Nichelodeon: Intervista del 24/11/2008

Pubblicato il: 24/11/2008


Nichelodeon è un progetto davvero interessante tra avanguardia, sperimentazione e decadenza. "Cinemanemico" è il loro primo lavoro su cd e fa nascere molte domande a cui Maurizio e Claudio hanno risposto in modo molto esauriente.

Ci parlate delle singole esperienze di ciascuno di voi? Penso siano importanti per focalizzare il lavoro realizzato in "Cinemanemico".

Maurizio: Una formazione di stampo accademico, ma sempre con una propensione verso i linguaggi delle avanguardie storiche e della musica contemporanea. Una discreta attività concertistica come pianista di musica da camera. Una passione per il progressive rock e alla contaminazione tra rock e musica “colta”, che grazie all’amicizia con Francesco Zago si è concretizzata nella partecipazione al gruppo degli Yugen.

Claudio: Io vengo dal teatro. Ho scritto musiche per diversi spettacoli anche di danza e per installazioni e cortometraggi. Prima, ho seguito degli studi classici in pianoforte e canto, facendo parte contemporaneamente di progetti musicali molto diversi. Ora mi interessa studiare l'impostazione vocale in uso nei canti di culture lontane e nel Metodo Funzionale.
Francesco ha una formazione come chitarrista e compositore classico, ma ha maturato diverse esperienze nella musica di confine, militando in formazioni vicine al rock, quanto alla classica contemporanea, al jazz e alle avanguardie elettroniche. Ne cito alcune: Yugen, The Nightwatch, Budini Molli, Ensemble RepertorioZero, Zauss. Riccardo, si è mosso da studi pianistici classici avvicinandosi poi al jazz e alle avanguardie rock, collaborando a molte produzioni dell’etichetta Long Song Records.

Cosa significa il nome del gruppo?

Claudio: I nichelodeon erano i luoghi dove, con un nichelino, si aveva accesso alla visione dei primi lungometraggi. Il nome evoca un'epoca in cui si sperimentava l'interazione tra le diverse arti sulla base delle ricerche wagneriane. C'era stata l'esperienza vagheggiata da Skrjabin nei Mystères e realizzata solo in parte nel Prometeo, nascevano le prime avanguardie del Novecento, Futurismo e Dadaismo su tutte, che proponevano una multimedialità totalmente diversa da quella a cui oggi siamo abituati. In quelle manifestazioni le singole realtà artistiche concorrenti all'opera d'arte totale conclusiva erano indipendenti, avevano una loro autonomia, nessuna aveva un valore didascalico, di sostegno alle altre. Il risultato non era però caotico, anzi, pur muovendosi su piani diversi, ogni forma d'espressione concorreva ad una resa estetica finale di grande interesse e libertà espressiva che nasceva da dinamiche spesso fortuite. Un po' come oggi accade con le singole voci strumentali nel jazz. Bene, Nichelodeon vuole richiamare quello spirito, nell'incontro tra modi di suonare diversi dei singoli musicisti e nella convergenza di linguaggi artistici solo apparentemente lontani: musica, video, teatro dell'assurdo e così via dicendo.

Avete registrato il cd su traccia unica in occasione della performance "La stanza suona ciò che vedi". A cosa si deve questa particolarità?

Claudio: E' stata una situazione fortuita. Avevamo bisogno di un demo da distribuire durante i nostri concerti. Un caro amico, per farci una sorpresa, è venuto a registrare due serate con un DAT. Abbiamo ascoltato l'esito e la qualità era buona, così come l'intensità delle performance, pur con le imperfezioni del caso e con una certa, ovvia piattezza di dinamiche nel mixing. Abbiamo selezionato i momenti migliori e ne è nato un cd di lunga durata più che un demo vero e proprio. I primi che lo hanno ascoltato lo hanno accolto con un interesse inaspettato, pur constatando l'assenza di un numero di catalogo e così Cinemanemico per qualcuno è un “demo”, per qualcun altro è un “cd”. Per noi, è il primo documento sonoro di Nichelodeon.

L'autoproduzione come scelta, o forzata necessità?

Claudio: La quasi totalità dei dischi oggi sono autoprodotti, perchè le etichette accettano solo master già pronti da distribuire, chiedendo oltretutto una percentuale sulle royalties, contributi economici più o meno sostanziosi per l' ufficio stampa e per la distribuzione stessa ed imponendo delle scelte estetiche sulla natura dei progetti. In breve, quasi tutti i gruppi che si ascoltano in giro, hanno “comperato” il numero di catalogo con il quale il proprio disco è stato pubblicato ed a caro prezzo, anche in termini di libertà espressiva. Siamo disposti ad accettare una produzione, purchè le condizioni non siano quelle che ho elencato. In alternativa, tanto vale la pena realizzare da sé il cd e cercare in seguito una distribuzione (per ora on line), cosa che abbiamo fatto e che ci riguarderà in futuro nella registrazione del nostro primo lavoro in studio, anche se non lo nego, non mi dispiacerebbe essere smentito in questa visione delle cose, vorrebbe dire avere meno lavoro da fare e più tempo per dedicarsi alla musica.

