Tigran Hamasyan
Mockroot
Mockroot è un disco che non da respiro: lui è Tigran Hamasyan l’ex enfant prodige armeno di nascita e californiano di adozione che da piccolo sognava di diventare un membro di una band trash-metal. E si vede … Lui invece si specializza in piano prima, e in studi classici dopo, sconfinando nell’amore per il jazz.
La grandezza di questo lavoro sta nella perfetta amalgama tra ciò che può sembrare apparentemente incompatibile: piano solo, musica da camera e sferzate di timbro metal si contaminano anche di un piacevole retrogusto folk andando a intingere, in questo crogiolo altamente cosmopolita, originali influenze da parte di compositori armeni. Il risultato è un formidabile acuto di brillanti sonate dagli andamenti più disparati. Dai lenti e soavi canti femminili accompagnati da un piano in The Roads That Bring Me Closer To You agli accenti incalzanti e convulsivi di Entertain me incredibilmente indecifrabili tra ispirazioni prog, rock, metal e persino chamber/dream come in The Grid. Il tutto abbondantemente spolverato con un’accattivante valenza di origine mediorientale come in To Negat. Proprio qui su un’aria di carattere cameristico si inseriscono dei canti tipicamente indoeuropei. Altro esempio i due brani Kars 1 e Kars 2 canzoni tradizionali armene di cui Hamasyan ci offre una nuova veste grazie ad arrangiamenti rivisti per l’occasione. Impossibile non fermarsi per un attimo a degustare questi infusi dai mille aromi, finemente speziati dalla tradizione locale.
Nota particolare per Kars 2 (Wounds Of The Centuries), dove si respirano scenari mistici dal sapore regale e allo stesso tempo dalle tinte tenebrose. A questo si aggiunga il primo amore di Tigran per cui in molti è parso lampante una certa ispirazione a band quali i Tool o gli Jesus Lizard. E’ impressionante come alcuni passaggi di certi brani sconfinino in un non genere arrivando a fatica a distinguere se si stia trattando di sonorità classiche, doom e nu- metal, prog o electro-rock. Non manca davvero niente, come detto in precedenza a livello di andamento e velocità della track list. Questo album è dannatamente rumoroso o meglio schizofrenico, ma al contempo rilassante da ascoltare in macchina mentre si guida, o da soli in una stanza. Certe progressioni di tipo squisitamente tecnico e vocale sono da brivido per non dire celestiali e portano dritti, dritti a una sorta di apocalisse catartica per la mente.
Double-faced è un altro esempio calzante dell’ecletticità del giovane compositore. Una poliedricità dettata, non tanto dai molteplici riferimenti stilistici, ma dall’approccio stesso mentale e tecnico nel produrre musica. Si ritorna quindi alle calme acque e alle anime distese di Lilac un’altra splendida e onirica digressione in forma di sonata. Si direbbe solitamente in questi casi che l’intero lavoro è una sorta di jazz fusion dalle svariate tonalità, ma c’è di più. Un prospetto che non vuole più proporsi solo come un virtuoso del pianoforte ma con Mockroot, lo dice la parola stessa, Tigran porta le sue radici melodiche a virare verso qualcosa di veramente nuovo immerso nell’elettronica e nel rock avanguardista. Una sintesi davvero perfetta, quanto genuina, tra mondi che appaiono sempre più destinati a influenzarsi a vicenda per diventare la nuova classica del millennio.
Tigran Hamasyan
Mockroot
Genere: Free jazz , Metal progressivo , Neofolk
Brani:
- 1) To Love
- 2) Song For Melan & Rafik
- 3) Kars 1
- 4) Double-Faced
- 5) The Roads That Bring Me Closer To You
- 6) Lilac
- 7) Entertain Me
- 8) The Apple Orchard In Saghmosavanq
- 9) Kars 2. (Wounds Of The Centuries)
- 10) To Negate
- 11) The Grid
- 12) Out Of The Grid