Paul Weller
A Kind Revolution
Paul Weller per i suoi quarant'anni di carriera ha pensato di farsi un regalo. Non è certo il tipo che si accontenta di fare testimonianza e ha sempre avuto la voglia e la sensibilità di condividere con il pubblico i propri valori. Ma c'è di più: Il Modfather ha dato ancora una volta la sensazione di volere resistere a ogni costo all'usura del tempo, alla legge naturale che ti porta inesorabilmente all'oblio artistico, se non a quello strettamente commerciale. A Kind revolution ci restituisce un Weller in gran forma, ispirato e sereno con una predisposizione sincera dell'artista a riciclarsi per tornare sulla cresta dell'onda. Premettiamo subito che il nuovo e ultimo lavoro del' ex leader dei Style Council e prima ancora dei Jam, non è solamente un concentrato di classe e di mestiere, ma è proprio un bel disco da cui si possono estrarre tutte le influenze musicali perpetuate dai suoi vari progetti musicali nel corso degli anni. La differenza rispetto a un recente passato è data non solo dalle repentine mutazioni, da sempre nelle corde dell'artista inglese, ma soprattutto dalla consapevolezza dell'uomo e dall'abilità del professionista nel confezionare un prodotto che fosse prima di tutto sentito come proprio. In poche parole puntare all'essenza del messaggio ormai diventato icona.
La sintesi di tale prerogativa è evidenziata per tutta la tracklist dall'andamento cadenzato delle musiche e delle liriche che sprigionano tutta la loro forza in brani come Long Long Road (ballata tra le più sorprendenti dell'intero repertorio di Paul Weller e non solo) o The Cranes are back soffusa e gentile come un viaggio in solitaria dalle atmosfere nostalgiche. Sublime! Una calma tra gorgoglii dub che trasudano maturità, personalità e ancora una grande voglia di sognare, ma con equilibrio senza dover a tutti i costi spiazzare l'ascoltatore. Insomma una scelta di sostanza nel solco della tradizione con il preciso intento di evitare inutili sbavature.
One tear vede la partecipazione di Boy George, voce perfetta per veicolare quelle ambientazioni soul e funky presenti nel disco e nello spirito northern soul del maestro. L'ex leader dei Culture Club offre come sempre un' interpretazione magistrale e ricca di pathos, voce unica che rapisce anche il più distratto degli ascoltatori. Fa capolino tra le righe una punta di nichilismo, ma l'ex paladino del proletariato rivoluzionario non manca di graffiare con le sue invettive, magari più ermetiche, magari più intimiste, di certo mai banali e per niente ruffiane. Non mancano i richiami agli anni settanta con brani decisamente più ritmati come Nova, Satellite Kid e la splendida She moves with the Fayre. Alcune sonorità sembrano decisamente un tributo a colleghi che lo hanno in qualche modo influenzato nel pieno della tradizione british come David Bowie e i Kinks. Quello che appare evidente, scorrendo tutto il disco, è la volontà di non essere solamente giudice supremo e distaccato, forse un po' naif, di un mondo che l'autore ormai non può più cambiare. Al contrario esce in sordina, ma con una tensione drammatica di gran classe, l'urlo afono dell'uomo che riflette sul mondo in relazione a quello che è la sua vita reale, lasciando da parte quella filtrata della rockstar.
Paul Weller ha il merito ancora una volta di fare musica vera e questo gli permette di avere la metamorfosi come arma in più da giocarsi ogni volta. Difende la propria intimità e la sua tradizione con fare deciso, ma questa volta, come dice il titolo stesso, siamo di fronte a una rivoluzione gentile che conferisce all'intero album una dose di eleganza sopraffina tale da staccare in modo netto questa opera dai suoi ultimi precedenti lavori. Alla soglia dei sessant'anni si può essere ancora rivoluzionari con una buona dose di grazia e un'estetica decisamente garbata.
Paul Weller
A Kind Revolution
Genre: Rock , Northern Soul , Cantautorale