Cosa vuol dire sperimentare al giorno d'oggi? E' davvero possibile fare qualcosa che non è ancora stato fatto?

Claudio: Ce lo si chiede da sempre e poi, rimescolando le carte in tavola, saltano fuori nuove prospettive. Certo, c'è chi riesce a fornire chiavi di lettura al processo creativo completamente nuove e chi solo un proprio modo espressivo, ma fa parte del gioco. Il mio punto di vista è che oggi più che mai gioverebbe mettere da parte un po' la necessità di inventarsi qualcosa di forzatamente nuovo con la testa e vivere la creatività come un processo interiore creandone le proprie leggi e c'è già molta gente che lo fa. Basta guardare e ascoltare fuori dai circuiti mainstream per scoprire musica viva. Se poi Nichelodeon sia o no un progetto che sperimenta non lo so, quando io scrivo penso solo a dare colore alla mia percezione delle cose attraverso gli strumenti che ho a disposizione ed in questo, gli altri componenti della band sono un'autentica miniera di risorse. Dovendo invece parlare della scrittura di Francesco trovo abbia un'eleganza ed un'identità rare.

Maurizio: Probabilmente occorre fuggire l’assillo di essere “nuovi” a tutti i costi…Penso che se un artista ha qualcosa di realmente autentico da proporre lo fa senza il timore di “somigliare” a qualcosa o qualcuno, e spero che le musiche di Nichelodeon vengano percepite come proposte originali che non hanno la pretesa di essere radicalmente sperimentali - cosa che a volte rischia di cadere in un’arida autoreferenzialità.

Come nascono i vostri brani?

Claudio: Più che “come”, mi verrebbe da dire “dove”, sui tram, mentre cerco di prendere sonno, durante riunioni. Nei momenti in cui meno me l'aspetto, abbandono il mio modo rigido e schematico di percepire le cose e subentra una sorta di “corto circuito”, un'area franca di cui riconosco subito l'urgenza. Non mi metto mai a scrivere musica volontariamente, perlomeno non per Nichelodeon, che per me rimane un diario.

In "La torre più alta" ci sono delle parole in lingua straniera e poi quel discorso sugli gnocchi... Qual'è la chiave di lettura?

Claudio: La torre più alta è un brano scritto per la Prima Biennale d'Arte Contemporanea a Mosca (Gennaio 2005). Allora i Nichelodeon non esistevano ancora e il regista Marco Rossi della compagnia Helmut di cui facevo parte, mi invitò a pensare ad alcuni minuti di musica che avessero come tema la risata e come sempre mi diede completa libertà d'azione. Il contesto in cui il brano sarebbe stato inserito mi fece venire in mente il tema del linguaggio, le difficoltà nella comunicazione non solo verbale tra i popoli, l'immagine biblica della Torre di Babele, che sentivo e sento molto contemporanea. Decisi di usare un linguaggio inventato che facesse ricorso ad assonanze più che a parole vere e proprie e di mescolare modi musicali occidentali ed orientali in modo molto libero, in relazione a flussi emotivi che usassero il tema iniziale della risata, ora festosa, ora isterica e così via dicendo. Il brano mostra come ci si muova per codici (parole, segnali corporei e non) a cui noi attribuiamo un significato che molto spesso abbiamo la presunzione di credere oggettivo. La parola “tavolo” risponde ad un oggetto ben preciso nella nostra lingua ma in un'altra non significa assolutamente niente. Con Nichelodeon ci siamo concessi un gioco. Il finale del pezzo come tu fai notare, usa una lettura di Maurizio da un trattato di cucina dell'Ottocento di Pellegrino Artusi. Estratta dal suo contesto proprio ed accompagnata ad un sottofondo musicale dal colore così scuro, quella ricetta, carica di spirito per il modo di scrivere dell'autore, sembra acquistare un altro significato. E' un po' il concetto dell'Orinatoio di Duchamp esposto in galleria applicato alla parola o come la regina che ripete soltanto “pane e burro” in Alice attraverso lo specchio di Carroll, per qualcuno possono significare qualcosa, per qualcun altro niente, ma sono comunque “significanti”.

Ho trovato molto poetico il brano "Malamore e la luna"

Maurizio: Sono d’accordo; è una moderna romanza da camera, che oscilla tra movenze melodiche e armoniche di stampo romantico e momenti di tensione più “espressionista”.

Claudio: Grazie. E' un pezzo molto vecchio, ha dieci anni. Una cartolina da un periodo buio e luminoso e una dedica, carica d'amarezza, a quelli con cui l'ho vissuto.

Quanto è importante la letteratura per il gruppo?

