Dopo le ultime due recensioni, dedicate a prodotti che con l’Hi-Fi non c’azzeccano una benamata fava di nulla… torniamo con un prodotto entry level, ma decisamente interessante: Grado SR80e.
RINGRAZIAMENTI
Come al solito un ringraziamento al distributore italiano di Grado: Audioclub.
PACKAGING
Il packaging non è nulla di che: una scatola in cartoncino esile con all’interno uno strato di bugnato per la sicurezza della cuffia durante il trasporto.
BUNDLE
In bundle viene fornito l’adattatore jack da 3.5” a 6.3”.
PREMESSE
Devo fare due premesse. La prima è dichiarare che le cuffie Grado nel bene o nel male mi piacciano come suono, sebbene non faccia parte di quella fetta di appassionati che va oltre fino ad amarle. La seconda è che le Grado rimangono una scelta di campo: non si può pensare di prendere una Grado a cuor leggero, sicuramente è una marca che consiglio, tenendo ben presente che di solito queste sono cuffie che spaccano in due gli appassionati.
DESCRIZIONE
Come al solito partiamo da link: http://www.gradolabs.com/headphones/prestige-series/item/1-sr80e
In Grado sono parchi di informazioni tecniche, anche davanti alla domanda circa la massima potenza applicabile in ingresso la loro risposta è stata olistica: “da GRADO ci informano che non hanno una specifica d'ingresso massima”.
Onestamente peccato perché non sono concorde con questa risposta dato che è un nonsense fisico: una bobina, un magnete ha sempre una potenza massima d’ingresso esprimibile in W RMS, affermare che essa tenda all’infinito è solo la descrizione teorica della bobina ideale (ma mettiamoci pure utopica).
Peccato perché la risposta va a considerare solo il volume medio d’ascolto senza considerare picchi e dettagli, eppure la risposta delle Grado dà ben idea di come Grado conosca cosa avviene all’interno di uno studio di registrazione.
Poi ovvio questa è l’idea del sottoscritto, nata con svariate prove e chiacchere con vari altri produttori.
Personalmente credo che sbagliare i parametri di potenza porti non tanto alla rottura o alla distorsione evidente, quanto a far suonare le cuffie in un modo o rammollito o aggressivo; per questo avere un parametro di riferimento permette di settare l’amplificazione al meglio (ovviamente quando è possibile modificare i valori di Gain).
Premesso questo credo che il Voltaggio più idoneo per le SR80e sia attorno ai 1.8 V, mentre per gli Ampere direi di non lesinare e non averne meno di un 100 mA. (che non vengano utilizzati in toto è ovvio, ma la musica se ne frega del comune pensiero)
Terminata questa lunga parentesi che è più uno scambio di idee che un testo sacro, passiamo ai materiali.
In parte questi sono di elevata qualità come l’archetto in alluminio, ricoperto in pelle e i pad in poliuretano. Quest’ultimo è facilmente rimovibile per la pulizia ed altrettanto facilmente si rimette in sede; inoltre rende assai comode queste cuffie, nonostante il fatto che siano sovraurali.
Il resto del materiale è plastica, di ottima durezza e resistenza.
Occhio solo chi ha la testa piccola… rischiano di essere troppo grandi come per mia moglie che non poteva indossarle bene.
Il cavo è di buona fattura.
Il carico del driver rende queste cuffie aperte; mi preme sottolineare che queste siano aperte e non semi-aperte, chi è fuori sentirà più o meno allo stesso vostro livello di ascolto.
SUONO
È proprio tramite l’ascolto che ho stabilito in un intorno di 1.8V il voltaggio intelligentemente applicabile a queste cuffie, scendendo troppo da questo livello si ottiene un suono sempre morbido, salendo troppo oltre si ottiene un suono molto aggressivo, e se si va veramente troppo oltre si porta il driver ai suoi limiti, anche se ovviamente standoci per pochi millesimi di secondo, pur non creando problemi di rottura, causa una chiara sensazione di basso che ha portato in clipping le cuffie.
Trovata questa impostazione è stato veramente possibile ascoltare il suono delle Grado SR80e.
