Lene Lovich, evidentemente, aveva lasciato molto più che semplici canzoni nel ricordo dei suoi fans. L’ho capito l’altra sera a Genova, quando un gruppo abbastanza nutrito di nostalgici misti a semplici cultori e curiosi, hanno incorniciato con fervore e trasporto la piazza più amata dai genovesi: Piazza de Ferrari. A guardare bene la maggioranza relativa del pubblico era composta di ultra cinquantenni scatenati e rivitalizzati da cotanta energia sprigionata dal palco e un po’ rincuorati dal fatto che anche la giovinezza ogni tanto può ritornare. E’ proprio il caso di dire che certe emozioni affiorano sotto pelle, quando il riassaporare pezzi andati, accende la luce sui meandri più intimi del personale oblio. Ed è così che l’atmosfera diventa subito da festa. Non quelle in cui ci si ubriaca e si ascolta distrattamente la musica. No, intendo proprio quelle con sorrisi, aria serena, che ti fanno battere il tempo con le mani e i piedi, ti fanno canticchiare le parole dei brani e soprattutto ti fanno ballare senza sosta fianco a fianco con uno sconosciuto. Lene Lovich ha proprio tutto della vecchia amica, dall’alto dei suoi sessantacinqueanni … Tanto empatica e accogliente nei modi, quanto grintosa e “politicamente scorretta” nelle sue performance.
Sul palco Lene è accompagnata da chitarra, basso, batteria e dalle immancabili tastiere di Kraftwerk memoria; ma soprattutto quello che non manca è la sua sincerità. Un personaggio a tutto tondo che dichiara apertamente a un noto giornale genovese di essersi ritirata dalla scena artistica per stare con la sua famiglia. Senza paraculi, senza dichiarazioni dettate dalle regole dello show business. Ora si ripresenta a distanza di anni, e con vari silenzi prolungati alle spalle tra una collaborazione e l’altra, dal momento che i figli sono cresciuti e lei si sentiva ancora con il giusto entusiasmo. Dismettere i panni della mamma per tornare a essere solo una rockstar è stato probabilmente per lei come un ritorno al futuro. Ricordiamo tra gli altri gli imperdibili album Stateless del 1978 e Flex del 1979.
Fin qui le note di colore amplificate dalla bellezza di una Piazza che soffre tutt’oggi di una velata malinconia e che forse avrebbe meritato di venire riempita ancor più di quanto già non fosse. Ma si sa a Genova le piazze si riempiono ormai solo con i concerti celebrativi, tanto più se intitolati a Fabrizio De Andre’. Una città rimpolpata solamente dalla gioventù altrui, universitaria, trasmigrante e fuori sede non può che vivere ahimè di ricordi.
La cantante di origini serbo- inglesi, ma di passaporto americano e cultura multietnica (ha vissuto tra Spagna, Francia e Olanda), va sul sicuro quando sfodera i suoi più grandi successi risalenti alla fine degli anni settanta. La cifra stilistica non si discosta da quel mix di new wave, punk e rock sessantottino che l’ha resa una vera perla nel panorama internazionale, ma la voce (che è sempre quella) è il vero motore dello spettacolo e del suo personaggio. Cantante, sassofonista, autrice, attrice, urlatrice, ballerina, teatrante d'avanguardia, cabarettista, icona del costume, maniaca delle arti visuali, musicista sperimentale, maestra e strega della voce Lene Lovich dimostra di essere in perfetta forma regalando ai presenti una performance di assoluto valore.
Tra occhi sbarrati, sorrisi malvagi e un look sinistro, passano così in rassegna pezzi come Lucky number, Say when e le sempre più applaudite New toy e Bird song. La classe poi viene servita come un piatto freddo con i brani Angels e Home; ma è con l’ultimo bis che Lene Lovich rende partecipe la platea del suo omaggio alle donne. Il suo carisma non teme cadute di sorta anche quando la prova diventa proibitiva: cantare in italiano Moro perchè non moro di Giunni Russo. In quel momento l’incrocio appena sfiorato dei due talenti è un’ immagine seconda per intensità emotiva solamente alla Creazione di Adamo di Michelangelo. Che dire di più … Avremo esagerato? Forse, ma di fronte a una testimonianza tanto preziosa credo sia stato doveroso lasciarsi andare per un momento e cullarsi dentro il grembo materno di Genova.
Nota a margine e una citazione particolare per gli artisti che si sono esibiti prima di Lene Lovich: Lilith & The Sinnersaints (PC), Flavia Ferretti (GE) e Technoìr (GE).