Fin dal primo ascolto dell'album "Il viaggio di Chinook" mi sono sentito a casa, conscio di ascoltare un onesto e sincero album cantautorale. Abbiamo fatto alcune domande all'artista per approfondire la sua conoscenza!
Quali sono i punti di riferimento rispetto al percorso cantautorale che hai intrapreso?
Ho conosciuto la canzone d’autore grazie a mio cugino Marco che mi fece conoscere quella di De Andrè e fu subito amore, una passione quasi mistica che portò sempre con me. Insieme a Faber conobbi anche De Gregori, Guccini, Battiato, Branduardi, Leonard Cohen, Bob Dylan… e gli altri cantautori che hanno fatto la storia della musica italiana.
Se guardi indietro ai tuoi album precedenti, quali sono le differenze che riscontri rispetto a "Il viaggio di Chinook"?
Ogni disco è figlio del proprio tempo… fra di loro si contano circa sei anni l’uno dall’altro. Chiaramente si notano maturità diverse. Sentimenti,sensazioni e Stati d’animo vissuti nell’arco temporale di un ventennio.
Come procedi nella composizione dei brani in rapporto alla creazione dei testi e delle musiche?
Generalmente vanno di pari passo. La prima cosa è l’idea di ciò che si scrive, il tema trattato, poi si cuciono testo e musica, prima l’uno poi l’altro, insieme e spesso la sento suonare già nella mia mente fino a immaginarci addirittura una specie di arrangiamento. La cosa importante è che devo emozionarmi. Deve darmi una energia in più.
Nella composizione del testo mi sono spesso avvalso della preziosa è importante collaborazione del Maestro Zarbo, poeta, pittore e cantautore.
Un connubio speciale e proficuo che dura da oltre vent’anni.
Come mai per il titolo di questo album hai utilizzato la metafora del salmone Chinook?
Il salmone è un pesce straordinario che risale la corrente affrontando ostacoli apparentemente insormontabili per deporre le uova nel proprio luogo di origine… mi ricordava la mia storia sempre “in direzione ostinata e contraria” come direbbe Faber. Il ritorno alle origini e la voglia di fermare il tempo riavvolgendo il nastro in un immaginario rewind.
In "Figlio di un'idea" parli di anarchia e libertà. Come hai vissuto il periodo della pandemia da COVID-19?
In casa come tutti, tenendo presente che proprio in quei giorni abbiamo prodotto “il Viaggio di Chinook” con tutte le difficoltà e le contingenze della pandemia, quando si poteva si scappava a registrare. Fra le altre cose, nonostante tutte le precauzioni usate sempre mi sono anche ammalato insieme a tutta la mia famiglia e siamo stati circa un mese positivi. Grazie al Cielo tutto bene.
Ho apprezzato il fatto che hai dedicato un brano agli artisti di strada, quasi sempre ignorati dai media.
I media molto spesso rappresentano solo il potere dei colossi economici e tutto ciò gli giri intorno. Non è importante la qualità ma la fama,le visualizzazioni e i like ricevuti. È l’artista di strada che vive di emozioni e avventure non viene considerato. In ogni caso è anche un po’ autobiografica. In tutto il disco si nota la mia voglia e bisogno spasmodico di libertà…
In "Mela acerba" affronti il problema di vivere con la musica e accenni alle difficoltà di costruire una famiglia. Si tratta di un brano autobiografico?
Certamente si, in realtà è il brano più vecchio del disco, scritto circa trent’anni fa, inizialmente doveva essere inserito nel precedente lavoro “Monadi” poi non lo ritenni opportuno, invece adesso lo sentivo pronto inserendolo così nel disco. Ancora giovanissimo mi invaghii di una ragazza più grande che ovviamente aveva necessità diverse dalla mia e la dolce “frustrazione” di non potergli dare null’altro di quello che provavo in quel momento. La storia di tanti artisti…
"Codice a barre" ci parla del percorso intrapreso ormai da anni nel fare diventare le persone come dei meri numeri.
Problema già affrontato anni fa, ad esempio anche nella serie "Il prigioniero", ma ora sempre più reale e preoccupante.
Esattamente, non conosco la serie ma è una tristissima realtà. Oggi è solo cambiata la forma. Siamo un QrCode.
"Non aver paura" credo sia una dedica a tuo figlio. Cosa gli lasciamo alle nuove generazioni?
Si chiama Fernando, il nome del nonno materno. È il mio ultimo pensiero la notte è il primo al mattino. Non credevo si potesse provare un amore così forte lo capisci solo quando diventi genitore. Gli ho voluto donare un piccolo testamentano le lui porterà con se tutta la vita. La mia più grande soddisfazione è sentirgliela cantare.
Dovremmo lavorare tutti per lasciare ai nostri figli un mondo un po’ migliore di quelli che abbiamo trovato… purtroppo prima la pandemia, poi la guerra direi che non siamo partiti benissimo.
Loro sono le vere vittime.
Seguitemi sul sito