Mauro Frega è un cantautore genovese che ha pubblicato l'album "Short Stories" nel 2017. Cerchiamo di saperne un po' di più...
Quali sono gli strumenti che sai suonare e a che età ti sei avvicinato?
A 7 anni ho imparato a suonare la fisarmonica. Verso i 12 anni i miei mi hanno regalato una chitarra-banjo che avevo visto in un spettacolo degli scout e che mi era piaciuta. Poi ho imparato a suonare da autodidatta il piano e l’organo. Ho fatto direzione di coro e studiato chitarra classica. Poi mandolino e armonica. Adesso suono prevalentemente la chitarra acustica
Da quando hai iniziato a scrivere delle canzoni?
Intorno ai vent’anni. Era un modo bello per comunicare le esperienze, le aspettative di quel periodo. Secondo me le musiche erano passabili, i testi molto meno. Poi ho un po’ smesso, mi sono dedicato alla fotografia e alla comunicazione visiva, ma ho continuato a comporre brevi pezzi per chitarra.
Ci parli della tua esperienza con Kickstarter relativa alla pubblicazione dell'album, magari analizzando anche i pro e i contro della piattaforma?
Ho fatto il progetto di finanziamento (la registrazione in studio di 9 canzoni), ho stabilito il budget e il periodo entro il quale si poteva finanziarlo. Ho poi fatto sapere la cosa a varie persone. In cambio della quota (minimo 10 €) avrei dato loro i file audio in alta qualità una volta registrati. Il progetto viene presentato con un video promozionale e una descrizione.
Ha funzionato tutto perfettamente. Dopo 20 gg l’obiettivo è stato raggiunto. Una cosa in particolare mi ha colpito positivamente: chi decide di finanziare un progetto lo fa utilizzando la carta di credito. Ma solo se il progetto arriva a buon fine (cioè raggiunge il budget nel tempo stabilito) gli vengono prelevati i soldi dalla carta.
Molto utile poi la possibilità di far sapere ai finanziatori come procede il progetto.
Kicksterter è, come dire, un deposito di progetti di tutti i tipi (basti pensare che il film di animazione su Van Gogh -Loving Vincent- è iniziato proprio grazie a un progetto Kickstarter). Tanti i progetti artistici, ma anche di tecnologia, di design, …
L’unica cosa che forse è un po’ carente è la promozione del progetto a persone che non si conoscono e che potrebbero essere interessate. Io ho condiviso con gli amici tramite i social o tramite mail. Forse il fatto che le canzoni non fossero in inglese non ha aiutato.
Come hai proceduto con la registrazione allo studio Zerodieci di Genova?
Appena entrato ho visto la strumentazione, l’arredamento a tutela del suono e la presenza di un pianoforte a coda. E ho pensato: “Perfetto riesco a fare la canzone Rimane con te” che aveva proprio bisogno di un dialogo tra piano e chitarra. Poi con l’ingegnere del suono, Luca Nasciuti, ci siamo capiti su tutto da subito alla perfezione. Con lui ho imparato un sacco di cose. Soprattutto la parte della post produzione con la correzione del suono e la sua spazializzazione. Non ci fosse stato lui e il suo studio penso che non sarei riuscito a farlo. C’era un’idea sotto. Mettere i suoni in modo tale da creare un ambiente, uno spazio sonoro ma anche visivo, perché le immagini che metto nel testo sono quasi tutti fotogrammi. Uno spazio che lasciasse il cantato quasi sottovoce come a dire: “La sto cantando solo per te che la stai ascoltando”.
La tua musica dà un senso di tranquillità e pacatezza. Queste caratteristiche corrispondono con quelle della tua persona, oppure ciò che metti in musica è diverso?
E’ una cosa che voglio, che cerco. La musica mi deve dare l’armonia. Deve rasserenare. Deve portarmi da un’altra parte. cioè più a fondo. E’ dentro il fatto musicale che si trova questo. Ma direi che è anche dentro il modo di come si guardano e si ascoltano le cose. Non solo facendo musica. La musica esprime quello che cerco, quello che desidero, quello che ho trovato. Certo mettere questo in musica è un lavoro ma prima c’è un’educazione, un coltivare personalmente e insieme ad altri queste cose.
Al tempo del liceo ero molto confuso, sia per situazioni in casa, sia per il futuro. E mi ricordo come fosse ora che ascoltando un coro polifonico cantare un inno in una chiesa romanica ho pensato: questa armonia è quello che voglio nella mia vita.
Come definiresti la tua musica?
Orecchiabile, scorrevole, fa compagnia come mi hanno detto in tanti. Ruota sempre su poche note vicine tra loro, senza nessun salto. Se tende a salire poi scende perché la cosa importante è far muovere il tutto verso il punto di riposo che normalmente è una nota bassa. E’ la nota cui le frasi musicali tendono e che pacifica il percorso. Uso tanto anche accordi sospesi che appunto favoriscono l’attesa di un punto di riposo.
Per quanto riguarda gli strumenti faccio solo alcuni esempi. Cercavo uno strumento che dicesse la nostalgia e ho trovato la melodica, suono simile a quello della fisarmonica. L’armonica ha anch’essa una nostalgia ma lascia secondo me più aperta la sospensione, la tristezza. La slide guitar invece, che ho usato ne “Il profumo dei tuoi fiori”, dice benissimo la lacerazione dentro sé che l’essere migranti comporta.
