Il concerto di Paolo Conte fa parte della manifestazione "La Repubblica delle idee 2015" che si è svolta a Genova.
Arriviamo all'ingresso del teatro Carlo Felice intorno alle 20:30 e la consistente coda già presente fa pensare al peggio. Invece poco dopo aprono i portoni e la fase d’ingresso è molto veloce, grazie alla lettura dei codici a barre dei biglietti.
Riusciamo a posizionarci nell'ala sinistra in una posizione ottima per assistere allo spettacolo. Il teatro a poco a poco si riempie completamente.
Verso le 21:30 si apre il sipario e compare la rodata band di Paolo Conte, lui entra poco dopo sotto gli applausi del pubblico.
Conte alterna canzoni cantate in piedi davanti al microfono, ad altre in cui è seduto al pianoforte.
Nella scaletta del concerto sono presenti brani nuovi e classici come "Alle prese con una verde milonga", “Come di” "Sotto le stelle del jazz", "Ratafià", "Via con me", ecc.
Quello che colpisce è il suono d'insieme, la band rodatissima e in forma smagliante, l'acustica ottima, un Paolo Conte senza giacca e cravatta, con quell'atteggiamento a metà tra timidezza e concentrazione che lo fa andare dietro ad ogni brano senza interloquire con il pubblico.
Tra un brano e l'altro ma anche all'interno, spesso avvengono cambi di strumento, grazie ai polistrumentisti che fanno parte della band. Si passa quindi dalle percussioni a uno xilofono, un fiato che è nelle retrovie diventa protagonista spostandosi fisicamente in prima fila, in alcuni brani suonano contemporaneamente due pianisti lo stesso pianoforte.
Essenziale ma estremamente funzionale anche il comparto luci, che spesso evidenzia l'ingresso dei singoli strumenti con illuminazioni specifiche, oppure come nel caso di "Tropical", fa comparire delle palme. Proprio questo brano, tra gli ultimi usciti dalla copiosa produzione del Maestro, ci spiega bene la nuova tendenza di tutto quello che suona oggi un po’ jazz o “jazzy” come direbbe lo stesso Conte. Fate voi la declinazione che preferite partendo da latin, ma non è certo un caso che nel giro di pochi giorni due artisti di fama mondiale (l’altro è stato Ron Carter al Torino Jazz Festival) abbiano presentato dei vecchi pezzi con dei nuovi arrangiamenti lievemente e vaporosamente spruzzati di musica latina se non addirittura dei nuovi brani volutamente ispirati alle atmosfere cubane più demodé. E qui torniamo inesorabilmente al vero nocciolo della questione. La vera essenza della produzione, e in piccolo di un’esibizione live, del cantautore astigiano (genovese d’adozione) è la continua dicotomia e il sottile ossimoro tra questi due termini: velocità e quiete/riflessione. Ogni rappresentazione che sia una canzone, un’architettura sonora o un’immagine visiva ha l’effetto di contrapporre sempre la velocità del protagonista con la quiete della scenografia circostante, il viaggiare attraverso mondi e luoghi lontani pur rimanendo fermi e immobili a casa propria. Si viaggia così vorticosamente tra America, Francia, Cuba, Sud America o tra la campagna astigiana, ma spesso ci s’incanta e ci si sofferma a contemplare il cielo in una stanza o un terreno coltivato sotto il sole, dove il tempo pare essersi fermato.
Tra le vette toccate nel concerto, l'incredibile, lunghissima ed estenuante (per i musicisti) versione di "Diavolo rosso", in cui ci sono stati numerosi virtuosismi del gruppo, con singoli strumenti come fisarmonica e fiati che diventavano singolarmente protagonisti per assoli fenomenali. Anche qui simbolicamente si esprime la sintesi di quanto si andava dicendo: un contrasto di tipo visivo e metafisico tra la velocità di Giovanni Gerbi alias Diavolo Rosso e l’ambientazione statica della processione di paese raccontata nell’aneddoto della canzone. In seconda battuta l’andamento a strappi della lunga jam session dove un grandissimo Piergiorgio Rosso al violino incanta per creatività, tenacia e ritmo. Ancora una volta la bicicletta, tanto cara al Maestro, si propone dopo “Bartali” come emblema e simbolo di novità e modernità che sfreccia davanti alla processione e al parroco rappresentanti inconsapevoli dello status quo e di una mentalità reazionaria.
Il concerto prosegue fino alle ore 23. Gli applausi sono stati davvero tanti sia tra un brano e l'altro, sia all'interno di qualche brano per alcune performance particolarmente entusiasmanti.
Quando si chiude il sipario, c'è un’enorme ovazione da parte del pubblico per fare suonare ancora qualche brano, ma poco dopo Paolo Conte esce un attimo e fa un segno particolare con la mano sul collo, del tipo "mi tagliano la testa", che un nostro affezionatissimo ed esperto amico presente ci conferma essere segno inequivocabile che il concerto è finito.
Devo dire che è stata un’esperienza molto bella e appagante, Personalmente il vero brivido lungo la schiena è partito in concomitanza dello stacco di “Alle prese con una verde milonga” … Un arrangiamento particolare come molti altri durante la serata; ma davvero quasi un’ora e mezza di concerto sono volati via riassaporando vecchie e nuove melodie più o meno riconoscibili. Il nostro avvocato astigiano non ci ha deluso neanche questa volta!