Federico Zecchin
Sotto gli occhi del mondo
Sotto gli occhi del mondo: raffinato e piacevole, non è poco.
Stava per uscire questo suo primo album totalmente di inediti, quando Federico Zecchin parlando proprio di “Sotto gli occhi del mondo” affermò “Io non mi sono mai dedicato alla musica pensando alle classifiche. Mi piace scrivere canzoni, inciderle, suonarle, farle conoscere a un pubblico, avere un riscontro. Se piacciono, posso dirmi contento. Il resto è poco importante, almeno per me”.
Beh, questo suo pensiero mi sembra racchiudere in sé, in perfetto equilibrio quell’umiltà, consapevolezza e determinazione avvertibili all’ascolto del disco, in cui si fondono, con perfetti dosaggi, testi molto validi, sonorità jazz attualissime, arrangiamenti raffinati dando origine ad un prodotto di ottima qualità.
Le canzoni sono tredici, andiamo a conoscerle cominciando dall’apripista “Anpalagan”, canzone ispirata al libro “I fantasmi di Portopalo” di Giovanni Maria Bellu, il titolo è il nome di un giovane clandestino Tamil morto su una carretta del mare diretta verso “la terra promessa”. E’ un sax soprano da brividi ad incominciare questo viaggio in cui “mi fa paura partire anche se c’è guerra e fame / addio a chi resta pochi dollari in tasca / sogni di libertà vita di un mondo migliore”.
Dedicata al mondo del calcio, con il suo fascino ed il suo marcio interiore, è “Cuore nel pallone” metafora di questa nostra Italia in cui “disonesti e disperati tutti felici per un momento / e le donne sono belle statue in vetrina / caramelle di un mondo di carta velina / tutti noi le vorremmo / anche se solo per una notte e scoprire che fa anche male”.
Sognante e bellissima è “Dove mi vuoi”, canzone d’amore con parole come ”Sono perle le tue mani sa di sale / il tuo corpo d’orizzonti / Mi accarezzi e baci piano ed un brivido mi scende fino alla bocca tua”.
Distesa, incisa dal suono sempre ibrido e affascinante del sax soprano, “Idama mahum” il cui significato è “pena di morte” in turco è dedicata alla vicenda del lieder curdo Ochalan, prima accolto come eroe dal nostro governo e poi consegnato al governo turco, che l’ha poi condannato a morte, condanna tramutata in seguito in ergastolo dopo l’abolizione della pena di morte.
“L’ultima grande balena americana” è una traduzione di “The last american whale” di Loo Reed con un testo molto crudo contro l’idiozia del mondo americano, il suo sempre più evidente declino, la sua incoerenza, che porta ad affermare degli americani “Dicono che le cose vanno fatte in ogni caso / ma non credere a mano di ciò che vedi e a niente di ciò che senti / Assomiglia molto a quello che il mio amico pittore Donald mi disse / impiantagli la forchetta nel culo giragli intorno e sono pronti”. Qui il modo di cantare, mi ricorda molto Claudio Lolli.
Sonorità arabe, introducono “Lettere di soldato”, canzone che guarda alla guerra del Golfo, una delle tante che hanno massacrato e martoriato questo bistrattato medio oriente, all’ascolto è come fosse una sofferta invocazione, una preghiera ed accorati sono i versi “e non è terra non è profanare/ non è sacrilegio né persecuzione / ma è innocenza confusione / figli bastardi lasciati inermi a morire / e non è chiesa non è religione / ma fosse comuni sì deportazione”.
Magnifico è l’assolo di sax tenore che apre “Limpida”, canzone d’amore che si lascia ascoltare con immenso piacere, di questa canzone sottolineerei anche la bella chitarra elettrica ed il delicato tocco del piano, il testo è intenso “toccami non mi svegliare / incantevole luna / luce d’oro vero / un portafortuna tu / pelle da baciare / tutta la notte è piena di noi”.
Sembra ancora una preghiera l’inizio di “Ninna” con questi versi “Fino a quando i cieli si uniranno io ti aspetterò fino a quando i cieli si uniranno”. Anche l’amore portato avanti tra fatiche quotidiane un giorno giungerà fatalmente ad una fine, così si canta “un adagio svanire lontano / un passo dopo l’altro perdersi insieme e poi ritrovarsi uniti / fili di gocce al sole / naufraghi di onde attese in balia del vento / ma avrò ancora fame / di me di te ne avrò”, il testo come vedete è notevole e gli spettacolari interventi della tromba di Rava non sono da meno.
