Elsa Martin
vERsO
Diretta verso il futuro e oltre, senza mai dimenticare com’ero …
Eppure, ci deve essere una spiegazione logica, se in terra di Friuli, ogni volta che si viene a contatto con un nuovo cantautore, non se ne esca mai delusi.
Sarà forse il forte legame con il terroir, come si dice in gergo enologico quando un vino ben realizzato rivela un fortissimo connubio con il proprio territorio, dimostrato dalla maggior parte dei cantautori friulani? Mi vengono in mente a tal proposito Luigi Maieron, Lino Straulino, Aldo Rossi, giusto per fare qualche nome, tutti musicisti dai quali le canzoni nascono direttamente in lingua furlana.
Sarà forse che la vita in quei luoghi di confine lavora, scava lentamente nel cuore delle persone più sensibili, proprio come fanno le acque del Timavo, fiume che nasce per solo un paio di km in Croazia e che con un percorso sommerso di circa quaranta chilometri attraversa la Slovenia ed emerge in territorio friulano per abbandonarsi finalmente al mare, un’acqua-vita che scava, lascia i segni e poi ritorna alla luce come fonte viva di poesia, vera poesia.
Elsa Martin, cantante e autrice, educatrice professionale e musicoterapista, non esce certo dai solchi della tradizione, ma ha in se i germi dell’innovazione, lo sguardo costantemente proiettato verso il futuro e il titolo del suo disco d’esordio “vERsO”, è già di per se una geniale intuizione. Scritto così, rivela da subito la duplice valenza di questo progetto, da una parte troviamo la componente tradizionale, quell’”ERO” che non rinnega mai il proprio passato e il legame fortissimo con il territorio, la lingua furlana e non solo, dall’altra quel “vERsO” che, pur mantenendo in se questo legame con il proprio passato, guarda però avanti, verso nuovi percorsi musicali da intraprendere con fiducia, perché forieri di ottimi risultati artistici.
Se vogliamo analizzare meglio il disco, si può dire che si presenta costituito da un cocktail di canzoni popolari riprese dalla tradizione e di canzoni in parte in friulano, in parte in italiano, i cui testi sono stati scritti da Stefano Montello, membro dei FLK, mentre la musica è stata composta da Elsa.
Affrontiamo prima la parte legata alla tradizione, si tratta di sei brani, di cui tre “Al vaive lu soreil”, “E jo cjanti” e “Griot” sono cantati solo voce dal Trio vocale di Virgiliana, mentre gli altri tre “Al vaive ancje il soreli”, “Gjoldin gjoldin” e “O staimi atenz” sono rielaborazioni che partono da basi tradizionali, cercando però di aggiungere qualcosa di nuovo e di personalissimo.
Ecco dunque che “Al vaive lu soreil” e “Al vaive ancje il soreli” si impiantano sulle medesime radici, rappresentate da questi brevissimi versi “Al vaive ancje li soreli a vedelu a partì e io li la … / E jo ch’i soi la so murose jo no àjo di vai? e io li la …”. Se provate ad ascoltarle, sono però qualcosa di straordinariamente diverso, quasi agli antipodi, mesto canto di addio il primo, canto pieno di speranza e di un futuro comune il secondo, ma in fondo sono solo un diverso modo di guardare la medesima realtà, come se lo sguardo nel primo si fermasse al triste presente, mentre nel secondo guardasse con fiducia a un possibile futuro.
Guardando ancora per un attimo questi brani, trovo molto piacevole e spensierato “Gjoldin gjoldin“, il cui testo tradizionale è musicato da Lazaro Valvasensi, mentre gli arrangiamenti sono curati da Elsa e Marco Bianchi. Introdotto dalle percussioni, è poi colorito dalla presenza di dialoganti violino e clarinetto, dal punto di vista dei testi in fondo c’è anche qui il duplice aspetto sottolineato prima, dal ripetuto verso introduttivo “che stentà non mancje mai” fino al finale pieno di speranza “cualchedun mi maridarà”.
“O staimi atenz” è, invece, giocato su tinte più solenni, lo s’intuisce già dalla stupenda introduzione di chitarra, dalla presenza di violino e clarinetto basso che s’intrecciano con la chitarra, si avviluppano, salgono su su fino al cielo ad annunciare a tutti che “il redentôr al’è nassût / al’è nassût pal nestri amôr”. Ottimi direi gli arrangiamenti di Marco Bianchi.
Questo, per chiudere la parentesi legata alla tradizione, vediamo ora cosa è stata capace di partorire di suo, questa giovane cantautrice.
In ordine d’ascolto il primo brano che troviamo è “Neule scure”, canzone d’aria, molto ispirata e poetica, in cui il legame con il mondo circostante si estende al cielo, a quelle nuvole scure che ci sovrastano e sembrano suggerire strani codici numerici, dove però non sempre è facile comprenderne la chiave di lettura, poiché è “libri scrit in blanc cun candide scriture di neif”, sono certo che Van de Sfroos apprezzerebbe.
