Scritti Corsari: Intervista del 27/03/2010

Pubblicato il: 27/03/2010


Come già preannunciato in un’intervista che mi avevano rilasciato il 2 febbraio 2009, esce il primo album degli Scritti Corsari, formazione toscana folk rock attiva sulle scene musicali già dal 2003. Il cd omonimo, che si può richiedere direttamente al gruppo tramite i siti Internet scritticorsari.altervista.org e www.myspace.com/scritticorsari, è formato da 7 canzoni per una durata complessiva di circa 40 minuti. Gli Scritti Corsari, nome preso in prestito da Pier Paolo Pasolini, sono formati da: Bettina Ferretti (voce), Maurizio Vannoni (tromba, trombone), Marco Taddei (chitarre), Samuele Baglioni (basso) e Stefano Nassi (batteria e percussioni); nel disco d’esordio sono presenti anche Samuele Borsò (seconda voce nell’iniziale ‘Il principe pescatore’), Daniele Cei (fisarmonica in ‘Manichini nudi’, ‘Mère Méditerranéenne’ e ‘Compagni di viaggio’) ed Andrea Marianelli (basso fretless solista in ‘Mère Méditerranéenne’). Il cd è gradevolissimo e la voce di Bettina si erge su tutti gli strumenti a cui devo dire è data molta importanza: in alcune canzoni è il basso a dominare, in altre la tromba o la chitarra ed in altre la batteria. Ecco di seguito le domande.

Dopo anni passati ad alternare cover dei vostri riferimenti musicali a canzoni vostre, avete deciso di fare uscire questo primo album fatto esclusivamente di vostri pezzi, come è nata l’idea?

Avevamo l'esigenza di dare un senso al lavoro svolto fino ad oggi e di arrangiare definitivamente i nostri brani, che avevamo fino a quel momento eseguito solo dal vivo. Inoltre, sempre più spesso, chi veniva ai nostri concerti ci chiedeva se avessimo un cd per poterci riascoltare, anche perchè non sempre durante un concerto è possibile seguire bene i testi che per noi sono molto importanti... per questo abbiamo voluto che nel libretto del cd fossero riportati i testi di tutte le canzoni, e per questo abbiamo rimandato alle pagine del nostro sito, dove per ogni canzone abbiamo indicato alcuni links utili per approfondire o lasciarsi incuriosire dagli argomenti che sono trattati. Infine, non ultima, la nostra personale soddisfazione nel veder concretizzare in un cd la nostra musica, dopo anni di prove e concerti.

Il cd esce con il certificato copyzero, come mai questa scelta e potete spiegare meglio cosa significa?

Intanto, nessuno di noi è iscritto alla Siae, né aveva voglia di farlo. Sappiamo che questo è pressoché l'unico modo per avere i diritti dalla propria musica se questa passa in radio, televisione, ecc. (ma non è il nostro caso, dato che gli unici introiti che prevediamo di ricevere dal cd sono relativi alle vendite dirette che faremo noi), sarebbe quindi inutile pagare la costosissima iscrizione per poi avere un mare di vincoli sull'utilizzo dei brani. Già, perché depositare i propri brani alla Siae comporta tantissime restrizioni, per cui alla fine non si è più padroni della propria musica; inoltre a noi interessava fondamentalmente che i nostri brani "girassero" e che fossero ascoltati più liberamente possibile da chiunque lo volesse (abbiamo caricato l'intero cd su Jamendo (http://www.jamendo.com/it/album/62030) - in modo da poterlo ascoltare e scaricare gratuitamente).
A questo punto si è presentato il problema di tutelare in altro modo il nostro diritto d'autore, grazie a lunghi colloqui con artisti favorevoli al copyleft, abbiamo capito che la strada giusta da seguire sarebbe stata quella di pubblicare le nostre canzoni con licenza creative commons (http://www.creativecommons.it/), con la quale puoi stabilire TU quali diritti siano concessi e quali siano riservati. Oltre alla licenza (che non "tutela il diritto d'autore", ma stabilisce soltanto in che modo un terzo possa fruire della tua opera) abbiamo anche depositato le canzoni presso copyzero (http://www.costozero.org/wai/u2.html), che permette questa tutela stabilendo l'esistenza di una certa opera applicandole una "marca da bollo temporale", questo perché -e si tratta di una questione molto importante- il diritto d'autore è tutelato non dalla siae ma dal codice civile: occorre solo dimostrare che un brano esiste da una certa data... che è esattamente quello che copyzero è in grado di certificare.

Andiamo nel vivo dell’album, che si apre con ‘il principe pescatore’, di che cosa parla questa canzone?

