Mafalda Minnozzi: Entrevista del 21/06/2022

Publicado el: 21/06/2022


L'uscita di "Cinema City" di Mafalda Minnozzi è l'occasione per intervistarla ed esplorare il mondo jazz del quale fa parte. Abbiamo cercato di percorrere i punti principali della carriera, per farvi conoscere in modo più approfondito questa interessante artista.

Quando e come è nata la passione per il jazz?

Sono stata educata all'ascolto di tanta musica, dalla classica al folk fin da bambina. Mi faceva sognare e volare, dava cioè spazio alla mia immaginazione, specialmente quella delle orchestre, in cui tanti strumenti si fondevano insieme. Poi un giorno, avevo quattordici, un amico mi fece ascoltare un LP di Duke Ellington ... ed è stato amore a prima vista, perché al suono dell'ensamble si aggiungeva l'improvvisazione dei solisti. Quando infine ho ascoltato Billie Holiday cantare "The man I love" e Caterina Valente "One note samba" con Dean Martin é scoppiata la passione.

Cosa ricordi della tua esperienza nel programma "Uno Mattina"?

Ricordo un sacco di incontri, con tante persone interessanti, perché la trasmissione riceveva quotidianamente tanti ospiti. Ricordo la generosità esplosiva di Luca Giurato, il grande talento di Pino Strabioli e ricordo il suono compenetrante del violinista Christian Pintilie e la dedizione con cui abbiamo creato tanti quadri musicali insieme al sestetto "Caffe Koncert Strauss" che poi abbiamo portato nei teatri. Ricordo anche lo stress dei tempi televisivi, sempre stringenti, e la necessitá di dover dare il meglio in trenta secondi. Una vera scuola, i cui insegnamenti mi sono stati spesso molto utili davanti alle telecamere nel corso della mia carriera.

Nel 1996 c'è la svolta nella tua carriera discografica: vai a Rio de Janeiro e accetti la proposta della casa discografica "Som Livre", per la realizzazione di tre album e di diversi concerti in Brasile.
Come sono stati gli inizi di questa avventura?

Sono arrivata pronta a quel momento, con molte esperienze all'attivo. Mi ero preparata con grandi maestri come Gustavo Palumbo per il canto, con il coreografo Marco Ierva, con il regista Roberto Marafante della Compagnia della Rancia di Saverio Marconi, avevo affrontato il pubblico della televisione, del teatro, dei jazz club, avevo vinto festival per voci nuove e partecipato a tournee in Italia e in Europa, anche come supporter di alcune popstar di quegli anni. Mi ero dedicata anche allo studio delle lingue per cantare non solo in italiano ma anche in francese, inglese e spagnolo a cui il portoghese si è aggiunto solo più tardi con la mia vivenza in Brasile. Ecco, ho messo a frutto tutto questo entrando negli studi della Som Livre a Rio de Janeiro per realizzare il progetto.

Nel 1998 ti trasferisci in Brasile. Cambia tutto nella tua vita?

Indubbiamente è stato un primo radicale distacco a cui ne sono seguiti altri. É cambiata fondamentalmente la mia visione del mondo, perché mi sono sentita parte integrante di un universo musicale più grande, fatto di tante culture diverse ma tutte ugualmente affascinanti

Cosa ti ha spinto a fondare, insieme a tuo marito, l'etichetta discografica MAMA?

La libertà di poter creare i miei progetti, di poter scegliere cosa proporre, di potermi svincolare da logiche di mercato che spesso non sono in sintonia con il mio modo di interpretare la musica e l'arte in generale. Amo seguire ogni fase della produzione di un nuovo album perché ho bisogno che sia sincero fino in fondo.

Quanto è stato importante l'incontro e la collaborazione con il chitarrista Paul Ricci?

Fondamentale, perché ha abbracciato la mia filosofia cosí come io ho abbracciato la sua. Abbiamo pensato, prodotto, arrangiato e registrato insieme tutti i miei album sviluppando un'architettura musicale che continua a svilupparsi in una perenne ricerca di perfezionamento del nostro stile. Ad un certo punto abbiamo anche sentito l'esigenza di creare un progetto in duo, voce e chitarra jazz, che abbiamo chiamato eMPathia Jazz Duo. L'idea è nata per avere la possibilità di accettare piú facilmente gli inviti che arrivavano da vari paesi del mondo ma soprattutto con l'intento di riuscire a sostenere con una formazione davvero essenziale il peso e la grandezza di certe composizioni costruite su ritmo, armonia e melodia. Questo tipo di formazione infatti ha anche il vantaggio di essere sostenibile sia per quanto riguarda il viaggio, sia per le ridotte esigenze tecniche, che facilitano la sua realizzazione. Allo stesso tempo ha un forte impatto emotivo sul pubblico in una mescolanza di stupore, meraviglia, allegria, incanto, libertà, felicità.

Ci racconti la tua avventura a New York, una delle città più importanti e prestigiose dove suonare jazz?

Il suono di "Manhattan" o meglio ancora del "The Village" é sempre stato presente nel mio suono fin dall'inizio, nel senso di spirito di improvvisazione e sperimentazione e predisposizione all'incontro, allo scambio, all'aggregazione. Con tanta umiltá e sacrificio, insieme a Paul, che é newyorchese, abbiamo iniziato a proporre il progetto nei jazz club di maggior tradizione della "grande mela" ... a proposito é bello ricordare che il nomignolo di "big apple" é stato proprio coniato dai jazzisti di New York!
Grazie al tempo investito, alla perseveranza, agli incontri, alle collaborazioni e all'originalità del nostro mix di jazz, swing, bossa, samba, blues e melodia abbiamo conquistato anno dopo anno la comunità jazzistica newyorchese che ci ha dapprima accolti e poi ha abbracciato lo stile della nostra proposta. Ricordo ancora l'emozione della mia prima volta al leggendario Birdland Jazz Club, che aprendoci la porte ha consacrato tale riconoscimento.

