Disco Club è più di un negozio di dischi, è un vero punto di riferimento a Genova! Attivo dal 1965, è posto in una posizione ottimale, a due passi dalla stazione ferroviaria di Genova Brignole.
Abbiamo pensato di fare un'intervista a Gian, la persona che sta dietro a questo negozio.
Immagino che sia stata la passione per la musica a farti aprire il negozio tanti anni fa. Sei riuscito a mantenerla sempre?
La storia parte da molto lontano. Io abitavo in piazza Verdi, dalle finestra di casa mia vedevo il palazzo al posto del quale sarebbe poi sorto quello dove dal 19 dicembre 1965 è aperto Disco Club. Ed è stata proprio la passione per la musica a portarmi lì dentro da subito, poi dal 1972 al 1976 sono stato un collaboratore esterno, "sfruttato" dal vecchio proprietario che approfittava della mia passione per farmi fare una rivista, Pop Records, uno dei primi mensili specializzati usciti in Italia e che annoverava tra le sue firme gente come Enrico Ghezzi (Blob), Renato Tortarolo (Secolo XIX), Flavio Brighenti (Repubblica) e tanti altri. Nel 1978 mi sono trasferito nella riviera di levante, dove ho rilevato Disco Club di Santa Margherita, per poi tornare a Genova all'inizio del 1984, l'anno prossimo, se ci arrivo, festeggio i trentanni. Tieni conto che nel 1974 ero entrato a lavorare alla Banca Nazionale del Lavoro e solo la passione per la musica poteva farmi fare una pazzia (all'epoca non la pensavo così, adesso mi rendo conto di sì, ma ormai è troppo tardi): il 31 gennaio 1982 mi sono presentato da un allibito capo del personale, al quale ho presentato le mie dimissioni. Tu mi chiedi se ho mantenuto la passione, ovviamente sì, altrimenti avrei lasciato da tempo questo vecchio carrozzone che è Disco Club, ma come faccio? Ormai fa parte della mia famiglia.
Uno dei "difetti" del negozio sono le ridotte dimensioni. Hai mai pensato negli anni scorsi a spostarti in un locale più grande?
Tanti anni fa sì, quando il magazzino era molto più importante di adesso, ma non molto lontano; la mia massima aspirazione era l'agenzia di viaggio di fianco al negozio, adesso quella è chiusa e un tentativo l'ho fatto, ma mi hanno risposto che sono il nono della lista.
Qual'è il rapporto tra Genova e la musica, visto da un operatore del settore?
Genova è sempre stata una capitale della musica suonata, non direi altrettanto della musica venduta. Mi ha sempre sorpreso come dei tanti usciti a Genova nel campo musicale, pochissimi sono entrati nel mio negozio, negli anni settanta mi ricordo solo Ivano Fossati e Alfio Vittanza (batterista dei Latte e Miele, poi anche in una delle tante formazioni dei New Trolls). Anche adesso vedo un numero incredibile di band nate a Genova e, quando guardo su facebook le facce, non ne conosco quasi nemmeno una.
Qual'è la tua "politica" nella gestione del negozio e nella scelta dei dischi da tenere?
Il negozio è nato con la musica d'importazione e tuttora la scelta cade sulla musica così detta indipendente e ignora quasi completamente quella commerciale (diciamo così, anche se tutto ciò che viene prodotto per vendere è per sua stessa definizione commerciale). Per anni mi sono sentito ripetere dai rappresentanti “Non puoi tenere solo musica specializzata, prendi qualche copia anche della Pausini, di Ramazzotti, di Britney Spear se vuoi andare avanti”, adesso tutti i negozi generici hanno chiuso e sono rimasti solo quelli specializzati. Sarà un caso?
Ti sono capitate in negozio delle cose strane e/o curiose che ci vuoi raccontare?
Sulla pagina facebook di Disco Club (e su quella del gruppo) faccio dal 13 febbraio il diario di quello che accade in negozio. All'inizio mi sembrava una cosa di breve durata, invece sono ormai mesi che vado avanti perché ogni giorno succedono cose strane. Sceglierne una in particolare mi riesce difficile, ti conviene andare a leggere il diario.
A Genova i negozi di dischi sono ormai una rarità. Altri negozi storici come Pink Moon, ecc. hanno chiuso già da tempo. Come vivi tutto ciò? Hai una visione di quali altri negozi attivi ci siano in città?