(A questa domanda risponde direttamente Bettina, che è l’autrice del testo)
Lessi lo struggente ricordo di Marino dopo la scomparsa di Paolo Mozzicafreddo; di tutte le cose che ricordò di lui quella che mi colpì di più fu la descrizione di una grande passione di Paolo, la pesca, che anch'io per altro condivido. Mi parve di vederlo, sul bordo del fiume, nel silenzio di un pomeriggio d'estate, col rumore dei grilli tutto intorno. Ma lo vidi come un principe, quelli che erano i protagonisti delle fiabe di mio nonno e che immaginavo coronati poveramente con corde e perline, come le collanine che fabbricavo da bambina per diventare la regina povera dei miei animali. Infatti nel brano ci sono chiari riferimenti a novelle antiche, quelle della mia terra: quelle favole della gente povera, dove al massimo i principi potevano pescare, suonare il tamburo, uscire dal palazzo reale al suono delle trombe e corteggiare candide principesse. Paolo l'ho sognato, in riva al fiume che pescava pesci colorati,e che sorrideva, come sempre, come l'ultima volta che l'ho visto. Ho sentito l'esigenza di scrivere questo testo, al quale tutti noi siamo particolarmente affezionati... e magicamente ogni volta che lo suoniamo la gente balla e sorride, e questo è il nostro regalo per un amico (o forse è l’ennesimo regalo che quell’amico ha fatto a noi).

E’ innegabile con questa canzone il vostro legame particolare con i gang e soprattutto con il compianto paolo, che cosa rappresentano per voi i fratelli severini?

Paolo è stato il primo "Gang" al quale ci siamo avvicinati ormai tanti anni fa: un po' per questioni anagrafiche, un po' per una damigiana di vino svuotata insieme (anche con France') ad un festival in toscana. Da allora ogni volta che ci vedevamo era una festa, che iniziava prima dei concerti e finiva molto dopo.
I Gang sono il modello di artisti che meglio incarnano la nostra idea di fare musica: cioè in maniera "nomade", con il loro girare la penisola dal nord al sud ovunque li chiamino ed ovunque ci sia bisogno. Inoltre li apprezziamo per le scelte che hanno fatto, coerentemente, per la loro autonomia e la "libertà" della loro musica, anche a costo di rinunciare ad un contratto discografico.
Ci piace anche la scelta di veicolare determinati messaggi in maniera mai "sguaiata", sbandierata: le canzoni dei Gang comportano sempre un po' di ricerca per cogliere a pieno il loro significato, non si limitano a slogan facili da urlare per darsi un contegno. Ma soprattutto li amiamo perché sono persone umili e disponibili dal punto di vista umano.

Si va avanti con ‘manichini nudi’, canzone che affronta il tema dei vari genocidi che hanno caratterizzato la storia dell’umanità, dico bene?

Si,ci interessava parlare non soltanto della shoah ma ricordare che quello degli ebrei è stato un tassello di un orribile mosaico. Nel corso dei secoli si sono avvicendate persecuzioni di ogni sorta, dimenticate dalla cronaca e dalla storia. Con questo brano le abbiamo volute ricordare, nella speranza che i padri che le hanno subite, salvino i loro figli dalla violenza, dall’odio e dall'oppressione.

‘manichini nudi’ musicalmente parlando parte lenta per poi esplodere, questa scelta musicale e soprattutto la seconda parte può essere letta come un riscatto da parte di tutti gli uomini di buona ragione di fronte ai vari tipi di discriminazione? e’ una lettura giusta la mia?

…Anche!! La prima parte è più descrittiva, serve ad entrare in tutti quei luoghi di sofferenza dove sono accaduti fatti orribili. È lenta perché chi ascolta abbia il tempo di fotografare colori, sentire odori e suoni... immediatamente dopo alla parola "violenza" scatta la consapevolezza di ciò che succede, e la canzone diventa un treno ormai lanciato in velocità, fino al finale praticamente urlato.

‘Alla nuova compagna’ affronta sempre il tema della violenza, stavolta sulle donne, come è nato questo brano? Nasce da un'esperienza personale, vista totalmente al femminile.

Ancora una volta un sorta di consiglio a "spezzare le catene", una donna che subisce violenza psicologica tra le mura domestiche fa fatica a parlarne e finisce spesso per sentirsi lei stessa la causa di tutto ciò. L'intento di questo pezzo non è solo di denuncia, è soprattutto un invito a tutte le donne che vivono queste esperienze a non sentirsi sole, a trovare il coraggio di ricominciare a vivere.

Si continua con ‘padroni di sorte’, qui il fulcro del brano è rappresentato da una storia avvenuta durante la seconda guerra mondiale, ce la volete raccontare?