Quali sono i concerti che ricordi con maggior affetto?

Ricordo che un giorno ho preso carta e penna e ho provato a contare quanti concerti avessi fatto nella mia vita. Ad un certo punto ho perso il conto perchè sono sicuramente più di tremila ma, credetemi, me li ricordo davvero tutti, perlomeno ne ricordo il sapore, il profumo, l'accoglienza, l'allegria. Ognuno ha un significato nella mia vita perché é stato vissuto con la stessa intensità. Ricordo con lo stesso affetto il concerto di Capodanno sul grande palco dell'Avenida Paulista a San Paolo davanti a oltre 2 milioni di persone cosí come il primo concerto realizzato dopo il lungo periodo di isolamento dovuto alla pandemia, alla Chapada dos Guimaraes nella regione del Mato Grosso, in Brasile, in mezzo ad una riserva forestale, davanti ad un ristrettissimo numero di invitati. Ripeto, ricordo tutti i concerti con la stessa emozione.

Come hai vissuto il periodo della pandemia per COVID-19?

È stato un periodo surreale!!! Difficilissimo. La prima parte l'ho vissuta a New York, dove ho fatto l'ultimo concerto il 6 marzo del 2020, poi ho deciso di vivere il restante periodo a San Paolo, in Brasile, nella mia casa, in alto, al 13o piano. Potete immaginare con quale peso sul cuore. Ho avuto la "fortuna", diciamo così, di aver condiviso l'isolamento con Paul Ricci e la musica mi ha alimentata, protetta e mi ha dato coraggio, insomma mi ha salvata, occupando tutti i miei giorni e stimolando la mia creativitá. Ho prodotto tantissimo materiale che si é concretizzato in tre album pubblicati in formato digitale, "Primavera", "Estate" e "A Napoli - Porto dell'Anima" (quest'ultimo con il geniale pianista André Mehmari) e altri due "Sensorial - Portraits in Bossa & Jazz" e "Cinema City - Jazz Scenes from Italian Film" anche in formato CD. Ho anche realizzato tante live in modalità streaming con grandi musicisti e l'assistenza di un grande fonico e sound-engineer pluripremiato con Grammy Awards, il caro Adonias Souza jr. che, rispettando milletricamente tutte le regole di distanziamento mi ha aiutato a realizzare dei live che sono diventati storici: uno per il Consolato italiano di Belo Horizonte, uno per il Blue Note di Rio de Janeiro, un altro per il Blue Note di San Paolo ed altri, tutti pubblicati nel mio canale YouTube a dimostrazione dell'infinito amore e passione che unisce la classe artistica intorno ai miei progetti.

Alcuni dei tuoi album sono stati registrati dal vivo in studio. Ritieni che questo approccio aiuti a migliorare il feeling di un album, rispetto alla registrazione singola di strumenti e voce?

Si, non ho dubbi. il palco, o meglio la condivisione del palco é la mia dimensione naturale e grazie allo scambio di energie con i musicisti nasce sempre qualcosa di molto speciale. Lo studio di registrazione, per come io lo concepisco, è l'incontro finale di un lavoro di preparazione che può durare anche anni. La pre-produzione è fondamentale e poi ci sono i concerti, dove il pubblico ti fa capire cosa eliminare, cosa preservare e cosa migliorare. A quel punto in studio si registra dal vivo, come una volta, mettendo insieme emozione, consapevolezza, esperienza, resistenza e appunto preparazione. È finalmente entrare in campo dopo mesi e mesi di allenamento. È per questo che amo entrare in studio e dopo due giorni uscirne con un album di 14 brani. Cosí diventa tutto vero, viscerale, autentico.

Come è nato il tuo ultimo album "Cinema City"?

Il seme é stato piantato durante la pandemia. In pieno lockdown, in Brasile, durante un concerto in streaming ho voluto misurarmi con un repertorio incentrato su brani di colonne sonore del cinema italiano. L'entusiasmo con cui stato accolto dal pubblico e le forti emozioni che abbiamo provato noi nel realizzarlo e trasmetterlo tra le mille difficoltà imposte dal periodo mi hanno spinto a registrare un intero album dedicato ai grandi maestri compositori del cinema italiano, partendo proprio da alcuni dei brani proposti in quel live. A CINEMA CITY abbiamo dato il sottotitolo "Jazz Scenes from Italian Film" perchè abbiamo costruito l'album come un film, scena dopo scena, fotogramma per fotogramma.

C'è qualche cantante o gruppo italiano che apprezzi e ti appassiona?

Lucio Battisti, Vinicio Capossela, Caterina Valente, Lucio Dalla, Enzo Avitabile, Ornella Vanoni, Ivano Fossati, Carmen Consoli, Pino Daniele e Mia Martini

Ci puoi raccontare qualcosa dei tuoi progetti futuri?

Continuare a viaggiare e sperimentare, tornare a suonare, cantare, incontrare, abbracciare, coinvolgere il pubblico e rivederne il sorriso mentre ascolta i fotogrammi musicali della mia colonna sonora che spero diventi anche la loro.

Ti ringraziamo per il tempo che ci hai dedicato.

Sono io che ringrazio voi, perché avete giá dedicato una bellissima recensione a CINEMA CITY ed ora mi avete permesso di creare questo filo emozionale diretto con i vostri lettori.

Mafalda Minnozzi
Mafalda Minnozzi