Non recensisco mai i Subsonica e li vedo sempre.
Deve essere una specie di allergia alle mie stesse recensioni dei Subsonica, appunto.
Li ho visti a Cuneo, a Torino, a Genova, perfino a Brindisi.
Cioè, vivo a Torino, vado a Brindisi e chi vedo? I Subsonica.
E poi che faccio? Inizio il file word ma poi non lo finisco e rimane in qualche parte della memoria del mio pc per quattro anni.
E in quella recensione descrivevo l’atmosfera di Torre Regina Giovanna, e ancora me la ricordo adesso, da più vecchia, con quel parco gigantesco, quel mega palco, tutti vestiti leggeri, loro che mi faceva strano vederli, così, al sud. E poi erano sempre loro. Quelli che sono gli unici che se li ascolto mi metto a ballare anche se non so ballare e da fuori sembro impalata.
E poi, l’ultima volta a Torino, il 14 febbraio: perché non festeggiare San Valentino a un bel concerto andandoci scoppiati (in tutti i sensi)?
E allora li vedi lì sul palco, sono sempre loro, ma sono invecchiati con te. Samuel è magrissimo con un po’ di panzetta, capelli bianchi furoreggiano sul palco. Poi iniziano a suonare e, sarà perché sono proprio loro, anche io, alla mia età, anche se alcune ragazzi mi dicono “permesso, signora”, sono sempre io.
E così ballo, come sempre.
E loro suonano, come sempre.
E coinvolgono, come sempre.
Perché non sono un gruppo, sono un’icona.