Anohni and the Johnsons
My Back Was A Bridge For You To Cross
Prima Antony and the Johnsons, poi solo Anohni – nel 2023 Anohni Hegarthy evolve nuovamente, presentando il suo sesto album in studio, My Back Was A Bridge For You To Cross, come ANOHNI and the Johnsons. Con il sempre solerte Jimmy Hogarth alla produzione – Tina Turner, Estelle, Sia e KT Tunstall sono solo alcuni dei suoi collaboratori – si produce in un album che fa, senza mezzi termini, male. Ma un male necessario, come acqua ossigenata su una ferita aperta, e che lascia rinnovati e rinati alla conclusione.
Anohni è una delle persone più famose e rispettate appartenenti alla comunità transgender, e un suo nuovo lavoro era qualcosa di necessario nel 2023, in cui i diritti e la sicurezza delle persone trans vengono messi a rischio in tutto il mondo e lesioni alla loro libertà e dignità come persona, da accuse a tappeto e infondate di pedofilia ad aggressioni in massa a personali trans famosi. Sin dalla copertina, che raffigura il volto dell’attivista e lavoratrice sessuale trans e nera Marsha P. Johnson – la quale, assieme alla collega Sylvia Rivera, diede inizio alle rivolte dello Stonewall Inn che posero a loro volta le radici per i primi gay pride – è chiaro qual’è l’intento di My Back Was A Bridge For You To Cross.
Anohni stessa ha conosciuto Johnson durante una parata del pride a New York, poco prima che il suo cadavere fosse trovato nel fiume Hudson, e l’ha omaggiata da sempre. Incluso nel nome della sua band, i Johnsons – e ora con questa fotografia intensa e accesa, scattata dal fotografo Alvin Baltrop, che fa da nastro d’apertura a uno degli album più belli, personali e benefici dell’anno.
Dal titolo (in italiano “la mia schiena era un ponte per far attraversare te”), ai testi schietti e nudi di canzoni come Scapegoat, una ballata alla Lou Reed che colpisce nel segno caricandosi del dolore della sua esecutrice (“and in this society/scapegoat is what I can be”), c’è tutto di Anohni a vista in queste canzoni. Non è un mondo facile, ma lei è ancora lì, e il suo canto diventa un grido di libertà. Plumbeo, malinconico, a volte lacrimevole di proposito; ma anche spietato nel modo con cui racconta e musica quel dolore. La voce di Anohni è profonda e baritonale, con una qualità autoritaria e malinconica che ricorda le gran dame del soul, e possiede una verve teatrale che incanta. Si ha l’impressione di avere a che fare con una persona che del mondo ha visto quasi tutto, il meglio e soprattutto il peggio, e lo racconta così come lo vede.
Anhoni non ha mai avuto paura di raccontare i lati più duri del mondo, nell’attualità quanto nell’animo umano. My Back Was A Bridge For You To Cross fa di quella oscurità un attrezzo fondamentale della sua riuscita: il sound è organico, vigoroso, con un senso di solennità che ben si sposa con i temi più oscuri dell’album. L’idea della schiena come ponte – che si conclude tuttavia con una luce positiva, quando in You Be Free il “ponte” conduce le sorelle più giovani della comunità trans verso un futuro più prospero – è solamente una delle immagini viscerali, corporee e dolorose con cui Anohni colora la sua lettura del mondo.
Brutale e potente la metamorfosi “terrestre” in It’s My Fault, in cui Anohni si fonde con la terra stessa e sfoga il senso di violenza che sente da parte del mondo che non la comprende e la rifiuta. Why Am I Alive Now va persino oltre, a cominciare dalla copertina del singolo, in cui la cantante ha la testa coperta di un liquido che assomiglia a sangue. Nonostante la relativa vivacità, con chitarre bossa-nova altrimenti accese, contiene un senso di amarezza prevalente e pesante. Ma il momento forse più riuscito, nel modo con cui sposa con la musica, è la combinazione dell l’assolo di chitarra piangente di Rest e una delle performance più sentite di Hegarthy, con il coro gospel che la accompagna alla chiusura, non può non toccare almeno una delle corde del cuore.
My Back Was A Bridge For You To Cross è uno dei migliori album di quest’anno. Dirlo ora, che l’anno è appena a metà strada, può sembrare un’iperbole – ma basta concepire il sentimento che Anohni per capire che cosa lo rende tale. Farà bene, e non solo alle persone trans alle quali è dedicato. È una storia musicale necessaria, colma di simbolismo, e imperniata all’esperienza della sua esecutrice a doppio filo. Riporta non solo al potere della musica, ma al potere dell’identità – un’identità che più che mai deve essere celebrata e conosciuta.
Anohni and the Johnsons
My Back Was A Bridge For You To Cross
Canciones:
- 1) It Must Change
- 2) Go Ahead
- 3) Sliver of Ice
- 4) Can't
- 5) Scapegoat
- 6) It's My Fault
- 7) Rest
- 8) There Wasn't Enough
- 9) Why Am I Alive Now?
- 10) You Be Free