Sulla pagina Facebook avete visto in data 15 gennaio 2016 ben due foto dedicate ancora una volta agli Art Breakers tribute band dei Led Zeppelin di cui abbiamo già parlato in occasione di un altro loro live.
Questa volta eravamo al Blues House a Milano in zona Bicocca, un locale con un forte indirizzo live. L’acustica era migliore ed il concerto è stato ancora più godibile dell’altra volta.
Questa volta gli Art Breakers hanno suonato le versioni live di molti pezzi, i più arguti hanno sicuramente ricordato che la versione studio era differente, ma la versione studio è da ascoltare a casa … davanti al proprio impianto; la versione live deve far ballare, deve esaltare, deve appagare un qualcosa che è un ascolto di forma completamente differente. La band capitanata da Greg Zito ha sicuramente raggiunto l’obiettivo, non solo inserendo le versioni live, ma riproducendole nel modo più fedele possibile; non senza sfidare i limiti dell’impianto che Sylvia Piacenza ha più volte mandato al limite delle possibilità, tanto che lei cantava e i monitor dei medi non sempre riuscivano a seguire la dinamica che contraddistingue la sua voce. Il nuovo bassista, Cosimo Bianco, non solo è riuscito ad entrare in perfetta sintonia con la band, ma anche a mostrare col basso tutta la passione e bravura che quando si suonano i Led Zeppelin è imperativo possedere. Non è mancata un’interpretazione magistrale e puramente live del batterista Sandro Cozzolino.
Tuttavia non è solo per scrivere degli Art Breakers che scrivo questo articolo, diciamo che tutto può girare attorno alla frase che ho scritto su Facebook: “Perché l’Hi-Fi si fa prima di tutto qui”.
Frase stramba se si pensa che è sorta nella mia mente durante un concerto, del tutto normale se si pensa al fatto che solitamente scrivo di Hi-Fi. Non so esattamente perché mi è venuta una frase che ha dato addirittura il titolo all’articolo, ma alla fin fine gira attorno ad un nodo che ultimamente mi ha spesso accompagnato in questo ultimo periodo, complice il riavvicinarmi a fazioni audiofile che avevo preferito abbandonare e dimenticare qualche anno fa.
Il 12 gennaio 1969 usciva “Led Zeppelin I” il primo album della più grande rock band di sempre, con gli Art Breakers si voleva festeggiare un evento che innegabilmente 47 anni ha segnato la vita del rock, e di moltissime persone, allora … come oggi.
È in questo clima di festa che è scattata la scintilla che ha portato ad una riflessione, forse breve o forse lunga, che intendo sottoporvi.
Essenzialmente i Led Zeppelin sono una di quelle band che dota di senso l’atto di dotarsi di un impianto Hi-Fi, sia esso basato su diffusori o su cuffie poco importa, sta di fatto che i Led Zeppelin non possono mancare nella discografia di un audiofilo o di un appassionato di musica, nemmeno in quella di un recensore che voglia definirsi almeno un poco serio. Ora a dire ad un appassionato come suoni un qualcosa non può essere un impianto di riferimento… DEVE essere la musica suonata dal vivo. Come quando anni fa abbandonai le file audiofile, credo che la parola circa un impianto di uno che non va a mezzo concerto (conta poco se il concerto è rock oppure d’organo) valga meno del fertilizzante. L’impianto non deve suonare figo, non deve nemmeno restituire il bello della musica, la musica è già bella, l’impianto deve soltanto ridarcela nel modo più naturale e fedele possibile, il resto è truffa: L’HI-FI RIPARTE DA QUI con gli Art Breakers, ricordando la più grande band di sempre: i Led Zeppelin.