Recensione di Fabio Casagrande Napolin
Pubblicato il 23/01/2016 - Last updated: 07/12/2016
Immanuel Casto è un personaggio a sé nel panorama musicale italiano. Cantante cresciuto a internet e vitamine autoproclamatosi “principe del porn groove”, il Casto Divo ha costruito la propria intera carriera sulle allusioni sessuali, i doppi sensi e le liriche birichine e sporcaccione.
Erede a modo suo degli stornellacci a doppio senso degli anni sessanta/settanta, paternità che non sconfessa affatto e anzi lo inorgoglisce (Finalmente ho comprato l'uccello viene campionata all'inizio di Johnson), Casto, approdato da qualche anno all'industria discografica mainstream, è ora divenuto un’icona e un personaggio culto, amato e odiato, proprio per questo suo osare parlare di sesso in modo diretto e affrontando spesso temi scottanti come il sesso connesso con il clero. Per questo allievo di quello sberleffo beffardo e irriverente che divenne la cifra stilistica di una formazione atipica come gli Squallor.
E come gli Squallor Casto non ha epigoni, né artisti che gli si possono affiancare o paragonare.
Immanuel Casto non è certo nuovo alla platea più attenta, che ben lo conosceva e lo ascoltava da tempo. I suoi primi lavori corsari, diffusi grazie alla rete nei primi anni del secolo. Immanuel Casto ha infatti da subito attirato i nostri interessi per quel suo parlare di sesso in modo diretto, per l'uso e abuso di doppi sensi in modo così sofisticato ed elegante, come nessuno aveva più saputo fare da tempo. Forse addirittura da quando il Cristiano Malgioglio degli anni d'oro cantava spavaldamente la sua Sbucciami.
E le affinità di Immanuel Casto con l'universo musicale di un certo tipo sono molteplici: abbiamo citato le "canzonacce" a doppio senso che uscivano su dischi semiclandestini negli anni sessanta, abbiamo citato Malgioglio. Ancora il "principe del porn groove", proprio per questo epiteto, in qualche modo si rifà anche alla musica erotica degli anni settanta, quelle filone delle orgasmo song che da Je t'aime... moi non plus prese le mosse sul finire dei briosi sixties - non a caso del "pornodisco" pietra dello scandalo Immanuel Casto propone una cover dal vivo nel suo Cracovia Tour. Seppure il genere prodotto dal Nostro - una musica elettronica fortemente protesa verso le ritmiche da dancefloor - non abbia poi molto a che spartire con il porn groove vero e proprio (termine che definisce invece le colonne sonore di sapore lounge/funky dei film ascrivibili alla golden age del cinema hard), Casto dell'erotismo fa la propria bandiera, distillando sesso estremo e sottile ironia dalle sfumature satiriche nei suoi testi solo apparentemente finalizzate all'ilarità giocosa e provocatoria.
Eccolo in particolare offrire un ritratto ironico e al contempo amaro del "sesso in sacrestia" nel suo grande classico Che bella la cappella, presentato in una nuova edizione quasi unplugged nel nuovo EP (che cocciutamente Wikipedia si ostina a definire "singolo" - ma non c'è da stupirsi: l'inaffidabilità cialtrona e arrogante della "enciclopedia libera" è ormai cosa a cui abbiamo dovuto fare tristemente il callo) DiscoDildo del 2015. C'è poi quel suo bellissimo recente singolo, estratto da The Pink Album, composto a quattro mani con Fabio Canino, Da grande sarai fr**io, in cui dimostra di fare un buon uso di un termine politically uncorrect impartendo una lezione di vita vissuta a un ipotetico bimbo gay così da aiutarlo sul difficile percorso del riconoscere e accettare la propria omosessualità. Brano, corredato da un delizioso video dove il Nostro appare anche en travesti, che non ha mancato di suscitare il solito strascico di oziose polemiche internettare, cui Immanuel Casto ha puntualmente risposto sul suo canale YouTube.
A ottobre 2015 il provetto Max Ribaric - già autore della curatissima fanzine Occidental Congress e di alcuni saggi su neofolk e metal politicizzato: Come lupi tra le pecore il suo precedente lavoro - ha partorito dopo una lunga gestazione la prima biografia su Immanuel Casto Tutti su di me, che racconta dettagliatamente vita, orgasmi e miracoli del Casto Divo. Il libro di Max Ribaric è ben scritto e la lettura risulta così pienamente godibile e scorrevole e ci permette di penetrare il Immanuel Casto in profondità, fino a toccare il suo punto L.
L'analisi biografica di Max si alterna alle parole scritte dallo stesso Casto, così che ogni affermazione viene comprovata e avvalorata dal Verbo immanueliano. Seguiamo con appassionato coinvolgimento l'evolversi della carriera del Nostro, gli incontri, gli scontri, le tournée, le uscite discografiche che si susseguono una all'altra negli anni, le collaborazioni che lo portano, dopo aver spartito inizialmente il palco con Checilia "Principessa Venusiana", a duettare anche con cantanti come Tying Tiffany e Romina Falconi. Non mancano specchietti e approfondimenti che ci aiutano ad addentrarci con maggiore scrupolo tra i meandri del Divo e ci permettono di conoscere meglio i suoi più stretti collaboratori come ad esempio le Beat Girls che lo accompagnano dal vivo e nei video.
Un volume che permette di sapere tutto quel che c'è da sapere sul Casto Divo e che ogni probo seguace, ne siamo certi, non mancherà di sfoggiare nella propria libreria...