'A67: monografia

Posted on: 07/01/2009


La peste a Napoli. Vi racconto degli 'A67.... (26 dicembre 2008)

Curiosi cancelli. Inferriate. A presagire quello per cui ogni uomo si ribellerebbe: la prigionia. Chiusura. Paura. Non è difendersi: è schiavitù. Catene che non si affrancheranno mai. Questo vedo dal finestrino, sporco di pioggerella appiccicosa. Non si decide a scendere, la pioggia, in questi luoghi di prigionia. Mentre gli acuti delle voci, i clacson e gli ingranaggi delle fila d’automobili parlano un’unica lingua, sto nel presente. Il presente è questo: una chiesa blindata. L’ennesima chiesa blindata vista a Napoli. Parrocchie che trattengono le anime e le carni proteggendole con un Dio di ferro acuminato.
Cerimonia, battesimo, matrimonio, cresima o messa della domenica che sia, con le inferriate. Cosa normale, vederle così, le chiese e le parrocchie, qui a Napoli. E io sono davanti all’ennesima chiesa di quartiere, un altro quartiere diverso, diverso ma uguale, di Napoli. Non mi ci abituo e mi domando gli altri come facciano a conciliare messaggi di pace religiosa con le sbarre.....

Mi è tutto prigione.....

Ma di contrasto a ‘sta prigione, MUSICA. Musica dentro la testa, improvvisa, a solidificare, a proteggere i veri uomini di ‘sto munno. La vera difesa viene dal ricordo di poche sere fa di un concerto e lo associo a questo:....

“Lei ha ragione, Rambert, ha proprio ragione, e per nulla al mondo io la vorrei distogliere da quello che sta per fare, che mi sembra giusto e buono. Ma bisogna tuttavia che le dica: qui non si tratta di eroismo, si tratta d’onestà. E’ un’idea che può far ridere, ma la sola maniera di lottare contro la peste è l’onestà”. ....

E’ una frase, soltanto una frase. Una frase che ha preso ali di farfalla e la vedo fantastica chiave di lettura, a volteggiare assoluta, come unica verità, dove la Peste, simbolo rubato dal libro omonimo di Camus, la peste E’ QUI, in questo mondo, a NAPOLI.....

E allora l’onestà si fonde alle note di musica di quel concerto ascoltato il 22 dicembre a Miano di Napoli:gli ‘A67.....

‘A sissantasett. L’ho imparato anch’io che non sono di Napoli: è un luogo ben preciso, un luogo dove con dolore apprendi come è nato, cosa è successo: un luogo, Suburb di Napoli, dove la gente usciva per fare la spesa e rientrava trovando la propria abitazioneavuta dopo anni d’attesa, assegnata ai terremotati degli anni 80, occupata. Occupata e basta. ‘A sissantasett, dove l’illegalità è passata inosservata, dove nessuno ha mosso un dito per sconfiggere le leggi dettate dalla criminalità. ....

‘A67 è invece quell’alternativa di protezione, quelle note musicali, quell’onestà. Un duplice legame, manette su un nome che non dovrebbe essere ignorato. Per l’orrore preso per quotidiano e per chi lo ha usato come simbolo di buono imprigionato.....

Ad ascoltare il concerto degli ‘A67, che ritengo assolutamente professionisti della musica metropolitana in cui la tradizione buona non si disperde ma anzi viene rafforzata dal nuovo, c’è poca gente. Poca pubblicità; ci si intossica, come si dice qui, a star dietro a un perché di amministrazioni e di giunte comunali in bilico, di mancanza di segnalazioni, di programmi piccini distribuiti rigorosamente dentro il locale dove si tiene il concerto, e io non lo voglio sapere, il vero motivo. Mi basta sapere che io c’ero. C’ero, dopo aver percorso una via lunga e sovraffollata, dritta a spaccare la città, dove la merce a prezzi ribassati, TUTTA LA MERCE, si trovava come ne La pelle, di Curzio Malaparte. Inverosimile contrasto con la mancata partecipazione a quest’evento che non era solo di musica.....

