Eugenio Finardi
Il cantante al microfono
Il cantante al microfono: l’interprete che non t’aspetti
Quando si ascolta un disco in cui si rinterpretano canzoni scritte in una lingua diversa dall’italiano e per essere eseguite con la sola chitarra, la prima cosa che ci si chiede è, se in questa operazione si è mantenuto fede allo spirito con cui le canzoni scelte sono state concepite dall’autore.
Nel caso di queste 11 canzoni tratte dal vasto repertorio di Vladimir Vysotsky, attore e poeta russo, occorrerebbe conoscere bene la lingua russa e soprattutto aver ascoltato le versioni originali giunte a noi tramite cassette registrate davvero fortunosamente.
Nel mio caso, non possedendo nessuno dei due strumenti di lettura, mi sono limitato ad apprezzare questo disco dal titolo “Il cantante al microfono” come fosse un disco di Eugenio Finardi o meglio un disco di musica classica eseguito dall’egregio gruppo Sentieri Selvaggi ed al quale Eugenio ha prestato la propria voce.
Forse però proprio qui, nell’interpretazione davvero straordinaria e suggestiva di Eugenio, è nascosto il vero valore di questo disco cui ha ovviamente contribuito in maniera ragguardevole anche Filippo del Corno che ne ha curato l’orchestrazione, trascrivendo i pezzi ad uso e consumo dei Sentieri Selvaggi.
Ma cominciamo pure questo viaggio nella musicalità russa partendo dall’introduttiva “L’orizzonte”, una bellissima metafora della stessa vita dell’attore-poeta russo, votata per intero al dissenso e alla ricerca ostinata della libertà, senza guardare i pericoli del regime che l’osteggiava e censurava, ma “quelli che hanno imposto questa dura fatica stan cambiando le regole del gioco ma è l’azzardo che mi attira e checché poi se ne dica nelle curve più rischiose io m’infuoco”.
Tocchi di pianoforte e la voce di Eugenio ci introducono alla triste e sofferta “Dal fronte non è più tornato”, un’intensa canzone dall’andamento tipicamente russo e con un bellissimo testo “Non si tratta del vuoto che adesso io sento, si era in due, solo ora ho capito che come fosse un falò che è stato spento dal vento dal momento in cui non è tornato”.
E’ invece un giocoso clarinetto ad aprire la dinamica ed indiavolata “Ginnastica”, ironica canzone sulla filosofia che stava dietro il regime russo “In questa corsa non c’è un primo, e non perde mai nessuno, il surplace ci rende tutti identici”, qui è davvero superlativo Eugenio nel canto.
Con “Il volo interrotto” si torna ad una musicalità più mesta e scura e ad immagini di grande poeticità “Fu inseguitore di uno stile puro dico sul serio non è falsità scriveva versi sulla neve e poi e poi la neve svanirà, si scioglierà. Ma continuò la grande nevicata gettava versi sul tappeto lieve lui rincorreva a bocca spalancata cristalli di grandine di neve”.
Un martellante pianoforte dialogante con un vibrafono ci portano a “La caccia ai lupi”, canzone dall’andamento tipo marcia che ha come tema la lotta per l’agognata libertà inserita nella metafora della caccia ai lupi “Parte il gioco della caccia, la caccia al lupo e bestie sembrano, e mirano già la lupa, il branco, il cucciolo e il capo rossa è la neve di bandiere e di viltà. Non è un gioco ad armi pari ci chiuderanno la libertà tra le bandiere per stare sicuri che la mano non tremerà”.
Lenta, compassata, chiusa su stessa, è l’addolorata “Il canto della terra” quasi un’orazione funebre sulla tanto bistrattata terra, vittima delle angherie dell’uomo “E’ squarciata da ogni trincea dai crateri di bombe è ferita, i suoi nervi in questa odissea, tormentati rimangon in vita”.