Quali sono i brani a cui sei più affezionato e che fanno parte dell'album? Sia musicalmente che come testo
“Dove c’eran le stelle” è il canto dell’attesa che esiste solo se è capitata una cosa molto bella sul proprio cammino. In “Rimane con te” c’è questo dialogo tra il piano che ha un suono deciso, forte, sicuro e la chitarra acustica, che è un po’ flebile, fragile. E’ una sintesi musicale tra quello che dico nella prima strofa e nel ritornello (il pianoforte non a caso conclude il pezzo). “Sulla riva del mare”: penso sia esperienza di tutti quelli che hanno la fortuna di averlo davanti tutti i giorni pensare le cose che ho scritto, basta saperlo guardare. Poi la canzone che ho fatto per mia figlia “Ti sei fermata”, in cui ho scoperto appunto il senso della nostalgia. In “Una musica infantile” il giro di chitarre acustiche iniziale che suono sempre quando prendo la chitarra in mano.
Perchè hai sentito l'esigenza di scrivere un brano sul dramma del ponte Morandi?
Troppo doloroso. La notizia, le prime immagini, gli amici che chiamano da tutte le parti per sapere se stai bene, quelli che dicono son passato mezz’ora prima, lo strazio dei parenti e degli amici, lo sgomento degli sfollati che poi è diventato lo sgomento di tutti, … Avevo solo in testa queste cose, e le immagini. Ma insieme c’era una domanda: ma c’è in tutto questo una piccola luce che si possa intravvedere all’orizzonte? Qualcosa che pacifichi di nuovo, che dia una anche una piccola speranza? Lo dico nel ritornello. La parola silenzio deriva dal verbo “silere” che significa anche il suono che fa il grano quando germina. Tutto questo poi l’ho visto, o meglio ascoltato nel silenzio della piazza De Ferrari durante la commemorazione per i 43 morti, dove c’era la gente che mi sorrideva salutandomi e insieme a me piangeva. Come dire in quel silenzio qualcosa stava nascendo.
Una canzone comunque è preziosa perché non fa dimenticare. E io una cosa così non la voglio assolutamente dimenticare.
Diversi temi introspettivi trattati dalle tue canzoni si sono un po' persi in questi anni nei nuovi artisti. Cosa ne pensi?
Che manca tantissimo un lavoro personale su sé stessi, l’arte di farsi delle domande su quello che accade, di starci davanti tentando delle risposte, di dialogare con gli altri per scoprirle. Questo i giovani da soli non possono farlo. C’è bisogno che qualcuno faccia loro vedere che vale la pena. C’è bisogno di vedere esperienze positive anche là dove apparentemente non ce ne dovrebbe essere traccia. Bisognerebbe mettere obbligatoria nella scuola la lettura di Etty Hillesum che ha fatto della sua vita un grande cammino introspettivo. La ragazza ebrea che dal treno che la portava ad Awshwitz ha lanciato una cartolina con su scritto: “Siam partiti per il campo cantando”. O ancora Ilse Weber. Stesso destino. Lei componeva canzoni per i bambini del campo di concentramento per farli sentire a casa. Sul dramma bisogna saperci stare. Oggi si preferisce saltarlo. Nessuno ne parla. Invece è lì e prima o poi torna a galla. Io voglio parlarne perché ho scoperto che starci davanti ne vale la pena per quello che si scopre poco dopo.
Stai proponendo i brani del disco anche dal vivo?
Per adesso occasionalmente. Mi piacerebbe farlo perché cantare davanti a delle persone è diverso dalla registrazione in studio. Ci sei tu magari solo con una chitarra e questo basta a creare insieme a chi ti ascolta o inizia a canticchiare quello spazio sonoro e visivo che dicevo prima.
Tra i giovani il genere più ascoltato è il rap. C'è uno spartiacque tra nuova generazione e vecchia generazione?
In generale penso che a livello “popolare” si sia un po’ perso il canto come bellezza melodica e armonica, ed è rimasta un po’ una ritmica ossessionante su cui si mettono delle parole come vengono alla prima, senza nessun lavoro profondo di corrispondenza poetica.
Si è anche perso molto l’idea che con la canzone si possa comunicare un messaggio. E questo messaggio proprio perché è un canto può tradursi subito in una esperienza viva. Chi scrive oggi scrive in generale vari disagi personali o cose obiettivamente superflue, tanto per passare il tempo, che non fanno crescere nessuno. E la gente ascolta e canta quello che viene proposto.
Come dicevo prima mancano quelli che hanno da dire qualcosa di bello per la vita. Ne risente anche l’aspetto artistico.
Quali sono stati i cantautori più importanti per la tua formazione musicale?
Il primo disco che ho acquistato è stato il secondo LP di Fabrizio De Andrè e ne ho imparato subito tutte le canzoni che poi cantavamo insieme agli amici. Poi certe di Guccini. Ma non le ritengo importanti per la mia formazione musicale anche se le canto ancora. Alcune, quelle più acustiche, di Bob Dylan, forse si. Direi che quello che faccio io ha magari uno stile musicale che si può ritrovare in alcune canzoni loro, ma io voglio dire tutt’altro.
Oltre che comporre, ascolti anche musica attuale?
Mi piace molto il folk americano, celtico. Poi le colonne sonore di certi film e in generale la musica associata alle immagini. Tra i classici i concerti e le composizioni per coro di Rachmaninof e le Suites per liuto e per violoncello di Bach.
Ci spieghi in breve cos'è il servizio di marca temporale a cui ti sei affidato per proteggere i diritti?
Era mia intenzione proteggere la proprietà delle canzoni, non tanto ricevere compensi da eventuali ascolti, nel qual caso avrei dovuto iscrivermi alla Siae.
Attraverso il servizio di marcatura temporale (io ho acquistato il servizio presso Aruba.it) si protegge un file digitale (in questo caso l’audio mp3 della canzone e un file jpg del testo) associando ad esso data e ora certe e legalmente valide. In questo modo si protegge la proprietà della canzone come se fosse stata depositata presso un notaio. Ha quindi valore universale.