Alla fin fine ho capito che qualcuno preferisce parole per capire e quindi cerchiamo un paio parole chiave per descriverle in modo generico e sempre valido.
La prima è dettaglio: non quello finto quello di alti particolarmente avanzati; ma quello vero, quello presente su tutta la banda strumentale.
La seconda è monitoring: si avvicinano infatti al concetto di cuffia monitoring, non che sia intendibile in toto come tale perché Grado ne dà una sua interpretazione soprattutto in gamma bassa con solo la prima ottava in minore evidenza. L’ultima ottava rimane calante come nelle tipe cuffie monitoring.
Il basso estremo non è particolarmente presente, infatti mi chiedo che metal vadano ascoltando quelli che le propongono ottime per il metal, dato che proprio con questo genere le SR80e mostrano il fianco tanto da diventare confuse più ci si lascia alle spalle quel metal che si avvicina al rock ed al metal melodico.
Gli alti talvolta diventano un po’ affaticanti, ma non è un qualcosa che si possa dire presente in tutte le tracce.
Le voci e le chitarre sono ciò che più mi sono piaciute riprodotte da queste cuffie, anche se proprio questi due elementi prendono il sopravvento durante l’ascolto tanto che non si può dire che siano cuffie facili o adattabili a qualsiasi gusto.
La naturalezza del suono raggiunta dai vari strumenti è tuttavia encomiabile, come anche la sensazione di palcoscenico che riescono a donare.
Ma dedichiamo un po’ di parole anche agli album ascoltati:
“Americana”, The Offsprings, 1998: il Punk non può mancare in alcuna recensione. Americana è un album che mischia pezzi lenti e veloci basati su pochi accordi in tipico stile Punk, le SR80e si comportano perfettamente con questo genere, veloci e precise, proprio come il Punk vuole.
“Led Zeppelin I” 1969: gli altri cambiano sempre, ma loro rimangono un punto fisso di ogni recensione, un album pieno di dettagli e di energia, capace di trascinare l’ascoltatore in uno stato per l’appunto “Dazed and confused”.
Dopo la Les Paul Nr1 di Page mi sembra corretto andare a cercare le differenze con una chitarra altrettanto famosa, ma che interpreta il suono chitarra in un modo totalmente diverso: ovviamente sto parlando della Fender Stratocaster, suonata da quel genio di Jimi Hendrix. Anche se questo album è un Album raccolta, non c’è nulla da fare, per riprendere una frase in voga al tempo: “Jimi la chitarra se la scopa”. Unico nel modo di suonare che non vede la creazione della musica come un insieme di tante note, ma nell’insieme di singole note pizzicate e tirate fuori dalle corde della sua chitarra. Quando una cuffia riesce a riprodurre bene due chitarre così differenti non può altrimenti essere che un’ottima cuffia.
“Runnin’Wild”, Airbourne, 2007. Uno stile il loro che ricorda da molto vicino gli AC/DC, pieno di energia e sfacciataggine.
“Fallen”, Evanescence, 2003. Chi dice che oggi non c’è una band che valga quelle del passato vuol dire che non ha mai ascoltato gli Evanescence, band fondata da Amy Lee e Ben Moody. Purtroppo in Italia sono poco conosciuti… o meglio chi li conosce conosce proprio questo album. La voce di Amy Lee è qualcosa da far accapponare la pelle e capace di trasportare nell’ascolto dell’album, che troppo presto arriva alla sua fine.
“Imagination on the other side”, Blind Guardian, 1995. Se raccontassi qualcosa dell’album, sarebbe interessante perché è sempre bello poter scrivere due righe di un album, ma in questo caso sarebbe poco veritiero, dato che non sono riuscito ad andare oltre alla prima metà del primo brano. Nulla da ridire, ma le SR80e non sono una buona scelta con i Blind Guardian.
“Metal Opera Part 1”, Avantasia, 2001; ancora un album metal, ma questa volta tornando ad un metal meno aggressivo, le SR80e tengono il passo.