Per le parole, per l’intreccio sonoro così educativo, così aperto, simile a coperta di cielo sopra il mondo, avrebbero dovuto esserci tutti. Tutti quelli che sanno cosa sia Suburb, periferia, sobborgo, tutti quelli che non tollerano discriminazioni tra Nord e Sud, tutti quelli che credono nella legalità. ....

Tutti, per RESPIRARE.....

‘A67, con una preparazione che mi sorprese fin dal primo ascolto del loro ultimo lavoro: Suburb, uscito a maggio di quest’anno, che si avvale della collaborazione di molti, molti onesti che lottano, come gruppi musicali di altre geografie, come altri musicisti italiani, Mauro Pagani, Nicola Colasurdo, Francesco di Bella, ‘O Zulù, ma anche di voci della nostra realtà letteraria, come Roberto Saviano, Valeria Parrella.....

Gli ‘A67 sul palco di una scuola, simbolo dell’educazione, seme della speranza di un cambiamento, a tenere un concerto; 5 ragazzi semplici nell’impegno di lotta che con quella semplice arma, l’onestà, hanno tessuto trame di vita vera usando strumenti come sax, voce, chitarre, basso, batteria.....

Non voglio elencare titoli riduttivi, né recensirne le canzoni, snocciolando frasi che non possono rivaleggiare con la musicalità e con il loro lavoro, ma posso provare ad evocare ciò che mi emerge di continuo: il dipinto di un mondo, l’insegnamento, lo svelare una realtà che basterebbe ascoltare per capire. Capire quanto c’è bisogno di soverchiarne i canoni, i princìpi. ....

Quando mi ritorna in mente Io nun tengo ‘o nomme, dove le parole di uno scioglilingua penetrano vere, dure, dentro il distinguo di persone: “dimmi dove sta la vergogna, io non ho nome, ma conosco l’imbroglio”. Chi tiene ‘o nomme è importante; chi appartiene a una famiglia, a un clan, al sistema. E schiaccia chi il nome non ce l’ha, facendogli credere che il nome, soltanto il nome vale. Chi crede in questo, si sbaglia. Gli uomini veri non hanno bisogno di uno scudo d’appartenenza, di un nome: gli uomini veri si servono dell’onestà.....

E la sensibilità mi colpisce, e mi porta, assieme alla voce di Daniele, assieme a mille altri volti e voci, in questa frase musicata, malinconica e triste: “ songo ‘na fenesta chiusa ma senza vetri, addò trase nu cielo ca nun si vede”.....

E mi colpisce ancora la genialità di Don Raffae’, con quell’introduzione gigliesca fatta di sax e fanfara (festa dei Gigli, rito tradizionale religioso napoletano) che rafforza quella personalità da uapp’ (guappo), da consenso popolare, scatenando lo stesso ritmo, lo stesso passo delle competizioni di quartiere durante la festa. E’ sapiente scelta per calarci nella storia di Don Pasquale, secondino, e Don Raffaele, carcerato co ‘o nomme. Personalizzata anche nel testo, come solo la veracità raccolta dagli occhi di un napoletano potrebbe fare.....

Tassello di contrasto, la realtà che sopravvive di ingegno; quella napoletana, una realtà che non si arrende allo squallore. Fruga nelle anime con Felice, dedicato a chi, con le risorse semplici di pennelli e colori, si affretta a lenire dolori, pittando muri: “ammesco anima e culuri pe’ pittà ‘a coscienza e sto munno….” e così mi sciolgo anch’io ricordando la voce e il ritmo al tempo delle pennellate…....

Tutto questo mi rasserena e capisco che la peste di Napoli sarà vinta, che semplicità e onestà di questi ragazzi, daranno la possibilità agli altri, così come han fatto con me, di vedere oltre le chiese-prigioni. ....