Recensione di Alessandro Berni
Pubblicato il 06/09/2011 - Dernière mise à jour: 07/12/2016
Può la recensione di un libro su Bob Dylan campeggiare su un sito dedito per la sua quasi totalità alla musica italiana, tanto da definirsi “enciclopedia della musica italiana”?
La risposta è sì ma la facile scorciatoia che si vorrebbe evitare è quella della ovvia e massiccia influenza che lo storyteller americano ha avuto su genesi, formazione ed evoluzione della musica d’autore italiana (di cui il nostro autore è pure eccellente conoscitore) tra la fine degli anni sessanta e gli albori dei settanta. Mentre il referente è innegabile, non è stato da tutti – anzi da pochi, pochissimi – cogliere quella profonda e sottile inquietudine, quello strano e tenace scoppio esistenziale di un umano – quello dylaniano - che si è sempre posto e a tutt’oggi si pone inesauribilmente sulle tracce di un destino alle cui costole mette le radici come il più accanito e brillante degli investigatori.
L’autore – con tutta probabilità il giornalista italiano che incarna al meglio quella che è una voce realmente autorevole e affidabile sullo sconfinato corpus narrativo del cantautore americano - sposa quest’approccio a livello della sua stessa persona offrendo la propria carne e il proprio sangue nello snodarsi della cronistoria dei concerti da lui seguiti nel corso di un quarto di secolo dove il racconto si colora e si rinnova ad ogni occasione con la passione e il tremore di un dichiararsi, di un implorare l’affetto e la stima di qualcuno cui si è legati, come una madre, come la persona di cui ci si innamora e di cui si cerca – timidamente ma pervicacemente - ad ogni occasione d’incontro un segno di stima che sia più di un semplice moto estemporaneo di simpatia.
Questo è il Vites che disegna con parole che echeggiano la nostra fragile e appassionata quotidianità, questo incrociarsi di vite inquiete e che – con la pure coessenziale scansione dell’appassionante e prestigioso excursus concertistico di Dylan - si lancia all’inseguimento del proprio amore musicale (ma anche e soprattutto letterario) facendoci stupire e commuovere di trovarci immedesimati, avvinti con lui nella descrizione di quell’interminabile e gravido istante prima di un possibile incontro che si trasfigura come sfida reciproca, interrogazione posta a entrambi su un plausibile movente di un vivere come instancabile ricerca della dimensione di un senso o meglio del senso che sostiene una vita. E in quel quasi folle vortice dell’istante chi può non riconoscere quel fremito inconfondibile del cuore che ha preso e prende tutto anche della propria persona nell’occasione dei personali incontri con la propria passione musicale, letteraria o amorosa?