“Unearthed Vol 3 Redemption Song”, Johnny Casch, 2003. Non avevo voglia di metter su qualcosa che non avevo voglia di ascoltare, ma dovevo tornare a qualcosa di meno power. Jhonny mi sembrava la scelta migliore, il Jazz mi avrebbe mandato fuori di testa, allora mettiamo su qualcosa di più serio, ma sempre bello allegro, e il country mi sembrava l’unica via percorribile.
“Le quattro stagioni” Vivaldi. Il passaggio dalla classica è d’obbligo, ma tra tutto avevo voglia di quel ritmo, tipico di Vivaldi, che vede l’alternarsi di tre atti basati sull’alternanza: allegro, lento, allegro. In questo caso le SR80e si comportano magnificamente riproducendo al meglio i quattro concerti che compongono l’opera.
NON SOLO MUSICA
Quando mi passano per le mani delle cuffie, il lato bello è che posso testarle anche nei videogiochi perché ritengo (a ragione assai veduta) che le cuffie siano effettivamente il metodo migliore (per il prezzo) di affrontare l’audio in game.
Quante volte ci è capitato che qualcuno ci dicesse che le Grado non sono idonee a giocare? Personalmente mi è capitato molte volte… peccato che questa affermazione è sempre valsa meno del due di picche, dato che questa affermazione portava a dimostrazione il design delle cuffie, ed era sempre proferita da persone che mai avevano provato le grado, ma erano esperti di letture recensorie.
Onestamente parlando per la loro fascia di prezzo credo possano essere tranquillamente elevate al rango di miglior cuffia valida per un’esperienza surround. (ovviamente considerando altre ottime cuffie stereo la lotta si fa più dura, mentre le gaming vengono per lo più surclassate)
La loro apertura permette di riprodurre un territorio molto vasto attorno al giocatore, la loro velocità è tale da non affaticarsi mai nemmeno nelle situazioni più complicate, la naturalezza e la loro particolare risposta in frequenza permettono un’immersione quasi senza confini ed una precisione spaziale elevatissima.
È vero che non l’ho testata in una miriade di videogiochi, ma anche solo due games dal buon audio permettono di valutare una cuffia, in questo caso ho scelto “Empire Total War”, “ArmA II: Operation Arrowhead” e “Race Injection”. Il terzo era giusto per sfizio, già “combattendo” le Grado SR80e mi avevano assolutamente convinto della loro ultraconsigliabilità in questo campo, tanto che la pianto qui e torno sul campo di battaglia.
TEST
Purtroppo non è ovviamente possibile estrapolare tramite test la potenza applicabile al driver, dato che questo può portare alla sua rottura.
Concentriamoci allora sulle risposte ottenibili dai classici test.
La risposta in frequenza rimane legata a quella che è il suono Grado: un lieve accento nella seconda e terza ottava ed un pari accento sulle medio-alte. Per il resto si estende linearmente fino a 15-16 kHz.
Per quanto riguarda la risposta in fase, questa si comporta linearmente da circa 100 Hz a circa 11 kHz, in pratica le SR80e sono probabilmente le migliori cuffie della fascia sotto questo parametro.
Il THD non si pone ad estremi livelli, ma si pone su un livello medio per le cuffie di questa fascia, pur rimanendo un punto di competitività della cuffia.
La risposta all’impulso non è certamente la più veloce mai registrata, ma rimane abbastanza veloce da ben rispondere ai dettagli presenti nelle tracce ponendo le SR80e in un’ottima posizione per quanto riguarda la fascia di prezzo.
VIDEORECENSIONE
CONCLUSIONI
Una cosa certa è che queste cuffie è facile amarle o odiarle, mentre è difficile apprezzarle senza sprofondare in uno dei due baratri. Credo che, se uno non conosce il suono Grado, possano essere un paio di cuffie assai consigliabile per conoscerlo, con la coscienza che queste cuffie sono di ottimo livello tecnico, ma che propongono la musica in un modo tanto diverso da quello di un qualsiasi competitor, che è assai probabile che l’abitudine vi faccia dire che non fanno per voi già dai primi secondi. Tuttavia questa è solo la scusa per non ascoltarle, perché si potrebbe anche scoprire che la diversità di queste cuffie è assai interessante.