di purezza adolescenziale, quando ancora le ragazze chiedevano permesso ai propri genitori per uscire con un ragazzo, è uno slow di quelli ballati stretti, guancia a guancia e in quel “Si forse io potrò / si forse io potrò /vederla nuda” del giovane protagonista innamorato c’è tanta tenerezza ma anche tanta nostalgia per un tempo ormai passato che non tornerà più, come Apicella-Moretti quando in Palombella rossa urla “Non torneranno più le merendine di quando ero bambino”.
Resta, però ancora spazio per un divertissement celato in questa ultima traccia, dove Ongaro gioca in piena libertà con l’amore più civettuolo e leggiadro e come di consueto con le parole concludendo così “La vita è fatta a onde / si spiega e ti confonde / e chi non se ne intende / si trova a naufragar / la nave dei miei sogni / che come tu mi insegni / è piena di congegni me la vorrei comprar / se avessi del denaro forse sarei avaro / meglio restare ignaro del fasto e del poter” questa giocosa canzone.
E’ davvero tutto, il sipario cala, ma l’eco di questo compendio sull’amore o meglio sul tema dell’innamoramento, con tutti i suoi risvolti risuona ancora nell’aria e già vien voglia di riascoltarlo e poi ancora e ancora e ogni volta ci si emoziona, ci si diverte, ci si commuove ed ogni volta si colgono nuove sfumature, anzi dovrei riscrivere quanto scritto finora, ma non è il caso, vi lascio un consiglio, prendetelo ascoltatelo e ne rimarrete stregati…
Marco Ongaro
Canzoni per adulti
Genre: Cantautorale
Tracks:
- 1) Il Salvatore delle donne tristi
- 2) Il sostegno delle massaie
- 3) La donna col pugnale
- 4) Le risorse della tecnica
- 5) D.J.
- 6) Poco o niente
- 7) La scorta
- 8) Homo erectus
- 9) Cinque lettere
- 10) La ballata della cavalla assente
- 11) La piccola amica
- 12) Feydeau
- 13) Ricordi
Renseignements pris à partir du disque
Edizioni Musicali Freecom
Bobo Facchinetti: batteria
Pepe Gasparini: contrabbasso
Cristina Guardini: voce
Bruno Marini: sax baritono
Claudio Moro: chitarra
Marco Ongaro: pianoforte, voce
Marco Pasetto: clarinetto, sax soprano
Mara Vicentini: viola, violino
Inciso e mixato da Giampaolo Righetti presso Emotion Records Verona (Gennaio 2010)
Testi e musiche di Marco Ongaro tranne:
“La ballata della cavalla assente” di L. Cohen (Ed. Sony)
“Ricordi” di L. Cohen e Phil Spector (Ed. Sony/EMI)
adattate in italiano da Marco Ongaro
Produttore artistico ed esecutivo: Stefania Tramarin
Stampato e distribuito da Freecom
Edizioni Musicali Freecom
Tutti i diritti riservati Freecom
Foto e grafica Tiziano Cristofoli / Adrem