Marco Sonaglia
Il pittore è l'unico che sceglie i suoi colori...
Marco Sonaglia, cantautore marchigiano nato a Fabriano nel 1981, con il disco d’esordio ‘Il pittore è l’unico che sceglie i suoi colori…’ traduce in cd le sue pregresse esperienze musicali facendosi aiutare in ciò dalla produzione artistica di Massimo Priviero e Lucia Brandoni. Il risultato ottenuto è davvero apprezzabile e gli ospiti presenti nel suo lavoro lo sono altrettanto. Marco Sonaglia può essere annoverato come uno degli interpreti emergenti di quella che una volta si definiva “canzone d’autore”.
Il disco, composto da 10 canzoni per una durata di quasi 50 minuti di musica e con una bella copertina dell’artista Nikla Cingolani, mischia sapientemente influssi presi dalla canzone d’autore italiana (Bubola, De Andrè, De Gregori, Bertoli) con sonorità acustiche americane, il tutto sorretto principalmente dalle composizioni quasi oniriche del cantautore marchigiano.
I temi affrontati nei vari brani riguardano maggiormente l’attualità, la politica, il sociale e la storia recente, che in teoria dovrebbe aiutare a farci ricordare il passato per far si che certi avvenimenti tragici e dolorosi non si ripetano più in futuro.
Si inizia con ‘Gauguin drogato’, brano imperniato sulla ricerca di un Paradiso difficile da raggiungere pieno di visioni oniriche e storie reali; nel tappeto sonoro proposto spiccano, oltre alla voce del cantautore fabrianese, la batteria ritmata dell’amico Michele Lelli (batterista de La Macina) ed i ricami preziosi del violino di Michele Gazich.
Con ‘Il piccolo soldato’ il focus autorale di Marco Sonaglia e del suo sodale Gian Marco Basta si sposta sullo sbarco in Normandia, forse la più grande invasione via mare eseguita dalle forze alleate per aprire un secondo fronte in Europa ed invadere conseguentemente la Germania nazista.
Musicalmente parlando, il brano si apre lentamente con la fisarmonica di Giuliano Stacchiotti ad accompagnare la voce e la chitarra acustica di Sonaglia; nel proseguimento la canzone diventa quasi una festa di paese con il disvelarsi del mandolino di Adriano Taborro (anche lui appartenente a La Macina) ed il violino festante di Claudio Merico (già violinista dei Ned Ludd).
Si passa a ‘Mississippi 6 luglio 1873′, altra canzone che riprende in senso lato il mito americano. La traccia numero 3 si dipana in tutta la sua venatura rock, aiutata in ciò ancora dalla batteria di Lelli e dalle chitarre elettriche di Adriano Taborro, taglienti e sferzanti soprattutto nell’ultima parte della canzone; da segnalare anche le tastiere di Onofrio Laviola, fido collaboratore di Massimo Priviero.
Con ‘Mamma Ro’ le atmosfere musicali continuano a tracciare percorsi suggestivi con la fisarmonica di Stacchiotti (in particolare nella parte iniziale), la batteria evocativa di Mauro Viale ed il violino di Merico a sostenere il brano.
Si va avanti con ‘2004 (circa)’, che indaga le storture e le malefatte avvenute nel nostro paese e che ad anni di distanza sembrano ancora non arrestarsi.
Il brano si apre con la riconoscibilissima chitarra elettrica di Sandro Severini dei Gang che è la padrona assoluta di tutta la canzone (memorabile l’attacco iniziale ed ancor di più l’assolo finale), sorretta anche dalla batteria di Michele Lelli e dalla voce ispirata ed arrabbiata del cantautore marchigiano.
‘La festa di San Giovanni’ racconta la prima esperienza di un giovane in una notte di giugno durante la festa di San Giovanni; la traccia si apre con la tromba delicata di Samuele Garofoli che tesse il filo musicale dall’inizio alla fine coadiuvata dal violino di Merico, dalla chitarra elettrica di Sonaglia e dalla batteria di Viale. ‘Gli occhi di Lucia’ rallenta le atmosfere e la voce di Sonaglia si erge a protagonista, aiutata in ciò dalle pregevoli tastiere di Laviola e dal violino di Merico. Si va verso la fine dell’album con ‘Hanno rubato l’urlo di Munch’ e qui si ritorna a ritmi più veloci e brillanti grazie alla miscela di suoni prodotta dalla chitarra elettrica di Sandro Severini, dal basso elettrico di Carlo Venanzoni (presente tra l’altro in quasi tutti i brani) e dalla batteria di Lelli. Anche qui il tema portante della canzone è “politico”, con immagini e bozzetti riguardanti il non-progresso germogliato in questi ultimi anni nel nostro paese e non solo. La penultima canzone è forse il gioiello dell’album, quasi un commiato dall’ascoltatore. Infatti in ‘Stasera la luna’, con le sole tastiere di Onofrio Laviola ad accompagnarlo, il cantautore di Fabriano sfodera una esibizione commovente, dedicando una vera e propria ode in versi alla Luna ed ai suoi molteplici e variegati significati.
L’ultimo brano, la bonus track, è un regalo di Marco Sonaglia agli ascoltatori; il disco infatti viene chiuso con ‘Il vecchio e il bambino’ di Francesco Guccini e portata al successo anche dai Nomadi. Il cantautore marchigiano lo fa in grandissimo stile facendosi accompagnare nella parte vocale da pezzi grossi del calibro di Massimo Priviero, Marino Severini (leader dei Gang) e Gastone Pietrucci (capopopolo de La Macina) che si dividono le strofe.
Tutto ciò inserito in un arrangiamento originale con Paolo Bragaglia alle tastiere e programmazioni, Stacchiotti alla fisarmonica e Viale alle percussioni.
In conclusione un album ben fatto, un lavoro molto preciso ed accurato in cui niente è lasciato al caso ed in cui Marco Sonaglia si dimostra un cantautore con la C maiuscola e con una voce che non si dimentica facilmente e che, nonostante la sua giovane età, riesce a tracciare percorsi significativi per le generazioni che verranno.