Con “Come un aquilone”, di cui Elsa Martin è autrice della musica mentre il testo è di Stefano Montello, ci si trova immersi in sonorità jazz molto rassicuranti, con aperture melodiche che le permettono di mettere in mostra buone doti vocali, il momento della giornata rappresentato, è quello della sera, l’ora in cui Elsa canta “vorrei, io mai, no non vorrei / osare l’impossibile / sfidare ogni mio limite”, sfida direi più che riuscita.
Molto bella è “Calda sera”, in cui il testo del giovane cantautore romano Paolo Fiorucci, è rivestito da una musica dolcissima, un po’ nordica, siamo immersi ancora nelle ore crepuscolari, quando il giorno sta finendo e il testo è tutta poesia “Tieni stretta la mia mano / come fossi una preghiera, / l’ago e filo del ricamo / da disfare quand’è sera / quand’è tempo che vorrei, ma se …”, uno dei momenti più alti dell’intero disco.
O forse no, provate ad ascoltare la sua voce in “Neve”, dove di freddo sembra davvero esserci solo la neve, che però è come lasciata fuori “Può il bianco sfumare in intimi gesti o in mani che / s’intrecciano piano piano in confidenze / e nevica …”, c’è ancora il mondo del jazz in questa canzone, un mood molto raffinato.
Un discorso a parte meriterebbe “Dentrifur”, testo di Stefano Montello e musica di Elsa, brano che ha permesso ad Elsa, dopo essere stata tra i finalisti in corsa per la Targa Tenco 2012 per la migliore opera prima, di aggiudicarsi a pieno merito il Premio Andrea Parodi. Accattivante sin dalle prime note, introdotte dagli archi, pervaso a tratti anche da influenze mediorientali, ricco di dolce melodia, brano che vede l’accompagnamento anche di un coro, è una vera e propria dichiarazione d’amore verso la musica “Musiche che e duarm cun me / che a vai cun me / che a rit di me, che no mi scolte / musiche che a ferme i dis / che a ponte i pits ch’a vegle i vifs / musiche che e sa il parcè / domanda a je / che a sa di me e no mi scolte / musiche simpri su or / che a sponte il cur / a sta dentrifur”.
Ci vorrebbe un brano intimo, pacato, ma che allo stesso tempo riporti al brano introduttivo, per chiudere degnamente questo prezioso lavoro, così deve aver pensato Elsa nel comporre “La lus”, in cui protagonista è ancora una volta il cielo, non più colto nelle prime luci della sera, ma in quelle notturne, un cielo terso “si pant biel blanc / Che lus d’arint / cun l’arie dal vint / puartarà / novità”, quasi un canto di speranza, quella speranza che ci viene dall’osservazione della bellezza del creato e che, troppo spesso, sembra esserci negata da tanto male. Bellissima la presenza, quasi celestiale, del Coro dei Bambini di Betania.
Non è tutto, c’è ancora spazio, in veste di ghost track, per una dolcissima ninna nanna cantata in italiano, un bellissimo regalo a chi ha la fortuna di avere bambini ancor piccoli per casa ma apprezzabilissima anche dagli adulti.
Direi che, come disco d’esordio, questo “vERsO” sia un ottimo biglietto da visita e, ora che siamo a fine anno, posso ben dire che sia anche tra le migliori sorprese di questo 2012.
Certo però, che dopo una partenza col botto così, mantenere quanto fatto intravedere sarà una bella impresa, vediamo come questa ragazza saprà muoversi in questo disastrato e bistrattato mondo della canzone d’autore italiana …
Elsa Martin
vERsO
Tracks:
- 1) Neule scure
- 2) Al vajve lu soreli
- 3) Al vajve ancje il soreli
- 4) Come un aquilone
- 5) E jo cjanti
- 6) Gjoldin gjoldin
- 7) Calda sera
- 8) O staimi atenz
- 9) Neve
- 10) Griot
- 11) Dentifrur
- 12) La Lus
Renseignements pris à partir du disque
Crediti
Elsa Martin: voce
Marco Bianchi: chitarra, arrangiamenti, computer programming
Alessandro Turchet: contrabbasso
Emanuel Donadelli: batteria
Luca Clonfero: violino
Francesco Socal: clarinetto, clarinetto basso
Alberto Roveroni: batterie aggiuntive, programmazioni aggiuntive (1, 3, 4, 7, 9, 11, ghost track Ninna Nanna)
Mauro Costantini: piano (4, 7)
Trio di Givigliana: voce (2, 5, 10)
Bambini di Betania: coro (12)
Testi di Stefano Montello, musiche di Elsa Martin
Registrazioni: Effettonote (MI), Chelalè (UD), Q recording studio (MI)
Missaggi: Alberto Roveroni presso Q recording studio
Mastering: Nautilus (MI) e Q studio (MI)
Produzione esecutiva: Aberto Roveroni, Elsa Martin, Effettonote – Mattia Panzarini
Produzione artistica: Alberto Roveroni
Foto e grafica: Elisa Caldana