Francesco Venerucci: Interview 05/12/2024

Posted on: 05/12/2024


Ci siamo immersi in "Indian Summer", questo album jazz di Francesco Venerucci (piano keyboards), coadiuvato da Javier Girotto (sax soprano, baritono, flauti), Jacopo Ferrazza (contrabbasso), Ettore Fioravanti (batteria), ma per saperne di più abbiamo pensato di fargli qualche domanda!

Ciao Francesco, come prima domanda una di rito. Come è nata la tua passione per il pianoforte?

Merito della lungimiranza dei miei genitori che a sei anni mi proposero di prendere lezioni di pianoforte. Passando attraverso vari docenti e varie fasi della mia vita sono arrivato a diplomarmi nel 1997, dopo essere tornato dalla Francia dove avevo conseguito il diploma in composizione.

Ho letto che in precedenza hai composto musica di tipo molto diverso rispetto a quella contenuta in questo nuovo album: musica da camera e sinfonica, colonne sonore, balletti, teatro... Ci puoi riassumere i lavori che ritieni più importanti?

Vorrei parlare di tanti ma quelli che mi rappresentano di piu sono le tre opere liriche. “Il Bosco, una notte di mezza estate” su libretto di Dada Morelli tratto da Shakespeare, premiato al concorso Dimitri Mitropoulos di Atene nel 2001. “Kaspar Hauser” su libretto di Noemi Ghetti andato in scena all’Opera di Tirana nel 2011. Infine “Scanderbeg” commissionato dall’opera di Tirana e messo in scena nel 2012. Chi volesse saperne di piu si possono visionare alcuni estratti sul mio canale YouTube oppure contattarmi attraverso i social - Facebook e IG - o il mio website www.francescovenerucci.it.

Come sei approdato alla formazione presente in "Indian Summer", composta da Javier Girotto (sax soprano, sax baritono e flauti andini), Jacopo Ferrazza (contrabbasso) ed Ettore Fioravanti (batteria)?

Molto semplicemente. Partendo dai brani e dalla formazione del quartetto ho chiamato le persone che ritenevo piu idonee al progetto.

Quanto tempo hai impiegato per la scrittura dei brani? In che modo componi? E' più un lavoro di costanza e dedizione o di ispirazione?

I brano sono stati scritti in anni diversi, fino ai piu recenti scritti durante la frequentazione del conservatorio di Santa Cecilia nella classe di composizione jazz di Piero Leveratto dove ho ottenuto la Laurea Magistrale di II livello.

In sala di registrazione hai portato un progetto finito, oppure in qualche modo è variato durante questa fase?

Ci sono state poche ma significative variazioni. Non avendo avuto modo di testare e sperimentare i brani in live precedenti mi sono accorto in alcuni momenti che le cose non giravano come avevo previsto. In genere so molto bene ciò che mi piace e non mi piace. Riesco a trovare le risposte a condizione di avere il tempo e la con contrazione per materializzare l’ìdea musicale che ho in mente. Al missaggio poi mi diverto moltissimo. Grazie al montaggio e all’editing riesco a completare la produzione di un brano come un regista di un film finalizza la storia, senza stravolgere la take registrata.

I pezzi di "Indian Summer" all'ascolto scorrono in modo molto naturale ed elegante, ma nella scrittura credo che ci siano diverse complessità compositive. Cosa ci puoi raccontare a riguardo?

Il tutto è stato pensato per essere il piu efficace , impattante e scorrevole possibile. Per questo motivo ho ridotto al minimo gli arrangiamenti, per non appesantire il discorso musicale. Alcuni chicche ci sono ma non vorrei addentrami in considerazioni troppo tecniche di natura armonica.

Il titolo dell'album è anche quello dell'ottavo pezzo. E' uno dei tuoi preferiti?

Assolutamente si. E’ un brano che ha una genesi antica. La prima bozza risale agli anni 90. Un piccolo tema per pianoforte. Per questo disco ho modificato molto quell’idea originale, cambiando tonalità, ritmo e forma.

Cosa ti aspetti da questo lavoro?

Devo ammettere che “Indian Summer" sta avendo un certo riscontro e le manifestazioni di apprezzamento sia dal mondo professionale che dal pubblico mi riempiono di gioia. Tutto ciò mi fa sperare bene per il futuro che mi auguro riservi molte occasioni per suonare in concerto queste composizioni.

Com'è secondo te la situazione per suonare jazz nei club oggi in Italia?

E’ una domanda apparentemente facile ma estremamente complessa. Da una parte bisogna riconoscere a chi gestisce jazz club in Italia un certo livello di coraggio. Si tratta comunque di realtà necessarie per far crescere il movimento del jazz.

Visto la tua ecletticità, hai anche altri progetti paralleli che stai portando avanti?

Oltre alla promozione del cd sto portando avanti varie composizioni e progetti tra i quali un disco monografico di mie composizioni di musica da camera per strumenti a fiato.

Francesco Venerucci
Francesco Venerucci