Molto teatrale e ben interpretata da Eugenio è la title-track “Il cantante al microfono” una canzone che parla della personale lotta tra il cantante Vladimir ed il microfono visto anch’esso come un nemico, quasi che sia suo destino lottare sempre. E’ davvero una bella metafora della vita “Si avvolge nella sua bella forma plastica lui che ha la testa di un serpente e se sto zitto morsica e mi mastica io canterò finché la vita lo consente” e così è stato.
E’ la sola voce del pianoforte per quasi tutto il brano, fino alla coda del clarinetto, a far rivivere “Cavalli bradi” amara riflessione del poeta russo sulla propria vita e soprattutto sul suo momento ultimo e le parole utilizzate a descrivere quest’ultimo viaggio, che è poi il viaggio di tutta una vita, sono sublimi “Non si arriva mai in ritardo se c’è Dio che ci riceve ma perché gli angeli in coro hanno voci così cattive. Io non so se è il singhiozzo che fa il suono così grave o sono io che non vorrei e urlo a voi di andare altrove”.
L’unico brano che già conoscevo, perché utilizzato precedentemente anche da Vinicio Capossela è “Il pugile sentimentale” qui in una versione più seriosa e meno tirata, ma ugualmente brillante e venata di amara ironia come recita il finale “La vita è proprio OK lui dice, e pensa un po’, okappa per qualcuno, per gli altri è kappaò!”.
Con tristi sussulti di pianoforte cui fanno eco vibranti archi, inizia “Il bagno alla bianca” e si ritorna ad una musicalità impregnata di Russia con il suo andamento cadenzato, con i toni fortemente drammatici e teatrali a raccontare ricordi di deportazioni, di gelo, di nebbia, di alcool con versi di intensa liricità “E fu pianto e fu alcool da vomito fra paludi e i sentieri più bui, e lui sul cuore per fargli comprendere che quel cuore batteva per lui. I dettagli mi mettono i brividi, il vapore mi annebbia e io so che scordando le nebbie più gelide in questa nebbia io entrerò”.
Pianoforte, flauto e poi anche un affascinante vibrafono ci addentrano in “Variazioni su temi tzigani” la cui musica è decisamente accattivante e ballabile, com’è tradizione nella cultura tzigana in cui vi è sempre una tensione verso la gioia che si alterna ad una ricaduta nella tristezza, così come denotano gli stessi versi “Fiaschi verdi in osteria bianco il tovagliolo clown e miseri hanno un cielo e io nemmeno un volo”.
Tirando le somme ci troviamo tra le mani un disco davvero colto e raffinato grazie alla trasposizione in chiave classica di brani immortali, in cui non è tradito lo spirito di ribellione e di lotta che hanno caratterizzato la vita di Vladimir Vysotsky, che è un po’ lo stesso del suo validissimo interprete Eugenio Finardi che ha dimostrato qui di avere grandi doti vocali sapendo controllare al meglio la propria voce anche nelle tonalità più basse in cui è difficile mantenere fiato e controllo del vibrato.
Eugenio Finardi
Il cantante al microfono
Género: Canzone d'autore
Canciones:
- 1) L’orizzonte
- 2) Dal fronte non e’ piu’ tornato
- 3) Ginnastica
- 4) Il volo interrotto
- 5) La caccia ai lupi
- 6) Il canto della terra
- 7) Il cantante al microfono
- 8) Cavalli bradi
- 9) Il pugile sentimentale
- 10) Il bagno alla bianca
- 11) Variazioni su temi tzigani
Información tomada del disco
Sergio Secondiano Sacchi: traduzione italiana
Filippo Del Corno: orchestrazione
Eugenio Finardi: voce
Sentieri selvaggi
Paola Fre: flauto
Mirco Ghirardini: clarinetto
Paolo Pasqualin: vibrafono
Andrea Rebaudengo: pianoforte
Piercarlo Sacco: violino
Paola Perardi: violoncello
Carlo Boccadoro: direzione
Edizioni muisicali: Alabianca Publishing
24bit/88,2kHz Original Live-in Studio Recording, made, mixed and mastered at ArealMagisterStudio (Sala Gialla) Preganziol, Treviso, Italy, on December. 19th-22nd, 2007