“Per sempre liberi” ha per tema ancora l’amore, ma qui è un amore giunto al capolinea per esaurimento ed è descritto con un testo davvero inusuale “Non è compagna di luna questa notte / le voci lontane un’ossessione di ombre rosse / sono anime in pena come malati terminali / sono carrozze in fuga senza cocchieri”.
A Marco Pantani è dedicata “Pirata”, delicata canzone un cui la batteria è sfiorata dalle spazzole ed è riscaldata dal sax tenore, che narra la sfortunata parabola di questo grande atleta che “Quando gettò la spugna era il primo della classe / forse aveva troppo da dire / ma la voce era senza fiato” fino a “quel sorriso impenetrabile / gioia rubata malgestita / ma quel pirata nò non sarebbe partito più / da quella vetta nò non sarebbe tornato mai / tornato mai più”.
Ancora la tromba di Enrico Rava, qui aiutato dalla voce di Susi Dal Gesso e dal piano di Lo Monaco, fa di “Sposa promessa” una splendida canzone, dai toni sofferti e nostalgici, che parla di un amore che è stato e non è più, un amore vissuto dal protagonista l’estate precedente e che ora è solo un dolce ricordo “di te aleggia il tuo profumo nell’onda / fragranza dei sogni di una vita dissolta / dolcemente ti immergi nel mare / vedo adagio i capelli rallentare sento la tua voce tra le onde / è tutta musica tutta musica ancora d’ascoltare”, si apre lo spiraglio di un nuovo possibile amore.
Argomento di “Ti voglio ancora” è sempre l’amore, qui fortemente voluto, desiderato, nonostante le difficoltà “Ci si vede di meno non si riesce più a spiegare / Siamo costretti a nuove soluzioni nuove idee per uscire fuori / da questi ormai soliti nostri problemi”, si lotta per mantenere vivo l’amore “eppure ti voglio ancora con rabbia più di prima / coinvolta presente ti voglio decisa”, musicalmente ho trovato molto interessanti gli arpeggi della chitarra acustica.
“Un giorno capirai” con il suo refrain sudamericano chiude il disco con levità e lascia dentro il desiderio di riascoltare il tutto, perché una volta tanto ci troviamo ad ascoltare buoni testi, ben musicati in una moderna chiave jazzistica, cosa già di per sé poco usuale, e per di più molto piacevoli da ascoltare.
Federico Zecchin
Sotto gli occhi del mondo
Genre: Jazz
Tracks:
- 1) Anpalagan
- 2) Cuore nel pallone
- 3) Dove mi vuoi
- 4) Idama Mahkum
- 5) L'ultima grande balena americana
- 6) Lettere di soldato
- 7) Limpida
- 8) Ninna
- 9) Per sempre liberi
- 10) Pirata
- 11) Sposa promessa
- 12) Ti voglio ancora
- 13) Un giorno capirai
Renseignements pris à partir du disque
Musiche di Federico Zecchin in (2, 4, 6, 8, 9, 11, 13)
Musiche di Lorenzo Calgaro / Federico Zecchin in (1, 10, 5, 3, 7, 12)
Federico Zecchin – voce, chitarre (1, 2, 3, 4, 8, 9, 11, 13), chitarra acustica (12)
Cristiano Fraccaro – piano (1, 3, 4, 5, 6, 12), synt (1, 2, 3, 4, 6, 7, 8, 9, 12), tastiere (5), sampled bass (9)
Lorenzo Calgaro – basso elettrico (1, 2, 3, 4, 6, 13), synt (2, 7, 10, 12, 13), contrabbasso (5), basso acustico (7, 10, 12), double bass (8, 11)
Massimo Manzi – drums (1, 2, 3, 4), batteria (6, 12)
Robert Bonisolo – sax soprano (1, 2, 3, 4, 6, 8, 9, 11, 12), sax tenore (7, 10, 13)
Michele Calgaro – chitarra elettrica (1, 2, 3, 4, 7, 8, 10, 13), chitarre (5, 6, 12)
Marco Ponchiroli – piano (2, 7, 10, 13), synt (7)
Gianni Bertoncini – batteria (2, 5, 7, 8, 9, 10, 11, 13), percussioni (2)
Sandra e Giuditta - background vocals (2)
Paolo Birro – piano (8), synt (8)
Enrico Rava – tromba (8, 11)
String Verona quartet – violoncello (8), viola (8), violini (8)
Giamba Lizzori – drum loops (9)
Marco Lo Monaco – piano (11), synt (11)
Claudio Fasoli – sax soprano (11)
Susi Dal Gesso – cori (11)
Sound engineer Giambattista Lizzori
Prodotto da Federico Zecchin