Luca De Nuzzo
Jòmene e Jòmene
Jòmene e Jòmene: non di facile ascolto, ma di nobili intenti.
E’ un po’ di mesi che ho in mano questa ultima fatica di Luca De Nuzzo, disco che gli è valso un posto tra i cinque finalisti per la Targa Tenco “Miglior disco dialettale” del 2009 e che io sinceramente avrei premiato con la Targa di miglior disco.
Tuttavia “Jòmene e jòmene” ha avuto bisogno di tempo perché si facesse breccia nel mo cuore ed entrasse tra i miei ascolti abituali. Questo perché se da un lato è caratterizzato da un progetto solido e molto curato, con intenti davvero alti, dall’altro trovo innegabile una certa difficoltà d’ascolto, un po’ per l’ermeticità del dialetto utilizzato, il dialetto contadino di San Severo un paese dell’entroterra foggiano, caratterizzato da un’incredibile avarizia di vocali, un po’ per l’impianto sonoro ben più raffinato del precedente lavoro ma per certi versi meno immediato e godibile.
Fortunatamente l’intero lavoro è corredato di un ottimo libretto che aiuta non poco nella comprensione dei testi che assurgono così un’importanza fondamentale nella valutazione complessiva del disco.
Disco che si apre con un brevissimo ma splendido interludio poetico “Cenere” di appena 1’33” che recita "bianco, grigio, grigio e nero / questi i colori / per volare un minuto / ma rimane in un mucchio" un mondo privo di colori, il tentativo di risollevarsi, per poi ricadere nel mucchio, pochi versi, ma intrisi dell’intero senso di un’esistenza.
Non c’è il tempo per riprendersi che ecco inizia “Dall’Amèreche” un canto narrativo e legato ad un preciso fatto storico, l’uccisione di re Umberto I da parte del pratese Gaetano Bresci. Il brano introdotto dalla lettura della sentenza, qui recitata da Toni Armetta e dall’esplosione di tre colpi di arma da fuoco, ci porta a vedere il punto di vista dell’autore dell’attentato “Vado a ucciderlo per uccidere il potere di un re / e se non l'avessi ucciso chissà i morenti di fame / Non uccido il primo dei poteri di un re / che ha deciso come scrivere la storia mia”.
“A nàscite de Vènere” è invece un canto d’amore, più precisamente un dialogo d’amore tra un uomo e una donna, dove anche il ruolo femminile è cantato dallo stesso De Nuzzo. Belli gli incisi di tromba e trombone e belli i versi che narrano di come il passare del tempo cambia irreversibilmente le situazioni “Fino a ieri saltavamo negli archi del Colosseo / quando hai salutato per sempre la “bambina geniale” / E ora il gioco si fa sottile, stretto è il vicolo in cui viviamo / Io il fumo in faccia e tu in faccia La nascita di Venere”.
Ancora più bello ed intenso, la trama sonora intessuta dal pianoforte e dal violino è “’U vènte de Villa Pamphilj” una splendida riflessione su un amore finito o forse neppure sbocciato, nonostante la sincerità vantata dal protagonista “Eppure ti ho toccata senza truccar le carte / che di solito si truccano in amore / e restavi a guardare me incazzato, facendoti spaventare / dalle vene gonfie di dolore / e la paura rimaneva”.
“L’operéje d’u vendunésime sécule” sposta il tiro su un tema sociale, affronta, infatti, il problema sempre tristemente attuale delle tante morti bianche “L’operaio la sera riesce a vederla o ci saluta dalle stelle come le farfalle / L’operaio del ventunesimo secolo se ritorna a casa è un miracolo”, ancora suggestiva la tromba che chiude il brano.
‘I pruvèrbie” non è una vera e propria canzone, è un testo di Matteo Salvatore che consiste in una serie di antichi proverbi recitati alternativamente dallo stesso De Nuzzo e da Andrea Satta (Tetès de Bois) intercalati da un tappeto sonoro di sole percussioni.
“’U scrittore còntre” è una triste e mesta canzone dedicata apertamente allo scrittore Roberto Saviano “E se annego, annego contro un’onda forte / vado contro chi come me ha paura / Ma non annega la parola scritta dal vero / ed io scrivo per il dovere e perché fuori pioveva ieri sera…” ed è illuminata dalla magia del sax soprano di Javier Girotto.
Dopo aver tanto guardato il mondo circostante, De Nuzzo si sofferma ora su una figura più vicina, quella di suo padre e in “N’dréte au pèdre” tratteggia un bellissimo quadro dei sentimenti che legano gli uomini tra loro, quelli stessi “jòmene e jòmene” che animano il disco perché “Siamo noi che non capiamo che dietro il padre / c’è un uomo che non vuol capire / e quando ha capito, come fa ad abbracciare / noi che stiamo a sputare spine”.
Con “Gine ‘u pàzze fatìje au giurnèle” si cambia registro, si passa ad un brano sicuramente più solare ed un po’ giocoso perché il soggetto è la storia di Gino, un “pazzo” che lavora ad un giornale e che proprio perché fuori degli schemi non è preso sul serio da nessuno, anche se stando in mezzo ai giornalisti Gino canta ormai desolato “Mi è venuta una malattia a vedere questi giri falsi / fra uomini e uomini / e il bello è che il pazzo sono io / e il bello è che il pazzo sono io!”.
