Angelica Lubian
Conservare in luogo fresco e asciutto
Conservare in luogo fresco e asciutto: disco giovane ma… profondo!
Curiosa la copertina di questo disco d’esordio della giovane cantautrice (femminile di cantautore, per chi ancora non se ne fosse accorto esistono anche le cantautrici, poche, ma fortunatamente esistono) Angelica Lubian che ritrae lei con un barattolo di vetro tra le mani, con racchiuso all’interno lei che imbraccia una chitarra. Curioso anche il titolo dell’album “Conservare in luogo fresco e asciutto”, non so se siano le sintetiche istruzioni per un giusto utilizzo del disco, io so solo che non ho resistito alla tentazione di scartare il sottile foglio di plastica che lo avvolgeva, come sempre bastardo da aprire e ho cominciato così ad acoltarlo e riascoltarlo infinite volte.
All’insegna del rock, ritmo deciso e chitarre tese, così inizia questo disco, con il brano “Mercenaria”, la voce di Angelica è forte e limpida, a dispetto della giovane età, così come forte è l’incipit “Non lanciarmi addosso che non sono capace di capire le cose Non mi lanciare contro l’ostinata gravidanza di mamma ignoranza.”.
Arriva “Siffatta creatura” e si cambia genere, si notano influssi ispanici dal punto di vista musicale, mentre per quanto riguarda i testi, alla lingua italiana si fonde quella inglese ed il canto ricorda a tratti lo stile di Carmen Consoli, senza però quel sincopare i versi a me tanto fastidioso.
Si cambia ancora con “Roba deperibile”, brano dall’introduzione molto jazz, piena d’atmosfera, da luce soffusa, che si apre poi a ritmi, sempre jazz, ma decisamente più swing, il ritmo sale e così la voce che si lascia andare in gradevoli vocalizzi fino ad un nuovo rallentamento, seguito poi da una nuova accelerazione finale. Brano decisamente giocoso, il cui ritornello “Conservare in luogo fresco e asciutto” dà il titolo all’intero lavoro.
Una chitarra distesa e sognante ci porta all’intimo pezzo “Incredibilmente disarmante”, la melodia è struggente così come la sofferta invocazione “Gelosa è l’alba, vuol portarti via con sé, mi fa male quel sorriso soffocato, il congedo alla mia … primavera, primavera resta qua, resta, Primavera!”.
Si ritorna a ritmi sostenuti e sonorità rock con “Metereopatica” e sono sicuramente le chitarre elettriche a dominare questo brano il cui testo appare comunque ricercato “Metereopatica, io cambio per causa climatica, biologica. Un po’ lunatica, fanatica del sole, in pratica, piuttosto euforica. Visione mistica: spiaggia e temperatura ispanica, acqua che luccica. Metereopatica, la pioggia poi mi rende isterica ma sempre aNGelica.”.
Un pianoforte languido apre “Sconosciuto”, canzone su sogni infranti, su un amore passato che, però ha lasciato dentro un fuoco che ancora arde, il finale vede sovrane le chitarre elettriche distorte ed un disperato canto “Non li spengo, me li tengo, brucia dentro, il fuoco dentro, Arde dentro, fuoco dentro, non lo spengo, il fuoco, non li vendo”.
Dolce e amara allo stesso tempo è “Taglia e cuci”, un abile gioco d’equilibrio come suggerisce il titolo con immagini inusuali, ma d’effetto “Taglia e cuci le mie croci finche il mondo ti dirà… Che il giardino non mi piace così bianco pallido. Quasi cadaveri le statue inerti impotenti, ingessate dal vuoto, non spacciarti per ciò che non sei.”. Grandissima Angelica nel canto.
Si torna a ritmi tirati con “Schiavi ma felici”, canzone anch’essa in fragile equilibrio, giocata su un ossimoro “Sono viva, conforto, parole, le mie son troppe, son poche, respiro e ritrovo, la libertà, ah la libertà, ah la libertà di essere schiavi ma felici nel mondo che sogno ma ora non mio.”.
E’ incredibilmente ambigua la seguente “Lo spazzolino” sospesa tra caldo jazz e freddo rock, con un testo decisamente forte ”Ti ci vedevi a scartarmi ansimante, mi ci vedevi a leccare il tuo seme, temendo già che lasciassi lo spazzolino da te. Ripesco la saliva che mi hai sputato in bocca, ci farò del fango, unguento per gli occhi, così da leggere dei tuoi successi cieca non più”.
