Giuseppe Palazzo: Intervista del 07/10/2014

Pubblicato il: 08/10/2014


Sono passati quattro anni dal tuo disco d'esordio "Piccole storie di quotidianità", il titolo del tuo nuovo lavoro è "Il linguaggio dei fiori", titolo altrettanto minimalista se vogliamo, però tra i due album sembra essere trascorsa quasi un'intera esistenza ... è così?

Eh! Già! E' così. Quattro anni intensi dove sono successe un bel po' di cose sul piano personale e anche il mio lavoro ne ha risentito. Quello che on è cambiato è sempre lo sguardo sulle piccole cose come hai fatto notare tu dal titolo.

Partiamo proprio dal titolo allora, perché proprio "Il linguaggio dei fiori"? Ascoltando il disco sembra quasi che le parole oggi come oggi si siano svuotate di significato e che il dialogare attraverso le parole non basti più. Conta quasi più il non detto del detto a chiare lettere. Ti ritrovi in questa chiave di lettura?

E' proprio così, i fiori hanno un linguaggio simbolico, non verbale, i fiori comunicano senza parlare, mentre l’uomo ha perso la capacità di comprendere il non detto, le emozioni, i disagi e i sentimenti che vengono comunicati senza parole. E' un tentativo di riscoprire quella parte primitiva che è dentro di noi e che ci permette di intuire oltre le parole.

Sai a me piace sempre soffermarmi sulla copertina del disco, che è un po' il biglietto da visita di un disco, nella copertina di "Il linguaggio dei fiori" è rappresentato un albero che affonda le sue radici nel terreno, ma guardandolo così la parte che normalmente non è in luce sembra un altro albero, quasi a dire che c'è sempre una parte sommersa di ognuno che magari è proprio quella più in sofferenza, il tutto in un monocromatico giallo caldo, né un rosso segno d'amore, né un verde carico di speranza, non penso sia una scelta dettata da motivi di stampa ...

E' un disco che sfiora temi dolorosi come l'assenza, l'instabilità, la crisi e perfino la morte e ho cercato, anche paradossalmente, in essi gli aspetti positivi. L'albero, simbolo della vita, mostra le sue radici tenebrose come a dire che nella morte c'è un po' di vita e viceversa. La scelta del giallo è stata voluta ma tecnicamente azzardata perché non abbiamo potuto fare, per questione di tempo, una prova di stampa con l'azienda che ha stampato il disco... alla fine è andata bene!

Direi proprio di si. A proposito di stampa, ho visto che il primo singolo estratto dall'album è proprio "Stampante", perché proprio questo originalissimo brano?

“Stampante” è un brano difficile, una canzone sui sentimenti profondi di un rapporto in crisi, con tanti accordi e una melodia melanconica e articolata, insomma una canzone per niente radiofonica. E' quasi irriverenza nei confronti del sistema radio! Poi era un po' che volevo fare un video con la tecnica stop motion e “Stampante” era il brano che più si prestava. Sono cambiate tante cose nell'industria discografica, oggi grazie a internet e ai social un buon video può fare la differenza. Non resta che incrociare le dita e sperare che questa scelta alla lunga porti dei buoni risultati.

Hai accennato alla difficoltà del pezzo e alla melodia articolata, però credo che il disco dal punto di vista soprattutto musicale possa considerarsi a pieno titolo un concept album, nessun abbondono all'accordo facile, al ritornello orecchiabile, un cantare molto intimista. E' così o è solo una mia impressione?

Il disco non è stato concepito come un vero concept album tipo “Tommy” degli Who per intenderci. Però c'è molta coesione tra i testi dei brani e soprattutto nella produzione di cui sono il responsabile! Scelta totalmente opposta a “Piccole Forme di Quotidianità” (il disco precedente) in cui ogni brano è un capitolo a se. In ogni brano de “Il linguaggio dei fiori” è presente un sinth noise il cui scopo è solamente di disturbo, una scelta stilistica che nessun produttore avrebbe mai assecondato. Allo stesso modo il disco suona scuro è pieno di frequenze basse e proprio questi elementi produttivi rendono il disco compatto come un concept.

Direi che mi hai rubato le parole di bocca. Allora vorrei cercare di scardinare questo monolito ... quale è la canzone che più ami tra tutte, anche se per un padre è sempre difficile scegliere la creatura preferita.

Guarda senza riserva alcuna ti dico che il pezzo che preferisco di tutto il disco è “Muschio e lichene”. Ho scritto il testo di getto, e questo per me è già un piccolo miracolo, un pomeriggio di ottobre. E' l'unico brano del disco che ho registrato in presa diretta: piano e voce, senza metronomo, come si faceva una volta. L'ho registrato a casa con il mio pianoforte calante degli anni '20. Sono udibili delle imperfezioni come lo scricchiolio dello sgabello del piano e tutti i respiri che conferiscono all'esecuzione un'atmosfera magica. Da buon padre devo però riconoscere che Il roseto è stato il primo brano arrangiato, quello che ha dato il taglio stilistico a tutto il lavoro.

Siamo davvero in sintonia, per non rubarti altro tempo prezioso, voglio spostare l'attenzione su una frase della canzone "Se manca l'elettricità" che chiude il disco, mi riferisco a "E io non riesco a guardare oltre il buio che non so affrontare", che mi sembra rispecchiare non solo una condizione molto personale, ma una sensazione comune a tanti in questo preciso periodo storico. Che ne pensi?

Penso che hai colto nel segno! La bellezza di alcune canzoni è proprio quella di rispecchiare le sensazioni comuni di un preciso momento storico e questo periodo ahimè si commenta da solo. Tuttavia il brano, e quindi il disco, si chiude con la frase "tu sei già qua e torna l'elettricità" che non lascia spazio a interpretazioni!

Giustamente prima hai detto che i tempi sono cambiati anche in campo musicale e il web offre nuove possibilità, allora vorrei congedarmi da te chiedendoti come inviteresti ad acquistare il tuo disco, utilizzando un breve twitt

Sinceramente non lo farei! E' anacronistico pensare di continuare a vendere i dischi tramite i canali tradizionali ... e per canali tradizionali intendo negozi fisici e store digitali ... iTunes per intenderci. Il futuro della musica in rete è nelle piattaforme di streaming, Spotify, Deezer, YouTube. Sfrutterei la possibilità del twitt per convincere le persone a uscire a frequentare i posti dove si fa musica sul serio, ad ascoltare un mio concerto dal vivo e se poi vi avrò convinto ad acquistare il disco al banchetto del merchandising. Il guaio è che anche i posti dove una volta si faceva musica sul serio stanno scomparendo o stanno mutando. Una tendenza comune dei progetti indipendenti come il mio è quello di suonare direttamente a casa delle persone, gli house concert sono una buona via percorribile in questo momento storico.

Si doveva chiudere con un twitt e invece queste tue riflessioni spalancano la porta su un discorso che meriterebbe pagine di riflessioni, che però ci allontanerebbero dallo scopo di questa breve intervista, cioè focalizzare l'attenzione su questo tuo pregevole nuovo lavoro discografico e spero che l'obbiettivo sia stato centrato, grazie per la disponibilità.

Grazie a te Fabio per l'ospitalità.

Giuseppe Palazzo
Giuseppe Palazzo