Mi ritrovo a parcheggiare in un umidissimo prato in periferia di Torino, completamente ignara di ciò a cui sto per assistere. Mi siedo nel cortile di una cascina a me ignota, con le narici allietate dall’odore di carne alla brace e un sottofondo di campanacci di mucche, davanti a un palco piuttosto basilare.
Sale in scena uno scricciolo, anzi, meglio, un folletto (perché? Andate a vedervi lo spettacolo) con gli occhi vivaci e la parlantina pronta (e dotata di pronuncia “dizionata”). Ignoro che si tratti della stessa persona di cui ho perso lo spettacolo precedente seppur consigliata da amici vari: “Ti lascio perché ho finito l’ossitocina”.
Trattasi di monologo comico, la cosiddetta stand up comedy.
Stessa forma della prima performance, contenuti nuovi (che poi, per me, sarebbero stati nuovi pure gli altri).
Il prefazio è in sordina. Mi chiedo cosa faccia lì seduta: tra l’altro ho dimenticato pure di mettere la canottiera di lana, e lo sapevo che con quell’umidità dovevo ascoltare i consigli di mia nonna.
Dopo un po’, però, l’attrice, che ha una buona presenza scenica e un’energia che rimpiazza l’essenzialità del palco (o ne è addirittura esaltata), inizia a beccare proprio temi che quasi ogni persona nel pubblico ha vissuto, a partire, un esempio a caso, dalla canottiera di lana consigliata da qualche ava perché c’è umidità.
Si toccano i punti salienti delle madri oppressive, della precarietà del lavoro, dell’ipocondria, per arrivare a Ugo, il famigerato Gollum personalizzato con un nome suo con l’aiuto dello psicologo Matta, tra il pubblico forse per finta forse per davvero. Ugo è quel nemico immaginario che ti si appollaia sulla spalla e ti ricorda che non tutto il male vien per nuocere, ma questo sì.
E chi non ha mai vissuto il dramma dell’appollaiato, che alla fine sei proprio tu che pesi sulle tue stesse spalle?
Però qui il dramma si sdrammatizza, diventa una risata crescente, che parte dal dubbio del prologo, per sciogliersi un po’ sulla mamma italiana apprensiva piemontese di figlia miracolo. Ma poi, dice l’attrice, non siamo tutti un po’ un miracolo, anche se lei di più (se andrete allo spettacolo scoprirete perché)? E così tutti si sentono miracolati dallo spermatozoo eletto che li ha creati.
Giulia Pont dà piccole pennellate ogni volta un po’ più energiche al pubblico, che si ingentilisce man mano che passa il tempo, fino a quando, verso la fine, Ugo già fa schiantare dalle risate.
E’ il finale che si è studiata a spiazzare completamente e a far pensare tra sé e sé “Io questa devo rivederla per forza”.
E si torna a casa ridendo ancora, e si va su Facebook a spulciare cosa ha fatto e quando ci sarà il prossimo spettacolo. Sperando presto.