Ancora decisa e senza esitazioni è l’immagine di donna suggerita nel brano “Io non mancherò di niente”, esaustiva sin dal titolo, in cui la musica è ancora una volta virante al rock e le parole taglienti come lame fino a giungere ai versi finali “Porge la spalla ipocrita il Niente, affinché io appoggi la mia testolina vuota… La rimpiangerai, oh sì! Mi rimpiangerai, mentre io non proverò più niente.”.
Personalmente trovo stupenda “Mon cher, addio” con quel pianoforte che domina per tutto il brano, prima riflessivo e intenso, poi all’improvviso cadenzato e giocoso, poi ancora intenso e poi ancora giocoso, il canto è prima raccolto, poi disteso e divertito, quasi che a cantare fosse una novella Mary Poppyn’s, tutto da gustare il testo che ancora una volta non lascia spazio a repliche “Togliti di dosso quel sorriso fesso ché di cascamorti ne ho già visti troppi in questo posto. L’ultima parola qui la dico io. Porta via il tuo oro: mon cher, addio!”.
In “Mi manchi, lo sai?”, musicalmente più soft delle precedenti, sempre pronta a scattare verso sonorità più elettriche e rock, ma sempre saldamente tenuta a bada, sembra emergere un’immagine femminile più vulnerabile e bisognosa di amore, ma è solo un’illusione “E mi ricordo ancora come se fosse ieri, pedina mi volevi nelle mani di chi ambisce a troppo. Ciò che non uccide fortifica, ciò che non uccide riabilita, ciò che non uccide nobilita.”.
E’ il momento del commiato e Angelica con “Profumo di paglia” sceglie sonorità delicate ed acustiche per farlo, la canzone è decisamente riflessiva e il testo mai banale, anzi ascoltate un po’ come chiude l’intero disco “Ma quanto, quanto ci perdiamo giorno dopo giorno? Nei meandri della psiche, sul lettino, di un “dottore”, nella fiera dell’inutile, anziché vivere, vivere, vivere!”.
Il tutto sembra ormai giunto alla fine, ma ecco riprendere una filastrocca totalmente acustica che recita così: “Pesante terra secca nera sgretolarsi in mano, trasparenti fili elastici resistere al vento che solletica la pelle in superficie e nel profondo, nel profondo.”.
Sarà un caso che il tutto si chiuda con la parola “profondo”? Io non lo credo, perché è proprio il termine che più di tutti può correttamente descrivere, con estrema sintesi, la qualità principale di questo disco d’esordio di Angelica Lubian che sembra volutamente non scegliere una strada precisa, quasi a lasciarsi aperte tutte le possibilità future, dimostrando però grande maturità e doti vocali di gran classe.
Non lasciatevelo scappare, perché la ragazza farà parlare di sé e se ciò non accadrà non meravigliamoci poi più di tanto, non siamo forse abituati a tanti talenti spesso ignorati, ciò che possiamo fare e può fare la stessa Angelica è insistere e insistere ancora, che qualcuno prima o poi si accorgerà del suo talento.
Angelica Lubian
Conservare in luogo fresco e asciutto
Tracks:
- 1) Mercenaria
- 2) Siffatta creatura
- 3) Roba deperibile
- 4) Incredibilmente disarmante
- 5) Metereopatica
- 6) Sconosciuto
- 7) Taglia e cuci
- 8) Schiavi ma felici
- 9) Lo spazzolino
- 10) Io non mancherò di niente
- 11) Mon cher, addio
- 12) Mi manchi lo sai?
- 13) Profumo di paglia
Renseignements pris à partir du disque
Prodotto da Angelica Lubian
Arrangiato e suonato da Angelica Lubian e Simone Sant eccetto
Alessio Benedetti: batteria (1, 3, 5, 8, 9, 12); Federico Missio: sax alto e soprano Sequoia di Roberto Buttus (3)
Registato e mixato da Simone Sant presso Entropia Studios Udine (info@entropiastudios.com)
Concept immagine e grafica: aNGie Rocks!
Fotografie di Duilio Pontelli, Alessandro Gritta, Riccardo Bostiancich, Giancarlo Fiori