“C.B.”, sigla un po’ oscura, è in realtà dedicata a Carmelo Bene, un altro pugliese trapiantato a Roma come lo stesso De Nuzzo, un altro grande uomo dalle mille contraddizioni “Lautréamont diceva che si scrive per bere e fumare / Deleuze parlava dei greci e lo vedevi balbettare / Nietzsche è impazzito per la volontà di potenza che cerca il dolore / Schopenhauer diceva che la donna non pensava”.
“L’òme l’uère” aperto dall’affascinante sax baritono di Javier Girotto e caratterizzato da un brillante andamento oscillante tra sonorità jazz e richiami popolari ci parla di mal celati istinti atavici, di un falso progresso “E dopo tante evoluzioni i nostri uomini civili, / da quando il maschio sentiva la femmina dall’odore del pelo / Noi oggi ci baciamo, ci sposiamo, facciamo l’amore e la guerra. / Aveva ragione la amica mia: “Annusiamoci il culo!””.
A chiudere il disco è “Fiète p’u ciele” forse il brano più bello dell’intero lavoro, che introdotto dalla voce recitante di Raffaella Misiti (voce degli Acustimantico) si dipana tra archi e fiati, tra il dialetto di Luca e l’italiano di Raffaella, fornendo quello che potrebbe essere il leggi-spiega dell’intero progetto “Io con gli uomini voglio sentirmi unito / e a loro raccontare le mie visioni / storie che né oggi né domani ascolterete, / fiato per il cielo” e lo strumento utilizzato per realizzarlo “Ora penserò a modo mio e poi al prossimo millennio / capirete che vivo in un mondo che non mi somiglia / Ah… non mi capite! E non mi vedete! / Il dialetto contadino non nasconde impicci”.
“Il dialetto contadino non nasconde impicci”, però certo non rende di facile accesso questo nobile disco che, se vanta un progetto solidissimo costruito su una poetica molto cercata e voluta, per essere goduto pienamente necessita invece di un ascolto molto attento e magari il libretto con le traduzioni sotto mano, però è anche vero che un disco come “Creuza de ma” sia poi tanto più immediato e comprensibile ai non genovesi.
Luca De Nuzzo
Jòmene e Jòmene
Genre: Dialettale
Traks:
- 1) Cènere
- 2) Dall’Amèreche
- 3) ‘A nàscite de Vénere
- 4) ‘U vènte de Villa Pamphilj
- 5) L’operèje d’u vendunèsime sècule
- 6) ‘I pruvèrbije
- 7) ‘U scrittòre còntre
- 8) N’dréte au pèdre
- 9) Gine ‘u pàzze fatije au giurnèle
- 10) C.B.
- 11) L’òme l’uére
- 12) Fiéte p’u ciéle
Information taken from the record
Luca De Nuzzo: voce
Federico Ferrandina: chitarra acustica (1, 2), chitarre (3, 4, 5, 9, 12), chitarra acustica (7), chitarra elettrica (8), chitarra classica (10, 11)
Carlo Cossu: violino (1, 2, 3, 4, 5, 7, 8, 10, 12)
Angelo Santisi: violoncello (1, 2, 3, 4, 5, 7, 8, 12)
Luca De Carlo: tromba (2, 3, 5, 9, 10, 11, 12)
Paolo Sturniolo: basso elettrico (2, 3, 7, 11, 12)
Massimiliano Natale: batteria (2, 5, 12)
Alessandro Marzi: batteria (3, 7, 8, 9, 11)
Toni Armetta: voce recitante (2)
Federico Di Maio: effetto sonoro (1), percussioni (3, 5, 8, 9, 10, 11, 12), flauto (3, 12)
Ludovica Valori: trombone (3, 5, 9, 12), fisarmonica (10)
Tommaso Manera: pianoforte (2, 4, 7, 8, 12)
Stefano Napoli: contrabbasso (4, 5, 8, 9, 10, 12)
Toni Amodio: basso tuba (5, 11)
Umberto Papadia: tamburello (6), kanjira (6), duff (6), bendir (6), nosaxotone (6), effetti (6), campionamenti elettronici (6)
Bruno Corazza: voce (12)
Ospiti
Andrea Satta (Tetes de bois): voce (6)
Raffaella Misiti (Acustimantico): voce recitante(12), canto (12)
Javier Girotto: sax soprano (7), sax baritono (11)
Testi e Musiche Luca De Nuzzo
Arrangiamenti: Federico Ferrandina (eccetto * arrangiamenti Stefano Scatozza)
Direzione Artistica: Luca De Nuzzo
Produzione: Associazione Culturale Controversi
Registrato missato e masteriazzato (marzo/luglio 2009) da Associazione MIA - viale Mazzini, 119 - Roma
Ripresa ed editing: Toni Armetta
Assistenza Ripresa ed Editing: Cristiano Ciccone
Missaggio e Masterizzazione: Toni Armetta
Progetto grafico: Monica Fabrizio, Riccardo Aloisio
Copertina: Beatrice Scaccia