Il lato buono dei franchise
Ma come, ancora non avete visto Spider-Man: Across the Spider-Verse?
La storia di Miles Morales, lo Spider-Man alternativo creato nel 2011 dal veterano dei fumetti Brian Michael Bendis, era uno dei fanalini di testa della nuova generazione di supereroi Marvel anche prima della sua apparizione nel suo primo film cinematografico, Spider-Man: Un Nuovo Universo. Apparire in un film che ha cambiato la storia dell’animazione è stata non solo la spinta successiva, ma la naturale conclusione del suo successo. Come Miles stesso, Un Nuovo Universo lavora con strumenti narrativi familiari in maniera mai vista prima e porta sul grande schermo una tecnica d’animazione che ora tutti gli studi cercano di imitare, restituendo dignità alle storie ambientate nel mondo moderno e creando il più acclamato, fedele e affettuoso adattamento di un fumetto della scena mainstream.
Il sequel Spider-Man: Across The Spiderverse, quel film tanto rivoluzionario, lo fa sembrare piccolo e casalingo.
Across The Spiderverse è, innanzitutto, una celebrazione del vero potenziale dei remake. In un universo cinematografico e seriale dove la maggioranza delle storie sono basate su proprietà preesistenti e nostalgiche, e molti appassionati e mestieranti reclamano storie nuove con personaggi originali, a trionfare nel mezzo sono quei remake che si reggono sulle proprie gambe e hanno qualcosa da dare oltre alla loro natura.
Film come Prey, Mad Max: Fury Road, il Pinocchio di Guillermo del Toro e, restando in ambito di supereroi, The Batman di Matt Reeves, che non si limitano a riciclare attori e immagini che riportano alla nostalgia, puntando su citazioni a sé stessi e camei di facce note per accomodare il pubblico in un ambiente che paia familiare, ma espandono i confini del loro potenziale e conducono i loro universi, linguaggi espressivi e abitanti a nuove sponde mai toccate. Nel caso di Spiderverse, il trio Joaquim Dos Santos-Kemp Powers-Justin K. Thompson ha dalla loro il migliore degli strumenti narrativi: un’animazione rivoluzionaria per il genere, in cui ogni secondo – no, ogni frame – conta e nessun personaggio è lasciato al caso.
Across The Spiderverse, come il suo giovane protagonista, cresce e porta sé stesso al limite delle sue doti in base a un credo indimenticabile: quello di potercela fare non perché sei tu, ma perché qualcuno deve provarci. Seguendo l’amica (e cotta) Gwen Stacy, ricomparsa nella sua dimensione per un misterioso motivo, il ragazzo incontra una vera e propria civiltà di colleghi in missione per mantenere l’ordine tra i vari universi, al punto da piegarsi alla necessità di non salvare delle persone se la loro triste fine è prevista dalla linea temporale.
I personaggi sono già parte della cultura popolare: da Pavitr Prabakhar, lo spiritoso Spider-Man indiano (tecnicamente di Mumbattan), al ribelle dal cuore d’oro Hobie Brown, Spider-Punk, una delle migliori rappresentazioni della sua sottocultura nel cinema, per finire col tormentato Miguel O’Hara, un antagonista che combina la complessità dei tempi moderni con una ferocia e una spietatezza dei villains più classici. E alle loro spalle tanti, tantissimi comprimari, che sotto il segno del Ragno raccolgono culture, stili d’animazione, ispirazioni culturali – tra di loro un cowboy, un t-rex e più di un cartone animato conosciuto – e lasciano un impatto anche quando appaiono per pochi secondi.
L’universo attorno a Miles è vivo e vibrante, combinando stili d’animazione, estetiche cromatiche e influenze dal mondo reale, in un cocktail vilivo in cui il solo limite è il cielo. Notevoli la simpatica sequenza lego, animata dal quattordicenne afroamericano Preston Mutanga, e le brevi ma efficaci citazioni ai personaggi live action. Gli attori non appaiono di persona, non accade nulla di nuovo, ma l’angolo dal quale il film approccia la loro presenza mostra quelle scene tanto amate in una luce nuova.
Anche le dimensioni alternative dall’aspetto più ordinario si distinguono l’una dall’altra per forme, colori, linguaggi e tecniche espressive – indimenticabili gli sfondi colorati della dimensione della co-protagonista Spider-Gwen, ispirati ai contrasti cromatici del classicone Disney Cenerentola, un vero e proprio specchio nel conflitto dell’eroina. Per tacere della Macchia, antagonista imprevedibile la cui apparizione faceta è solo il preludio di un’evoluzione sorprendente. La sua abilità di creare portali con le voragini nere sul suo corpo crea alcune delle sequenze d’azione più coinvolgenti, e l’utilizzo sapiente della sua palette – corpo bianco, macchie nere – carica di onirico terrore anche le scene più tangenziali. Un personaggio che, come il film di cui fa parte, si muove in un equilibrio di umorismo e dolore crudo e quotidiano molto difficile da toccare.
Spider-Man: Across The Spiderverse è una storia di formazione intensa e complicata, che utilizza non solo l’animazione, ma il personaggio al quale si affida per celebrare la passione per entrambi. Quello di Miles Morales è un viaggio senza tempo, che prende vita in un caleidoscopio sempre in movimento – tanto nell’animazione quanto nelle emozioni, i desideri dei suoi protagonisti, la continua battaglia per poter esistere come sono in un ambiente, una maschera, a volte direttamente un universo, che non gli appartiene più. Senza rendersi conto di quanto, nella sua solitudine, sia più simile a tutti noi che mai.
Ma si potrebbe riassumere il tutto con la frase d’apertura. Andate a vederlo: ha davvero qualcosa per tutti.
Lingua originale | inglese |
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Paese di produzione | Stati Uniti d'America |
Anno | 2023 |
Durata | 140 min |
Rapporto | 2,35:1 |
Genere | animazione, azione, fantascienza, avventura, commedia |
Regia | Joaquim Dos Santos, Kemp Powers, Justin K. Thompson |
Soggetto | Marvel Comics |
Sceneggiatura | Phil Lord e Christopher Miller, David Callaham |
Produttore | Phil Lord e Christopher Miller, Avi Arad, Amy Pascal, Christina Steinberg |
Casa di produzione | Columbia Pictures, Sony Pictures Animation, Marvel Entertainment |
Distribuzione in italiano | Eagle Pictures |
Musiche | Daniel Pemberton |