Dal giorno che ha aperto la Fnac ad oggi hanno chiuso nella Grande Genova trentacinque negozi di dischi e adesso anche la Fnac (o Trony) non è molto in salute. Io preferivo quando eravamo in quaranta, perché voleva dire che ce n'era per tutti. Dei negozi storici, il mio era di gran lunga il più vecchio, già prima delle chiusure (a parte la catena Ricordi e la mini-catena Orlandini), figurati adesso quando il più antico dei sopravvissuti è nato negli anni novanta.
I tuoi acquirenti "tipo" sono soprattutto grandi appassionati di musica, o capita spesso che entrino anche ascoltatori "occasionali"? L'età media qual'è?
Prima delle chiusure di cui prima, entravano pochi occasionali, adesso ne capitano molti di più, spesso però con richieste per me improponibili (anche se cerco sempre di soddisfarli). L'età media negli anni settanta era di ventanni o poco più, negli anni ottanta sui venticinque, negli anni novanta si era alzata a trenta, adesso diciamo che l'età media dei clienti è uguale a quella del negozio quarantotto anni! E con parecchi pensionati,”merce” impossibile una volta.
Come vedi l'attuale tendenza all'abbandono dei supporti fisici per i formati digitali come l'mp3, ecc?
Per gli appassionati veri non esiste, possono sì scaricare, ma se il disco piace davvero lo si compra. Diverso è per i giovanissimi, loro sentono la canzone e quindi non gliene frega niente di un album intero, ovviamente questo non vale per tutti, quei pochi che entrano sono appassionati tali e quali i giovani degli anni settanta, anzi molti di loro hanno riscoperto il fascino del vecchio vinile.
Questo cambiamento purtroppo ha anche numerose ripercussioni culturali. Con l'ascolto di materiale digitale, si è portati a saltare i brani durante l'ascolto di un disco. Addirittura molti giovani stanno perdendo il senso del concetto stesso di disco, ed ascoltano in pratica compilation personali, un calderone di brani misti delle provenienze più disparate.
Ti ho anticipato con la mia precedente risposta, ti faccio ad ogni modo un esempio che riguarda, non un giovanissimo, ma un mio vecchio cliente (vecchio come cliente, come età poco più di cinquantanni). Stavo ascoltando un disco quando è entrato lui, “Bello questo pezzo. Cos'è?”, glielo mostro, rimane sorpreso “Ce l'ho, l'ho comprato dieci giorni fa, ma questo pezzo non l'ho mai sentito. Qual'è?”, “Il quinto”, “Ah, ho capito, la prima volta che l'ho sentito non mi è piaciuto e allora poi l'ho sempre saltato, adesso vado a casa a sentire tutto l'album”.
Parallelamente a questo passaggio al digitale, ormai da anni stiamo assistendo al ritorno del disco in vinile.
Sì, però solo negli ultimissimi anni l'aumento è stato rilevante. Capisci bene che a partire dal 1991 in pratica non uscivano (a parte l'Inghilterra) quasi più vinili, è ovvio quindi che, quando negli anni duemila si è ripartiti con la produzione, l'aumento percentuale sia stato esagerato: ad esempio se nei primi anni duemila in un anno avessi venduto cento dischi (e più o meno era così) e cinque anni dopo fossi passato a cinquecento, l'aumento percentuale sarebbe stato eccezionale, ma se mi fossi basato su questo, avrei già chiuso il negozio.
Sono decenni che si parla di crisi musicale. Quanta colpa hanno le case discografiche?
Le così dette major tutte le colpe, dal prezzo, alla mancanza di talent scout musicali veri e non solo quelli da X-Factor, puntando quindi su artisti da un'estate sola (tipo cicale) e non su altri che avrebbero assicurato una maggior durata. Per fortuna ci sono le indipendenti, che ormai costituiscono ampiamente più della metà del mio incasso. Al secondo posto tra i responsabili, metterei radio e televisioni, la programmazione seria è praticamente solo quella notturna.
Nella sezione "chi siamo" del tuo sito, utilizzi scherzosamente la presentazione della Fnac, per introdurre "Disco Club". Quest'anno la Fnac è fallita ed è stata acquistata dal gruppo Trony. Malgrado tutto erano tra i pochi a prendere in considerazione l'aspetto culturale della musica, con incontri, interviste, presentazioni, ecc.
Lo facevano perché avevano gli agganci, lo spazio e la disponibilità economica per poterlo fare. Ma alla fine della storia lo facevano perché ci guadagnavano con la vendita dei dischi e dei libri.
Parliamo di musica. Sei più orientato al nuovo o al vecchio? Andando avanti con gli anni, è più difficile essere ricettivi verso le nuove proposte?