Nelle campagne di Pontedera (PI) c'erano tante famiglie sfollate, perché la cittadina era stata bombardata per la presenza della Piaggio, che all'epoca costruiva aerei da guerra. Le campagne quindi erano popolate dagli sfollati e dai contadini, gli unici ai quali un piatto di minestra non mancava. I tedeschi approfittavano della paura di queste famiglie (che spesso nascondevano i compagni partigiani) intimidendoli con minacce ed estorcendogli spesso ospitalità. Un vecchio contadino rifiutò di ospitare i cavalli degli invasori nella sua stalla, provocando inizialmente risa e scherno. La sera stessa il gruppo di soldati si fece ospitare per cena da un'altra famiglia, bevvero fin troppo e tra i fumi dell'alcool confusero il vecchio patriarca (Gaspero), che sedeva a tavola con loro, col vecchio che gli aveva rifiutato ospitalità la mattina. Attesero l'alba, prelevarono dalla casa Gaspero e suo figlio di circa 25 anni e li portarono nel campo dove la famiglia coltivava il grano. Obbligarono i due uomini a scavare una fossa, e non appena finirono uno dei soldati sparò nel petto del vecchio padre che cade morente nella fossa. Puntarono poi l'arma alla testa del figlio e gli intimarono di seppellire il padre. Mentre si apprestava a farlo il vecchio sul fondo della buca guardò negli occhi il figlio ed in pisano gli sussurrò "o che fai, mi sotterri?". Vista l’esitazione del ragazzo i soldati gli ordinarono di continuare se non voleva essere ucciso: il figlio seppellì, vivo, il padre.
Questa è solo una delle storie della resistenza che si raccontano nella nostra terra, terra di partigiani, ma ci ha sempre colpiti profondamente, per questo poi è sorta la voglia di raccontarla a nostra volta, con i nostri strumenti: una canzone.

Come nasce invece l’idea della canzone successiva, ovvero ‘mère méditerranéenne’?

Il titolo della canzone significa "Madre mediterranea" ed è un gioco di parole con "Mar Mediterraneo", che abbiamo letto anni fa’ sulla copertina di una rivista, "Carta" (http://www.carta.org/), che si occupa di (contro)informazione, politica, consumo critico, stili di vita alternativi, decrescita, ecc.
Il senso della canzone sta tutto nel suo ritornello: «ti dicono confine/Mer Méditerranée/sei madre gentile/Mère Méditerranéene», il nostro mare ci viene sempre descritto come un confine che separa due culture, due civiltà, ma in realtà è un "trait d'union", una madre gentile, appunto, che ci accomuna con le sue premure. Il testo, tra un'allitterazione che ricordi il rumore del mare, una citazione da Manuel Vázquez Montalbán, un elenco di strumenti musicali tipici delle due sponde del Mediterraneo, racconta (e smentisce) proprio questa dicotomia.

La penultima canzone è ‘di ritorno dal campo di dakhla’, canzone che a me piace molto e che affronta il problema della popolazione sahrawi, volete raccontarci la gestazione di questo gioiello?

Marco con la sua famiglia è andato in visita al campo profughi Sahrāwī di Dakhla, nella provincia di Tindouf in territorio algerino. Durante il viaggio di ritorno suo padre ha scritto una poesia, che è diventata il testo della canzone quando -come regalo di compleanno- Marco e Bettina hanno deciso di mettere in musica le sue parole. Col tempo è diventata a tutti gli effetti una canzone degli Scritti Corsari, che si riallaccia perfettamente, ci sembra, con quel discorso sulle persecuzioni dimenticate che facevamo prima per "Manichini nudi".

Sempre riferendomi a questa canzone in alcuni punti mi ricorda alcuni brani dei modena city ramblers, anche loro fanno parte dei vostri riferimenti musicali?

I Modena sono sicuramente un gruppo che abbiamo ascoltato tanto, quasi tutti noi; non sono uno dei nostri riferimenti musicali più "espliciti", ma riascoltando le nostre canzoni alla ricerca di un "déjà-sentì" ci sono venute subito in mente "Radio Tindouf" e "Ahmed l'ambulante", l'una per il testo e l'altra per certe sonorità che echeggiano in entrambe le canzoni.

Il cd si chiude con ‘compagni di viaggio’ che è un po’ la vostra canzone manifesto in cui dichiarate le vostre intenzioni musicali ed umane, sbaglio?

In realtà la canzone è effettivamente un "album fotografico" che raccoglie tutta una serie di esperienze di viaggio... vero è che quel modo di viverlo è senz'altro anche una buona metafora.
In definitiva, "manifesto" è forse un po' eccessivo, però... sta a chiusura del disco non proprio per caso.

Andrete in giro per l’italia a promuovere il disco?

"In giro" sicuramente... "per l'Italia" speriamo!
Come dicevamo prima quello che più ci preme è che le nostre canzoni siano ascoltate da più persone possibile, d'altronde sappiamo quanto sia difficile trovare palchi su cui suonare, a maggior ragione se consideri che tutti noi abbiamo un lavoro, e che Bettina dalla fine di Dicembre se ne è trovato uno molto "impegnativo": è diventata mamma di Zeno, che le richiede molte attenzioni!
Questo però ha implicato solo una pausa momentanea, qualche data è già in programma per l'estate e siamo pronti per nuovi palchi... con uno spettatore in più, da adesso!

Un grazie particolare e speciale agli Scritti Corsari per la disponibilità, l’umiltà e soprattutto l’amicizia dimostratami ed un mega in bocca al lupo per il loro primo gioiello.

 

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