Malascena

indisposto

Critique
Posté le 28/10/2015
Vote: 7.7/10

C’è poco da dire … Indisposto dei Malascena è un gran bel disco. E la recensione potrebbe anche finire qui non fosse altro che a fronte di commenti tanto arzigogolati da diventare dei veri e propri polpettoni ci sia anche il giusto spazio per una critica misurata. Un pensiero che contempli il necessario e al tempo stesso possieda il doveroso grado di analisi.

A riprova di quanto siano sterili oggi le dispute tra musica revivalistica e musica avanguardista, diciamo subito che questo disco colpisce immediatamente per la sua “forza”. Una qualità che passa indenne attraverso quel frullato di stili e rimandi, riconoscibili con un po’ di attenzione. Nulla si crea e nulla si distrugge: come nella fisica anche nella musica più che mai non viene meno la possibilità di gustare le radici di una band. Ma in questo lavoro, in particolare, esce con tutta la sua imponenza, questo perfetto e maestoso connubio fra tradizione e innovazione, tra arte e mestiere, tra già sentito e reinventato. I pionieri del furto furono i Led Zeppelin, ma che ladri mi direte voi. Non è quello che si dice che fa la differenza, ma come lo si dice. Robert Plant e Jimmy Page in questo furono davvero unici e geniali. Insomma paragone maldestro mi direte voi e sicuramente irriverente. Forse, da un punto di vista estetico e tecnico, ma non più di tanto dal punto di vista culturale.

I Malascena band nata a Bologna nel 2010 sono intrisi di ottima calligrafia stilistica e di una profonda conoscenza musicale, ma a impressionare ancora di più è la loro capacità di giostrarsi con efficacia tra le varie tonalità di chiaro e di scuro della loro cifra stilistica. L’album non è solamente ben suonato e perfettamente arrangiato: è una sontuosa sintesi tra l’urgenza espressiva maleducata, irruente e la spiccata sensibilità melodica che compatta e da “forza”, appunto, all’intero progetto. Non ci piace fare parallelismi per un nuovo prodotto. Il rischio di instillare nel lettore un giudizio derivativo sul lavoro è quantomeno concreto, ma ci piace poter dire che per una volta lo facciamo per esaltare in primis la scena musicale nostrana. Inutile negare alcune assonanze esplicite con l’alternative rock e il noise rock dei Marlene Kuntz o con i riffoni di chitarra in stile grunge dei Verdena.

Traccia dopo traccia è vero, si ha la sensazione di chi strizza l’occhio a questo o quel maestro. Il risultato comunque è un ottimo rock, tirato a lucido, che fa appieno il suo dovere. Carica, diverte e si diverte; ma soprattutto si prende poco sul serio, perché il rock è essenzialmente un gioco. Avventata anche la scelta di fare un album con ben tredici tracce per un’ora scarsa di musica. A proposito come non si fa a non amare Noel Gallagher quando dice: . «Chiunque esca fuori con un doppio album dovrebbe infilarselo prima nel culo. ... Chi cazzo ha tempo, nel 2013, di dedicare 45 minuti ad album?

Al contrario però devo dire che questo disco di lunghezza extra large (tipico richiamo anni novanta, quando i dischi provenienti sia dalla Terra d’Albione, sia da Seattle e dintorni venivano dati alle stampe con almeno dodici brani) non sfigura per la sua capacità di incuriosire l’ascolto senza mai renderlo ridondante o stucchevole. Le piccole varianti di stile, tra cui l’elegante reminiscenza con sfumature di scuola Tool, hanno la funzione di insaporire la pietanza finanche con arie discretamente tenebrose.

Il disco parte al fulmicotone con un trittico da paura: sessione ritmica batteria, basso sugli scudi e la chitarra che pretende sin dalle prime battute un ruolo da protagonista. Tace in the è l’overture che mette subito in chiaro la linea: rock sonico dalla timbrica profonda, ma anche secca e pulsante. Età dei soci è tecnicamente una perla di rara bellezza; mentre essere ha un ottimo riff e soprattutto una melodia azzeccata che ruota nella testa sino a incollarsi nella mente.

Vi segnaliamo come pezzo davvero interessante alice, particolare con la sua dissonanza in stile math rock, che ne fa forse il brano più imprevedibile e curioso del lotto. Anche la successiva mangi stracci meriterebbe una sottolineatura. Oltre a essere un pezzo con il giusto tiro e foriero di ricche miniature stilistiche, sono le sue liriche abrasive e spietate a coinvolgere letteralmente l’ascolto in un susseguirsi di energia in note e parole.

Parliamo essenzialmente di un album fotografico che riesce a traghettarci tra una poliedricità di generi musicale con una certa naturalezza e disinvoltura. A volte sembra che la deriva porti ad ambientazioni oscure, dove affiorano tutti gli spettri della scena horror e post-punk; a volte si percepiscono in lontananza i richiami del progressive metal e persino dell’experimental noise. Dobbiamo comunque ammettere che alla lunga il disco mostra un po’ la corda proprio per la sua smisurata ambizione. Avrebbe sicuramente giovato una tracking list più contenuta (eliminando qualche episodio di contorno che nulla ha aggiunto alla qualità mostrata) per passare da un disco più che buono a un disco eccellente. L’effetto sarebbe stato devastante! Nota di merito per la splendida copertina che richiama a uno stile tra l’espressionismo tedesco e il dadaismo.

essere (2015)
Malascena - indisposto

Malascena

indisposto

Cd, 2015, Borghetto Dischi
Genre: Rock , Grunge , Stoner

Tracks:

  • 1) tace in the
  • 2) età dei soci
  • 3) essere
  • 4) martino
  • 5) fuori
  • 6) alice
  • 7) mangi stracci
  • 8) illudimi [ di lunedì]
  • 9) l'inquietudine delle mie nuvole
  • 10) della mia virtù
  • 11) madida
  • 12) moske & zanzare
  • 13) quante volte

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