Si vendono molte ristampe, anche di dischi già introvabili negli anni settanta, i soliti classici, ma anche molta wave. Io sto in negozio otto ore al giorno per sei giorni, è un po' come quando una persona la vedi tutti i giorni, non ti rendi conto che cambia, così succede a me; sento quotidianamente musica nuova e trovo sempre qualcosa che mi piace; certo non tutti i generi li reggo, vedi il rap o l'elettronica esasperata o il metal, ma anche i miei clienti sono più o meno sulla mia lunghezza d'onda. Te l'ho detto, io sono il più vecchio, ma anche gli altri non sono giovanissimi e il gap generazionale non è eccessivo: questo mi aiuta.
Quali sono i tuoi generi preferiti?
Il gruppo che mi ha fatto diventare un fan del rock sono stati i Pink Floyd. Oltre a loro, il prog dei King Crimson, il folk dei Pentangle, i cantautori (in primis Nick Drake). Adesso ci sono parecchi artisti che fanno musica che può andare bene anche per un “vecchietto”: National, Okkervil River, Decemberists, Antony, Calexico, Mark Lanegan, Belle & Sebastian e molti altri.
Spesso la notorietà non va affatto di pari passo con la qualità. Chi sono secondo te gli artisti più sottovalutati?
Domanda difficile, perché quelli che sono sottovalutati a livello vendite globali, sono spesso quelli più valutati nel mio negozio. Nel nostro microcosmo non esistono quindi sottovalutati e i nomi che ti ho fatto prima puoi metterli nella lista di quelli che meriterebbero di più.
Riusciresti a selezionare i classici dischi da mettere in valigia e portare nell'isola deserta, oppure ce ne sono troppi per fare una scelta?
Anche solo tre per anno (e sono pochi) moltiplicato per quarantotto anni di negozio fanno centoquarantaquattro. Troppi! Ad ogni modo un Pink Floyd, un King Crimson, un Pentangle, un Drake e “Grace” di Jeff Buckley sarebbero d'obbligo, se non altro per affezione.
Per quanto riguarda la musica italiana hai degli artisti preferiti?
Non sono un esperto, ma da buon genovese non posso non dirti De Andrè e Ivano Fossati. Tra i giovani (è una mia pecca) non saprei chi dirti.
Parliamo di riviste musicali. Hai seguito i recenti "scandali" collegati al Mucchio Selvaggio? Cosa ne pensi?
Non so cosa dire, è un peccato che sia finita così. Io sono amico sia di Max Stefani, sia di John Vignola, che sono rimasti su sponde opposte. Sicuramente non è bello vedere, ad esempio su facebook, i due schieramenti contrapposti che si insultano i maniera veramente pesante.
Tra le riviste presenti in edicola al giorno d'oggi, cosa consiglieresti?
Per i più giovani (o meno anziani) Blow Up, per i più vecchi il solito Buscadero e appunto i due nemici, il Mucchio e Outsider (nuovo mensile di Max).
Le riviste fondamentali del passato?
Ovviamente per prima Pop Records, no, va be' scherzo. La prima per importanza sicuramente Ciao 2001, settimanale degli anni settanta, e sempre in quel periodo (fine anni settanta) Gong e Muzak. Poi quelli citati prima e ancora vivi, più Rockerilla e Rumore.
Quanto è importante secondo te avere un buon impianto stereo per ascoltare la musica?
E' importante, ma non dirlo ai giovanissimi, loro la sentono anche col telefonino.
Hai degli audiofili tra gli acquirenti del tuo negozio?
Sì, ma sono quasi peggio di quelli che sentono lo musica col telefonino. Ti spiego in che senso: a loro interessa l'incisione più della bontà della musica; se ti invitano a sentire il loro impianto, saltellano da un pezzo all'altro alla ricerca di un effetto speciale che metta in risalto la bontà del loro impianto, indifferenti alla bontà della musica. In questo caso quindi meglio sentire musica buona col telefonino, piuttosto che musica brutta con un mega impianto.
Come vedi e quali sono i tuoi auspici per il futuro della musica?
Il mio auspicio è che ci sia un futuro per la musica e, di conseguenza, per i negozi di dischi e questo dipende dagli acquirenti. Se la gente si accontenterà della musica scaricata non ci sarà avvenire per noi negozianti, ma anche poco per chi la musica la produce.
Non mi rimane che ringraziarti... C'è qualcosa che vuoi aggiungere?
Mi hai fatto consumare i polpastrelli per rispondere alle tue domande. Basta così. Grazie a te.