No Au
BE IN
Un nome, il loro, fatto apposta per infastidire l'intellighenzia nostrana e un progetto che dopo un primo EP autoprodotto “hEIP” del 2012 arriva a licenziare il suo primo LP nel 2019 dal titolo “Be In”. Tre ragazzi brianzoli che strizzano l'occhio alla terra di Albione sia attraverso una cover dei quattro scarafaggi di Liverpool, sia con un genere improntato su un rock classico tipicamente inglese, ma con aggiornamenti e venature psichedeliche, new wave e shoegaze.
Poche parole: tra tamburelli e distorsioni si nasconde uno spirito elementare eppur stravagante, indeciso ma irrequieto. Difficile capire profondamente questo disco se non si fa un esercizio di analgesia musicale endogena. Dopo un intro strumentale d'impatto e roboante a tutta chitarra (Red Moth), si passa alla forma canzone pop-rock in maniera disinvolta con un'attitudine vagamente viziosa, cioè corrotta, senza però dover cadere nella banalità di una lettura forzatamente lineare. In pochi minuti si passa dai giri sonici, elettrificati e distorti alle scorribande rock n' roll targate anche vocalmente dalla tradizione “rude” più smaccatamente mancuniana. Horses è una canzone a tutto tondo ammiccante, elegante e con un groove volutamente accattivante: il cool britannia viene sparato subito con uno spezzato da copia-incolla, onesto e melodico al punto giusto. Purple Daze conduce a un loop sonnolento, ma ipnotico che si mescola a una robustezza di fondo di un pezzo cerchiobottista che ha però il pregio di portare nuova linfa al lavoro con sonorità e timbri vocali riconducibili alle bande di motociclisti neri di S.Francisco (leggasi B.R.M.C). London Bridge inizia ridestando nelle nostre menti un ricordo di pumpkinsiana memoria. Solo alla fine ci accorgiamo che questa sobria ed elegante ballata ha il carattere per emergere con tutta la sua affascinante anoressia sonora, sfociando in una sorta di colonna sonora visionaria . La cover di Norvegian wood ci restituisce una gemma di Rubber soul senza appiattimenti e stereotipi scontati, cercando però di rimanere nel solco della tradizione con rispetto e misura anche nei passaggi arrangiati con personalità. Magic bus il pezzo più interessante del lotto insieme a Be in, spazia da sonorità post-grunge e industrial in stile Filter al rock puro con lunghi assoli di chitarra. La già citata Be in funziona come un lounge pop, dove però con il passare dei giri si percepisce l'organicità dell'intero lavoro tra una batteria troglodita e macchinosa in stile McCarrol dei primi Oasis (che però restituiva una certa genuinità indie al sound complessivo, decisamente più bislacco e lofi), un basso che diventa improvvisamente uno stantuffo come nelle versioni più nervose dei Joy Division e una chitarra che arpeggia tra voli pindarici e cicli continui dall'alone shoegaze.
Questo disco infarcito di tanto back-ground culturale fa emergere una formula collaudata, ma che gli restituisce un' immagine ben definita per certi versi vincente nel suo rigore classicista. Alla fine non ci resta che definirlo un disco meditato seppur improvvisato, ma fottutamente trendy.
Line Up
Stefano Guglielmi – voce, chitarra
Francesco Rondinelli – batteria
Alessio Cirillo – basso
No Au
BE IN
Genre: Psichedelica , Britpop , Shoegaze
Traks:
- 1) Red Moth
- 2) Horses
- 3) Purple Daze
- 4) London Bridge
- 5) Norvegian Wood (His Bird has Flown)
- 6) Magic Bus
- 7) Be In