Claudio: Non più di altre forme di comunicazione e di relazione, almeno per quanto mi riguarda, ma amo moltissimo leggere.

Quali sono gli spazi a voi più congeniali per le esecuzioni dal vivo? Cercate di sperimentare anche visivamente? Raccontateci come si svolgono attualmente i vostri concerti.

Claudio: Posti dove la gente si siede e ti ascolta/guarda: teatri, auditorium, spazi espositivi, sale da concerto, biblioteche, chiese, chiostri ma anche piccoli locali dove la gente va per vivere quello che sta accadendo e non per avere il sottofondo ad una birra. Nei nostri concerti abbiamo sempre dei video che proiettiamo, abbiamo usato delle sculture del laboratorio letestedimary sistemate nello spazio, distribuiamo dell'assenzio mentre suoniamo e come detto, leggiamo delle ricette da La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene. Ora abbiamo avviato una collaborazione con l'attrice Manuela Tadini, che studia le possibilità di una nuova drammaturgia dell'assurdo. Con noi sarà responsabile di alcuni interventi performativi e io mi occuperò di allestire delle scenografie. Questo, dove gli spazi ce lo permetteranno, ovviamente.

Come viene recepita dal pubblico la vostra proposta? Ci sono casi in cui avete notato una difficoltà di comprensione di persone non abituate al "genere"?

Maurizio: Paradossalmente ho l’impressione che siano proprio le persone non legate alla preferenza di un particolare genere ad apprezzare di più la nostra proposta o perlomeno ad esserne incuriositi, forse perché non hanno aspettative preconcette…

Claudio: Già…abbiamo trovato vecchiette in venerazione alla fine dei concerti, cosa che ci ha sorpreso e ci ha fatto piacere, così come ci è successo di avere trecento persone nel pubblico che dopo i primi due brani sono diventate venti, ma è un discorso di contesti. Se il concerto è presentato nel modo giusto e viene creata l'atmosfera idonea tutto funziona, perchè chi viene mette già in conto che si ritroverà ad ascoltare qualcosa che farà fatica a sentire in radio e che, forse, non avrà voglia di ascoltare mentre fa le pulizie. Se ci fanno suonare in festival “d'avanguardia” dove i musicisti poi, suonano funky anni ottanta o giocano a fare gli imbonitori delle folle, arriviamo noi e la gente scappa ... Il punto è che Nichelodeon non vuole essere qualcosa in particolare. Non è avanguardia nell'accezione classica del termine perchè usa delle dinamiche dichiaratamente pop e rock e al tempo stesso non è né pop né rock

Il gruppo ha già all'orizzonte future evoluzioni, o vi state concentrando nel presente?

Claudio: Stiamo lavorando nell'ottica di un disco in studio. I pezzi stanno acquistando una confezione sonora più diretta, dove, oltre al pianoforte, a condurre le trame dell'arrangiamento sono anche la chitarra di Francesco, il synth e novità, il glockenspiel e le percussioni sintetiche di Luca Olivieri, un musicista attivo nel mondo delle colonne sonore e assiduo collaboratore degli Yo Yo Mundi, un violoncello elettrico.

Consiglia ai lettori di Estatica, dischi, libri o films in sintonia con Nichelodeon

Claudio: Facciamo così, ti dico quello che ricordo di aver ascoltato, letto, visto negli ultimi tempi.
I dischi: Nico: The marble index; Univers Zero: Heresie; PGR: Montesole; Nono: Il canto sospeso; Swans: Die tur ist zu; Peter Hammill: The silent corner and the empty stage; Portishead: Third; Scott Walker: The drift; Diamanda Galas: Vena Cava; Tim Buckley: Starsailor; Liars: Drum is not dead; David Sylvian: Secrets of the beehive; Robert Wyatt: Rock Bottom; Dead Can Dance: Spleen and Ideal; King Crimson: Red; Ernesto Tomasini/Fabrizio Modonese Palumbo: Canes Venatici; Antony: Another world; tutto quello che hanno prodotto finora Othon Mataragas e Marika Klambatsea; quattro canzoni:Wild is the wind cantata da Nina Simone; La chanson des vieux amants di J.Brel; Avec le temp di L.Ferré, Vedrai, vedrai di Tenco.
I libri: Celine: Morte a credito; Agota Kristof: Trilogia della città di K; Derek Jarman: Chroma; Matteo Galiazzo: Una piccola forma di anestesia chiamata morte; A. Jodorowsky: Psicomagia; Giuseppe Ungaretti: Vita d'un uomo.
I films: Kim Ki-Duk: Primavera, estate, autunno, inverno e poi ancora primavera, Ferro 3; P.P. Pasolini: Salò; Luchino Visconti: La caduta degli dei; K. Kieslowski: La doppia vita di Veronica; Guillermo del Toro: Il labirinto del fauno; Tim Burton: Edward mani di forbice; Lars Von Trier: Idioti; D. Lynch: Island Empire.

Nichelodeon